Wirtschaft | L'intervista

"Dobbiamo essere più internazionali"

I giovani "cervelli in fuga" sono alla ricerca soprattutto di "un'atmosfera di lavoro piacevole". Ecco come la vede l'assessora Magdalena Amhof in merito allo studio della Fondazione Nord Est per Confindustria. "Dirigenti da formare".
Magdalena Amhof
Foto: SALTO/Mauro Podini
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Luca Marcon Fr., 07.02.2025 - 19:16

"A proposito di ambiente di lavoro confortevole, in Alto Adige c’è un ulteriore scoglio per moltissime persone: il dialetto. Che non è uno scoglio solo per chi è di madrelingua italiana ma pure per i germanici del nord. In Provincia nelle riunioni si parla dialetto sudtirolese ed anche nelle scuole e in tutte le aziende private. Se ci si vuole aprire verso l’esterno andrebbe forse fatta anche una riflessione su questo punto?"

Ogni volta che ho ripreso su salto.bz il concetto espresso in questa domanda, sono stato praticamente crocifisso (e con dei chiodi abbastanza ridicoli, aggiungo).
L'assessora Magdalena Amhof è una persona gentilissima, quindi non credo che il problema riguardi lei. Ma che Arno Kompatscher abbia dovuto pregare i colleghi di parlare in Standarddeutsch lo trovo significativo. E non in senso positivo.
Di un particolare aspetto della questione ne ho scritto qui:
https://salto.bz/en/article/25062023/il-patto-violato

Fr., 07.02.2025 - 19:16 Permalink
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Factum Est Fr., 07.02.2025 - 21:50

Antwort auf von G. P.

Wir sind in Südtirol doch zweisprachig. Jeder hat die andere Sprache auf seine Weise gelernt. Reden Wir nicht vom Schulitalienisch, denn hatte ich zu meiner Zeit in den 70ger Italienischlehrerinnen aus der Poebene welche logisch kein Deutsch konnten und damit auch keine Rücksicht nahmen. Ich und die Anderen im Dorf haben Uns mit den Kindern des Maresciallo abgegeben der in der nahen Kaserne war und eine deutschsprachige Südtirolerin als Frau hatte. Ihre beiden Jungs sind logischerweise zweisprachig aufgewachsen und ihr Wissen hat auf Uns abgefärbt. Das grosse Ganze kam dann beim Militär als ich als einziger Deutschsprachiger unter Italiener mein Jahr machen musste.

Fr., 07.02.2025 - 21:50 Permalink
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opa1950 Fr., 07.02.2025 - 19:34

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Fr., 07.02.2025 - 19:34 Permalink
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Evelin Grenier Sa., 08.02.2025 - 07:13

Un "cervello " considerato tale non può che essere una persona di mentalità aperta, quindi in grado di apprezzare le varietà linguistiche di un territorio.

Sa., 08.02.2025 - 07:13 Permalink
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Luca Marcon Sa., 08.02.2025 - 10:06

Ho scritto alla Fondazione NordEst per avere lumi riguardo alle scelta dei campioni rappresentativi e alla modalità di raccolta dei dati, ed è come immaginavo.
Non solo il fatto che il mercato locale sia diviso per gruppi etnolinguistici e per ambiti non è noto, ma tanto meno è nota (quindi figuriamoci se considerata) la segregazione occupazionale degli altoatesini rispetto ai sudtirolesi: fattore che a dire il vero definirei imprescindibile in una ricerca del genere.
A questo punto non posso che concludere con la solita battuta fulminante di Massimo Bucchi:
"Il problema non sono i cervelli che fuggono ma i corpi che restano qui". Anzi, hier.
PS
Riguardo al tema specifico, la questione del dialetto parlato è tutt'altro che secondaria. I cervelli a cui dovremmo chiedere di rimanere sarebbero solo quelli sudtirolesi? Perché l'idea di imporre la pratica del dialetto a qualsiasi altro (cervello) d'importazione per poter parlare con i colleghi di lavoro non la vedrei proprio come attrattiva.

Sa., 08.02.2025 - 10:06 Permalink
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Evelin Grenier Sa., 08.02.2025 - 14:53

Funziona così : con lo straniero tutti parlano italiano, se è la lingua in cui più si sente a suo agio, altrimenti inglese o tedesco standard, se quelle sono le sue lingue preferite.
Poi quando i colleghi parlano tra loro o al telefono in dialetto, lo straniero ascolta e un po' alla volta impara (perché curioso) a riconoscere parole, semplici frasi etc.
Il problema del dialetto non si pone affatto. Ma si apprezza il corso gratuito di ascolto/comprensione che uno può fare mentre è lì.

Sa., 08.02.2025 - 14:53 Permalink