La protesta parlerà anche italiano?

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Anche nelle scuole di lingua italiana si comincia a parlare delle azioni di protesta previste per l'autunno da una gran parte di insegnanti delle scuole di lingua tedesca, che hanno minacciato di annullare le uscite didattiche e di non portare più le classi in gita scolastica.
Oltre a contatti diretti tra gli insegnanti, voluti da gruppi come „Qualitätsmarke Bildung Südtirol“ a sollevare interesse è stata anche una lettera inviata dall'assessora al personale Magdalena Amhof - che negli ultimi mesi è si è occupata in modo particolare delle contrattazioni sindacali sul contratto collettivo intercompartimentale - a tutte le scuole dei tre gruppi linguistici, in seguito a un incontro avvenuto con il “Schulverbund” della Val Pusteria. Nella lettera inviata l'8 maggio, informando sulle principali misure già attuate per rafforzare il settore scolastico l'assessora provinciale, tra le altre cose, ha sottolineato: "Vorrei anche cogliere l'occasione per rivolgere un appello urgente agli insegnanti affinché rinuncino alle previste azioni di protesta, poiché tali conflitti non dovrebbero essere portati avanti a discapito degli studenti e dei genitori".
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Assemblee in arrivo
A quel punto anche chi non sapeva nulla delle proteste ha cominciato a chiedere informazioni sulla forma di protesta dei colleghi delle scuole tedesche. I sindacati di lingua italiana, come da tradizione, avevano dichiarato nelle settimane precedenti di preferire lo sciopero, come mezzo per manifestare insoddisfazione rispetto all'esito delle trattative sindacali, piuttosto della rinuncia di accompagnare le classi in gita scolastica. La lettera di Amhof che ha puntato il faro sulla forma di protesta nata in Val Pusteria ad alcuni insegnanti è parsa una "invasione di campo". Questo nonostante l'assessora abbia precisato che "stiamo lavorando, in tal senso, su vari ambiti."
In almeno due scuole di lingua italiana, al Liceo Pascoli di Bolzano e alle Negrelli di Merano, entro la fine dell'anno scolastico si terrà un'assemblea sindacale tra gli insegnanti per discutere proprio dell'iniziativa del „Qualitätsmarke Bildung Südtirol“.“Non possiamo più fidarci solo delle promesse della politica”
Catia Stragliati, insegnante che lavora nella scuola italiana da 40 anni e, in passato, è stata attiva anche nei sindacati, ammette: "I contatti con la scuola tedesca non sono mai stati frequenti, ma ultimamente si sono rafforzati, grazie all'idea di questa forma di protesta inusuale. E poi, ha contribuito l'arrivo della lettera di Amhof: anche chi non sapeva cosa stesse succedendo in Val Pusteria, si è interessato e lo lo ha capito".
Alcuni passi avanti nelle trattative, però, sono stati fatti. Sulla firma dei sindacati e della Provincia alla lettera d'intenti, Stragliati commenta: "Non ci basta, perchè non ci sentiamo abbastanza garantiti. Non possiamo più fidarci solo delle promesse della politica. Ci troviamo a lavorare in una Provincia dove il costo della vita è molto alto e gli stipendi degli insegnanti non sono alti come si dice. Nel resto d'italia sono più bassi, è vero, ma anche il costo della vita è molto più basso". Un'allarme, quello dei salari, condiviso recentemente anche dal Presidente Arno Kompatscher. "Al di là dei soldi - prosegue la docente - c'è da ricordarsi che dopo il Covid i problemi della scuola sono aumentati e le situazioni sono diventate più complesse: mancano risorse in organico e allo stesso tempo le classi sono numerose".
In particolare sulla lettera di Amhof inviata a tutte le scuole, comprese quelle italiane, Stragliati dice: "L'ho percepita come un'invasione di campo. Un po' come se l'assessora ci dicesse che i nostri colleghi 'cattivi' avanzano questo genere di 'minacce' e allora noi dobbiamo vedere di fare i bravi. Ma la categoria è una categoria e la politica dovrebbe chiedersi perché le proteste della categoria in questione diventano sempre più pesanti. Ci vorrebbe dialogo e non una richiesta di rinuncia all'iniziativa. Credo sia invece questo il momento di intervenire".
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