L’altra faccia del Waltherpark
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Il Waltherpark di Bolzano ha aperto i battenti preparandosi a diventare un punto di riferimento per lo shopping cittadino. Tuttavia se da una parte il centro commerciale porta con sé nuove opportunità occupazionali dall’altra emergono interrogativi sulla reale situazione lavorativa dei dipendenti, fra le ombre di un modello che promette crescita ma rischia di ridefinire – non sempre in meglio – le condizioni del lavoro locale. Ne abbiamo discusso con Sarah Spagnuolo, funzionaria del sindacato Filcams/Cgil.
SALTO: Spagnuolo, quali sono le principali criticità che riscontra riguardo alle condizioni contrattuali dei dipendenti del Waltherpark?
Sarah Spagnuolo: In primis va sottolineato che lo spostamento di alcuni lavoratori dai negozi della zona del centro di Bolzano a quella del Waltherpark ha inevitabilmente comportato delle modifiche dei contratti di lavoro unilaterali. Persone impiegate in negozi al dettaglio del centro storico, generalmente chiusi la domenica e con orari più concilianti, si sono ritrovate catapultate nella realtà di un centro commerciale che in quanto tale non segue la chiusura domenicale e lavora su orari più estesi. Con il passaggio è spesso successo che lavoratori part-time con turni fissi abbiano dovuto accettare condizioni di impiego totalmente differenti.
La logica del “mancano 4 part-time” dovrebbe essere sostituita da quella del “mancano 2 full-time”; le persone non possono essere “costrette” a lavorare a tempo parziale, accettando forme di occupazione più fragili e meno remunerative
Secondo alcuni negozianti del Waltherpark, come riporta il Corriere dell’Alto Adige, il punto è che la gente è troppo pigra per lavorare, specie se si tratta di farlo nei fine settimana.
La realtà è molto più complessa di così. In Alto Adige abbiamo un tasso di disoccupazione molto basso – se una persona ha possibilità di scelta verosimilmente non andrà a lavorare nel commercio poiché può ottenere orari più flessibili altrove. Inoltre il contratto collettivo nazionale, che i negozianti del Waltherpark hanno deciso di applicare, non è economicamente sufficiente per un lavoratore di questa provincia che deve fronteggiare un costo della vita significativamente più alto rispetto alla media nazionale. In pratica se le aziende vogliono trovare personale devono fare uno sforzo maggiore per poi trattenerlo.
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Oltre al problema del reperimento di personale c’è quello, cronico, dell’alloggio: gli appartamenti sono pochi e troppo cari.
Attualmente per alcuni dipendenti sono state trovate soluzioni abitative temporanee, ma a breve sarà necessario procurarsi un alloggio e in un contesto da questo punto di vista proibitivo non sarà un’impresa facile. E poi c’è anche un’altra questione da analizzare.
Quale?
La condizione del part-time, spesso proposta dalle aziende come unica opzione disponibile. La logica del “mancano 4 part-time” dovrebbe essere sostituita da quella del “mancano 2 full-time”; le persone non possono essere “costrette” a lavorare a tempo parziale, accettando forme di occupazione più fragili e meno remunerative. La situazione è, di base, questa: l’azienda preferisce impiegare personale per 20-25 ore settimanali per poi aggiungere ore di straordinari. Il vantaggio per il datore di lavoro è che applicando solo contratti part-time involontari avrà più risorse umane a disposizione e quindi più possibilità di sostituire lavoratori in caso di assenza, per ferie, malattia o altro, ma questo modus operandi crea fatalmente precariato.
L’apertura di questa nuova mega struttura potrebbe cioè avere ripercussioni pesanti sulla qualità del lavoro?
