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“Siamo partigiani della Costituzione”

Il presidente emerito Anpi ed ex senatore Lionello Bertoldi sulla nascita della Repubblica, la missione altoatesina, l’Italia di un tempo lontano e quella dedica commossa
Lionello Bertoldi
Foto: upi

C’era anche lui, Lionello Bertoldi, venerdì scorso (31 maggio) alla camera ardente allestita per porgere l’ultimo saluto all’ex primo cittadino di Bolzano Giancarlo Bolognini. “Sono uscito di casa con la mia stilografica - racconta il (quasi) 91enne presidente emerito dell’Anpi - per lasciare una dedica a quello che per tanto tempo è stato il mio rivale politico in consiglio comunale e con cui ero abituato a confrontarmi, io feroce comunista, lui democristiano”. “E cosa ha lasciato scritto, signor Bertoldi?” Fa una pausa prima di scandire con una certa solennità: “Sereni avversari, costruttori, abbiamo saputo guardare più alto e lontano assieme”.

 

Un esempio d’antan di riserva etica.

Sa, quel giorno in municipio ho incontrato Giovanni Salghetti Drioli, che ritengo essere stato un buon sindaco per Bolzano, ci siamo guardati e ci siamo detti: “Avevamo scommesso di cambiare il mondo in meglio ma è stato il mondo che ha cambiato noi”. Per 23 anni ho fatto il consigliere comunale (18 a Bolzano e 5 a Laives, ndr) e sono stato 5 anni in Senato, poi Andrea Mascagni, conosciuto quand’era partigiano come il comandante Fausto Corsi, un giorno mi telefonò dicendomi che sua moglie Nella non se la sentiva più di continuare a portare avanti la presidenza della Sezione locale Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia. “Ti prego, occupatene tu”, mi disse Mascagni.

Non ci ha pensato due volte.

Volevo conservare quel costruttore della memoria che è l’Anpi, e credo di esserci riuscito.

Per quanto tempo è rimasto al timone?

20 anni. Quando devo declinare il tempo faccio sempre un po’ di fatica, pensi che l’anno scorso quando ho festeggiato il compleanno mi hanno fatto contare uno per uno tutti gli anni che ho compiuto.

Venerdì scorso con l'ex sindaco Salghetti ci siamo detti: “Avevamo scommesso di cambiare il mondo in meglio ma è stato il mondo che ha cambiato noi”

A proposito di celebrazioni oggi è la Festa della Repubblica, lei come se lo ricorda quel 2 giugno del ’46 quando i cittadini italiani scelsero fra monarchia e repubblica?

Mi ricordo che non potei votare perché non avevo 21 anni e allora era quello il limite per la maggiore età, però feci campagna elettorale per la Repubblica.

E i suoi genitori cosa votarono al referendum istituzionale?

Repubblica, come praticamente tutti i trentini. In Alto Adige non si è votato ma il Trentino fu una delle province italiane con la più alta percentuale di repubblicani. Ricordo che conobbi molti partigiani. Per tanto tempo abbiamo identificato la Resistenza con i partigiani combattenti e questo è stato un grosso errore perché, sebbene di eroi, di combattenti che hanno contribuito alla Liberazione ce ne siano stati tanti, la Resistenza è stato il frutto di una grande partecipazione di popolo, il riscatto della democrazia. Nel capoluogo altoatesino, per esempio, i partigiani si possono contare sulle dita di una mano, ma la Resistenza l’hanno fatta non solo le 9.500 persone che cercavano di sopravvivere nel Lager di Bolzano ma anche tutti i loro parenti che vivevano fuori da quelle mura. O ancora: i cosiddetti IMI, gli Internati Militari Italiani catturati dai nazisti dopo l’8 settembre, in 600mila rimasero nei campi di concentramento tedeschi e hanno voluto resistere, così come le loro famiglie. 

 

 

Il referendum segnò anche la sua storia personale?

Quella fu segnata prima, con la sofferenza della guerra. Nel 1940, quando avevo 12 anni, diventai il capofamiglia perché mio padre fu militarizzato allo stabilimento Caproni di Gardolo. Ero il maschio più grande dei miei 7 fratelli. Ma a comandare, si capisce, era sempre mia mamma [ride].

