
Ingiustizia e impotenza
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Risale all’estate scorsa un evento che mi ha scosso nel profondo. Si tratta di un delitto che più di altri mi ha coinvolta emotivamente, essendo ai danni di una giovane coetanea di mia figlia. È con lei, mia figlia, che condivido la frustrazione per un processo rivittimizzante, caratterizzato, inoltre, da victim blaming, e la frustrazione per una condanna a soli sei anni, il minimo della pena previsto per questo tipo di reato.
Le domande su eventuali sconti di pena? Me le faccio da sola. È dura da digerire: un uomo adulto sequestra una ragazza sedicenne, le somministra sostanze, la trascina da un posto all’altro, abusa sessualmente di lei in vari modi. Lo arrestano, gli fanno il processo e lui dice che la ragazza era consenziente e un po’ disgraziata. Nessun pentimento, nessuna scusa, nessun risarcimento del danno. Anzi, nega la violenza e colpevolizza la vittima. E vista la condanna (e il dibattimento), questo è il giudizio della società, di cui il Tribunale è lo specchio. Lo condannano quindi a sei anni, lui chiede gli arresti domiciliari e glieli danno.
E questo non solo te lo dice il violento che ne approfitta, no: te lo ripete il sistema giudiziario e i suoi rappresentanti.
È sempre con mia figlia che cerchiamo di immedesimarci nella ragazza. Se a sedici anni sei un po’ naif, in uno stato di fragilità emotiva, e hai desiderio di libertà, praticamente la violenza sessuale te la vai a cercare. È colpa tua. E questo non solo te lo dice il violento che ne approfitta, no: te lo ripete il sistema giudiziario e i suoi rappresentanti. Proprio quel sistema in cui dovresti poter avere totale fiducia perché teoricamente rappresenta la giustizia. Sono pur sempre operatori che avrebbero il potere di valutare la giovane età e la conseguente e fisiologica immaturità come aggravante anziché come attenuante.
È difficile trovare le parole per le nostre sensazioni di palese ingiustizia e infinita impotenza che scaturiscono da episodi come questo. Maggiormente difficile, perché queste sensazioni sono una costante e ci pongono domande. Dove finisce la cosiddetta giustizia per la ragazza? Cosa diciamo a questa giovane donna? E poi, la giustizia per le future vittime di un predatore seriale? A loro cosa diremo?
Die folgenden Absätze…
Die folgenden Absätze verstehen sich nicht als Kommentar zum konkreten Fall oder als Botschaft an das Opfer der Tat. Sie richten sich vielmehr an die Verfasserin des Textes als Reflexion über die gesellschaftliche Dimension, die darin angesprochen wird – über den Umgang unserer Kultur mit Verletzlichkeit, Gerechtigkeit und Verantwortung.
Ein Teil der Wut, die aus solchen Fällen spricht, richtet sich zu Recht gegen ein System, das Gewalt oft bagatellisiert und Opfer zusätzlich belastet. Doch gerade diese Fälle zeigen auch, dass Frauen nicht nur als verletzlich und auf Schutz angewiesen betrachtet werden dürfen. Eine Gesellschaft, die glaubt, allein durch immer strengere Gesetze und moralische Appelle Männer kontrollieren zu können, erzieht Frauen indirekt zur Hilflosigkeit: sie werden darauf trainiert, dass das System sie beschützen muss – und wenn es versagt, bleibt nur Ohnmacht.
Ein emanzipatorischer Ansatz müsste nicht nur juristischen Schutz bieten, sondern junge Frauen aktiv auf eine Welt vorbereiten, die nie vollkommen sicher sein wird. Familie und Gesellschaft tragen die Verantwortung, Mädchen zu befähigen, Risiken zu erkennen, Grenzen zu setzen und sich zu verteidigen, anstatt eine Haltung der Ohnmacht oder reinen Empörung zu propagieren. Camille Paglia hat oft darauf hingewiesen, dass moderne Feminismen Gefahr und Aggression entwirklichen und so eine Illusion der Sicherheit erzeugen. Wenn diese Illusion zerbricht, ist der Schock umso größer. Wahre Gleichberechtigung heißt, Frauen nicht nur als Opfer zu denken, sondern ihnen die Mittel, die Kraft und die kulturelle Anerkennung zu geben, um in dieser unvollkommenen Welt handlungsfähig zu bleiben.
Ogni ragazza o donna che sia…
Ogni ragazza o donna che sia deve essere consapevole e tenere sempre presente che qualunque invito a salire nella macchina di un uomo è sempre legato al sesso. Accettando di salire in macchina, accettando un invito a cena etc.. una donna accetta già il rapporto sessuale.
Quindi a meno di non sentirsi mentalmente e fisicamente pronte al rapporto sessuale con quell'uomo, gli inviti non vanno accettati.
^ L'unica semplice regola da ricordare.