È un po’ uno specchietto per le allodole: il Waltherpark offre molti posti di lavoro ma al momento si trova a corto di personale. Di contro non è detto che gli attuali dipendenti vorranno continuare a lavorare al centro commerciale, il problema principale è infatti farli rimanere. Il lavoro c’è ma le condizioni sono difficili. La questione non è tanto legata al rifiuto di lavorare nel weekend perché il mondo del lavoro è abituato a queste nuove politiche che non permettono più di godere del riposo domenicale o del festivo, ma tutto è correlato piuttosto alla gestione del proprio tempo in modo da favorire la conciliazione vita-lavoro. Per esempio turni fissi più che variabili e definiti con adeguato anticipo offrono ai lavoratori più stabilità, semplificando la pianificazione personale e famigliare.
Crede che sia a rischio anche la tenuta del commercio di prossimità?
Il timore è che di fronte ai “doppioni” dei negozi, presenti quindi sia in centro sia al Waltherpark, il consumatore farà una scelta che probabilmente andrà a discapito dei Portici i quali progressivamente si svuoteranno. L’esperienza ci dice che più punti vendita uguali nella stessa città faticano a sopravvivere.
Bisogna che le aziende comincino a impostare gli stipendi pensando a una componente retributiva aggiuntiva rispetto alla paga base minima, tenuto conto del carovita altoatesino
Quali misure concrete servirebbero oggi per riallineare gli stipendi al costo della vita? E in che modo bonus “una tantum” o pacchetti di incentivi possono essere considerati politiche efficaci rispetto a un reale incremento degli stipendi?
Negli ultimi 10 anni ci siamo abituati a un’Italia fatta di bonus, ma si tratta di strumenti che creano una soddisfazione solo provvisoria. Sarebbe invece opportuno strutturare la contrattazione con le aziende a un secondo livello, quindi creare dei CIA (contratti integrativi aziendali) che possano corrispondere ai dipendenti somme a titolo di superminimo oppure dei bonus aziendali, che è un concetto diverso rispetto ai bonus provinciali o nazionali. Bisogna che le aziende comincino a impostare gli stipendi pensando a una componente retributiva aggiuntiva rispetto alla paga base minima, tenuto conto del carovita altoatesino.
Cos’altro si dovrebbe fare?
Un ulteriore intervento utile, a livello di politiche locali, sarebbe quello di costringere le aziende che aprono su questo territorio a rispettare gli accordi provinciali di secondo livello esistenti, questo significherebbe creare già una qualità di vita per i lavoratori totalmente diversa. Il beneficio che se ne ricava non sarebbe tanto sul piano economico quanto su quello degli istituti contrattuali, che nel caso degli accordi integrativi territoriali sono molto vantaggiosi. Questa potrebbe essere una delle strade percorribili per attirare forza lavoro.
Ritiene realistico un aumento generalizzato dei salari nei prossimi anni in questo settore?
Purtroppo credo che le aziende da questo punto di vista non si adegueranno, preferendo piuttosto servirsi di un’ondata continua di lavoratori, persone che si scambiano da un negozio all’altro, così come accaduto peraltro in altri centri commerciali sul territorio. Detto ciò ci sono però anche alcuni esempi appetibili dal punto di vista occupazionale: un paio di realtà in particolare, una delle quali all’interno dello stesso Waltherpark, che applicano i superminimi e che concedono alle lavoratrici orari concilianti, cioè non spezzati, privilegiando il full-time. La verità è che siamo sostanzialmente nelle mani del gerente di punto vendita e del capoarea: se sono persone illuminate il negozio e i suoi dipendenti lavoreranno bene, in caso contrario la presenza di sacche di lavoro instabile e precario continuerà a essere malauguratamente la norma.
Ci sarebbero tante cose da…
Ci sarebbero tante cose da argomentare. Ma mi limito a dire che le condizioni dei lavoratori così come il carovita e la speculazione edilizia che uccide questa città sono indipendenti al Waltherpark! Mi ricordo benissimo l'opposizione della CGIL a questo progetto. E personalmente lo trovo assurdo perché un sindacato dovrebbe interessarsi ai diritti e alla dignità dei lavoratori. Inziate a diventare un UNICO sindacato anzichè dividervi in tante sigle. Le cose cambiano ed evolvono. Chi scrive questo commento è iscritto alla CGIL.