Mi ricordo quando arrivai a casa e sentii il bollettino, quel 25 luglio del ’43, il giorno in cui cadde il fascismo, era una domenica. Ricordo la foto di un busto del duce trascinato per le strade di Milano. Allora mi sono detto: si può essere anche diversi. Non avevo capito fino ad allora che si poteva scegliere da che parte stare

Fu anche l’unico fra i suoi fratelli a poter studiare?

Sì, e ho corso anche il rischio di diventare prete. L’unico modo per farmi studiare era mandarmi dai salesiani a Trento, così il parroco convinse mia madre anche se non fu difficile perché lei era una fervente cattolica. Dopo un anno di avviamento, mi iscrissi alle medie di Trento. Ci arrivavo da Levico con il treno durante l’inverno e in bicicletta quando c'era la bella stagione. Una lunga pedalata. A casa tornavo alle tre e mezzo del pomeriggio, mia madre mi preparava una zuppiera di riso e conserva. Io ci nascondevo dentro la faccia perché i miei fratelli, che avevano mangiato a mezzogiorno, a quell'ora avevano di nuovo fame e mi guardavano con una certa avidità.

Quando "scoprì" il suo antifascismo?

Fu un momento molto difficile. Vede, ho vissuto la mia gioventù in un periodo in cui l’informazione era praticamente inesistente. Mi ricordo quando arrivai a casa e sentii il bollettino, quel 25 luglio del ’43, il giorno in cui cadde il fascismo, era una domenica. Ricordo la foto di un busto del duce trascinato per le strade di Milano. Allora mi sono detto: si può essere anche diversi. Non avevo capito fino ad allora che si poteva scegliere da che parte stare. Ricordo mia madre che aveva affittato delle stanze agli allievi ufficiali della caserma dell’artiglieria di Levico e faceva loro da mangiare, con le tessere degli ufficiali, così mangiavamo anche noi. Con l’armistizio dell’8 settembre tutto il paese si riversò dentro la caserma di artiglieria da cui erano fuggiti i militari. Portarono via tutto. Mia madre mi ammonì: “I Bertoldi non rubano”. Allora ebbi paura ad andare anche io, ma due giorni dopo, era un venerdì, io e mio fratello che aveva 4 anni meno di me, prendemmo coraggio e ci recammo alla caserma. Raccogliemmo un pacco di cartoline a colori, quelle che le donne scrivevano ai militari. Le abbiamo conservate per anni. Trovammo anche tre fucili 91, armi che messe in piedi erano più alte di me, che avevo 15 anni ed ero piccolo piccolo. Avvolgemmo i fucili in una coperta, in una calza mettemmo 5 bombe a mano balilla, e uscimmo dalla caserma in mezzo agli improperi dei paesani. Seppellimmo i tre fucili nella casamatta del Merlezzo. Con mio fratello non ci scambiammo nemmeno una parola. Non sapevamo contro chi avremmo sparato, ma pensammo che qualcosa dovevamo fare. Poi arrivarono i tedeschi. A scuola, a Caldonazzo, nel settembre ’44 il professore mi disse della strage di Malga Zonta, i nazisti avevano ammazzato 17 persone, di cui 14 partigiani e tre malgari.

E l’Italia del dopoguerra com’era?

Avevamo grandi speranze. A Caldonazzo ho fatto i primi due anni del liceo scientifico, c’era un centro scolastico formato da studenti universitari che ci facevano da professori. In quell’occasione conobbi mia moglie, aveva 14 anni. Quando ne compì 20 ci sposammo. Siamo rimasti insieme 68 anni, l’ho persa l’anno scorso.

La Costituzione rappresenta una grande conquista resa possibile da un immenso sacrificio del popolo italiano. Ma è anche il più grande atto di pacificazione che ci potesse essere nel nostro paese, perché è stata conquistata per tutti, per quelli che avevano vinto e per quelli che avevano perso

Cosa significa essere partigiani oggi?

Proteggere la memoria, noi siamo partigiani della Costituzione. La Carta rappresenta una grande conquista resa possibile da un immenso sacrificio del popolo italiano. Ma è anche il più grande atto di pacificazione che ci potesse essere nel nostro paese, perché è stata conquistata per tutti, per quelli che avevano vinto e per quelli che avevano perso. E va difesa da tutti contro tutti i dubbi che le circolano attorno. Dobbiamo ancora attuarla la Costituzione e dobbiamo fare tutto il possibile perché questo avvenga, torniamo a essere quelli che cambiano il mondo. E ancora di più spero che questo processo si completi nella nostra provincia.

