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In Italia 6 milioni di persone in povertà assoluta

Al Festival dell'Economia con Chiara Saraceno la difficoltà di conciliare l'occupazione con la protezione dalla povertà. I minori sono i soggetti più deboli.

La povertà non è in cima all'agenda politica italiana e se nel 2015 inizialmente era previsto lo stanziamento di 1 miliardo di euro per cercare di venire incontro a chi fa più fatica, ora la restituzione di quanto dovuto ai pensionati esclude anche questa opportunità.

“Il lavoro non basta. La povertà in Europa negli anni della crisi” è il titolo del libro di Chiara Saraceno, presentato domenica sera nella biblioteca comunale di Trento all'interno del Festival dell'Economia. La Saraceno ha fatto notare come spesso le politiche del governo in materia siano indirizzate a singole categorie. Rischiando, come per quanto riguarda gli 80 euro renziani ai dipendenti, di escludere gli incapienti, chi è povero per davvero. Nei dati espressi a fare impressione è soprattutto il fatto che negli anni della crisi siano triplicati gli italiani in stato di povertà assoluta, raggiungendo quota 6milioni 20mila nel 2013, partendo da 2,4milioni nel 2007. Con una povertà assoluta che cresce soprattutto tra i minori.

Il giro di tavolo comincia da Roberta Carlini, giornalista che si occupa di politica economica. Che esordisce sottolineando che «la povertà accompagna il progresso stabilmente ed in maniera crescente». A livello europeo i dati sono confrontabili in materia di finanza pubblica, ma gli indici sulla povertà sono diversi. «La misurazione della povertà è una questione prettamente politica – spiega Carlini – non si può dire che ci sia una “zona sociale comune europea”».

Carlini ha quindi ricordato un dato sottolineato da Anthony Atkinson durante un altro appuntamento del festival dello scoiattolo: metà dei posti di lavoro creati nell'ultimo anno in Unione Europea non hanno tirato fuori i lavoratori dalla povertà. E può accadere che dove è più alta la povertà sia anche più alto l'astensionismo nelle competizioni elettorali.

Chiara Appendino, consigliera comunale del MoVimento 5 Stelle a Torino, si è fatta una domanda sulla qualità dei posti di lavoro creati. «Nella nostra realtà ad esempio vengono creati posti che non riescono ad essere occupati da chi fuoriesce dal settore manifatturiero». E la povertà ha un carattere spesso ereditario. «Vedo con preoccupazione – aggiunge Appendino – che nella mia città stanno calando del 25% le spese nell'istruzione e del 25% le spese sanitarie».

Chiara Saraceno comincia il suo intervento ribadendo che stanno aumentando i “cattivi lavori”. «I trasferimenti ai lavoratori ed alle famiglie di lavoratori – aggiunge – sono diminuiti in quasi tutti i paesi europei». La crisi ha fatto sì che si perda soprattutto lavoro maschile. Linda Laura Sabbadini dell'Istat ha ricordato come siano andati persi 875mila occupati tra i maschi, mentre l'occupazione femminile è aumentata, di poco, ma la qualità del lavoro è peggiorata.

Secondo Saraceno si poteva pensare ad una politica più lungimirante, che mettesse assieme assegno ai nuclei famigliari, assegno per il terzo figlio e 80 euro. Il salario minimo potrebbe non essere una soluzione adeguata «perchè ad esempio per i minori la povertà dipende dalla numerosità dei figli di una famiglia». Negli ultimi 20 anni in Italia sono cresciute le famiglie a doppio reddito, ma quasi esclusivamente al centro-nord, visto che tra le 1,8milioni di donne lavoratrici in più solo 150mila vengono dal sud.

La discussione si sposta quindi anche alla spesa pensionistica, con la sociologa Saraceno che ha indicato come «anche il sistema contributivo sia da correggere, visto il potenziale futuro di anziani poveri che crea. Potrebbe prevedere una base pensionistica universale alla quale si aggiunga un calcolo contributivo. Una particolare situazione attuale vede genitori anziani che pagani pensioni integrative ai figli magari 40enni».

Come influisce in tutto questo l'immigrazione? «La prima generazione di migranti – afferma la professoressa Saraceno – contribuisce alle finanze pubbliche più di quanto riceve. L'immigrazione non è un costo economico, ma un costo sociale». In conclusione Appendino ricorda come l'aumentato fabbisogno primario delle persone fa sì che a rispondere spesso sia al terzo settore. «Si va a chiedere cibo, oppure casa visti i recenti 4500 sfratti a Torino soprattutto per morosità».