Si spieghi meglio.

L’Alto Adige ha una grande possibilità, l’incontro tra popolazioni di lingua e cultura diversa può costruire anche una società diversa. È quello che mi ha sempre mosso, creare le possibilità per far nascere “un uomo nuovo” che abbia le potenzialità culturali di lingua italiana e di lingua tedesca, che sia abitante e protagonista della nuova Europa.

C’è bisogno di una nuova Resistenza?

Sì, dobbiamo abituarci a non cedere terreno sui valori della pace, della libertà, dell’uguaglianza dei diritti. La continua Resistenza che occorre fare è questa.

L’Alto Adige ha una grande possibilità, l’incontro tra popolazioni di lingua e cultura diversa può costruire anche una società diversa. È quello che mi ha sempre mosso, creare le possibilità per far nascere “un uomo nuovo” che abbia le potenzialità culturali di lingua italiana e di lingua tedesca, che sia protagonista e abitante della nuova Europa

La sinistra però è stata decimata nel pantheon politico, come hanno certificato le ultime elezioni europee.

Non mi aspetto nessuna facile riconquista, c’è bisogno di grande lavoro e impegno, occorre alzare gli occhi e ripartire dalla dignità del lavoro che va riottenuta per tutti gli uomini e per tutte le donne. 

I luoghi dove la sinistra latita non diventano terreno di caccia dei sovranismi?

Accendere il rancore è la cosa più facile da fare. Per battere chi percorre questo sentiero in politica occorre avere idee, visione, immaginazione, guardiamo al di là dello steccato, allarghiamo finalmente l’orizzonte anziché restringerlo. 

Qual è l’augurio che fa alla nostra Repubblica?

Di testimoniare sempre i valori più alti della democrazia e di essere un faro per la gente. Dobbiamo scongiurare lo spaesamento democratico. Il benessere per tutti è ciò a cui bisogna mirare, insieme, come un battito collettivo.

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Massimo Mollica So., 02.06.2019 - 22:27

Da antifascista quale sono dico che la prima parte rappresenta la massima espressione umana dei diritti fondamentale di una società. Ma la seconda si può e si deve modificare perché ad oggi di fatto quei diritti tanto declamati dalla costituzione non sono rispettati. Quindi i principi sacrosanti sono solo carta straccia. Dove la costituzione viene maggiormente attuata è qui in Alto Adige Südtirol, perché è una provincia autonoma. Chi riesce a ragionare ha già capito.

So., 02.06.2019 - 22:27 Permalink
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Karl Trojer Mo., 03.06.2019 - 09:11

Sono stati, non per ultimi, il senatore Bertoldi, i sindaci Pasquali e Bolognini a contribuire essenzialmente alla pacifica convivenza, nelle nostra terra fra etnie, culture e storie diverse. Spetta a loro un sentito grazie per aver collaborato alla creazione del nostro Statuto di Autonomia ! Auguriamoci, che i loro impegni fruttino a convivere pacificamente, apprezzandoci a vicenda e contribuendo allo sviluppo di un´Europa futura, più forte e solidale.

Mo., 03.06.2019 - 09:11 Permalink
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Hartmuth Staffler Di., 04.06.2019 - 21:47

Antwort auf von Karl Trojer

Der Herr Bertoldi steht für jene Partisanen, die nach dem Krieg unsere Südtiroler Widerstandskämpfer gegen Nationalsozialismus und Faschismus (Egarter, Andreas-Hofer-Bund usw.) ausgegrenzt, denunziert und bekämpft haben. Jetzt vergießen sie Krokodilstränen am Grab von Egarter und verunstalten es mit Trikolore-Schleifen - wo er doch immer als aufrechter Tiroler gegen den italienischen und alle anderen Nationalismen gekämpft hat. BM Pasquali war ein übler DC-ler, Bolognini nicht viel besser. Mit friedlichem Zusammenleben haben alle genannten Personen überhaupt nichts zu tun, sie haben kräftig dagegengearbeitet.

Di., 04.06.2019 - 21:47 Permalink