Wirtschaft | L'intervista

Gli strateghi del turismo

Dal rapporto con l’opinione pubblica all’overtourism, dalla digitalizzazione alla sostenibilità: le sfide dei futuri manager del turismo spiegate dal prof. Federico Boffa
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Federico Boffa
Foto: (c) unibz

Va da sé: il turismo è un settore trainante della nostra economia e ha bisogno di figure professionali qualificate, in possesso di una solida preparazione nei diversi ambiti di applicazione del comparto. In Alto Adige l’offerta formativa in questo senso non manca, come ci spiega il prof. Federico Boffa, responsabile del corso di laurea magistrale trilingue in Management del Turismo alla Libera Università di Bolzano. 

 

Prof. Boffa, innanzitutto chi deve essere il manager del turismo?

Un professionista che non solo gestisce alberghi e ristoranti e fa in modo che le località turistiche vengano a loro volta gestite a dovere, ma anche colui che possiede un’idea ampia del contesto in cui il turismo prospera. Due sono attualmente i problemi maggiori da affrontare: il primo è quello del rapporto con l’opinione pubblica, spesso insofferente rispetto alla presenza dei turisti - come nel caso di Barcellona ma anche di diverse località italiane -; il secondo è quello dell’overtourism, ovvero il sovraffollamento turistico. Occorre perciò una figura professionale che sappia comunicare con le persone, comprendere le esigenze dei residenti e far sì che il turismo si inserisca bene nella realtà in cui è innestato.

Ciò su cui bisognerebbe puntare, a mio avviso, è promuovere di più il fatto che questa sia una provincia con un elevato capitale umano

Quali competenze si possono acquisire e potenziare attraverso il corso di laurea in Management del turismo per i giovani che vogliono intraprendere una carriera in questo settore?

Vengono in primis sviluppate le competenze classiche di marketing e management, che sono fondamentali. Bisogna del resto essere in grado di implementare strategie di promozione, avere una buona capacità di pianificazione, gestire e organizzare l’albergo, il ristorante, la destinazione in cui si lavora e avere un disegno preciso per fare in modo che la regione in cui si opera sia accogliente per i visitatori e sviluppi il turismo in maniera sostenibile nel lungo periodo, cosicché non ci siano effetti sconvolgenti sulla realtà locale.
Il corso prevede anche lo studio di statistica e matematica, altra parte importante della didattica in quanto con l’arrivo dei Big data e dell’intelligenza artificiale si hanno a disposizione molti più strumenti per gestire i flussi turistici sia a livello di albergo che di destinazione e saperli padroneggiare diventa quindi essenziale, anche per poter essere competitivi con altri player del settore. Spazio viene dato poi all’economia dell’ambiente e all’economia regionale, discipline finalizzate a contestualizzare il fenomeno turistico nel territorio così da scongiurare il rischio che quest’ultimo venga deturpato o che diventi una sorta di Disneyland, d’altra parte se un luogo perde di autenticità anche il turista non sarà invogliato a tornarci. Altrettanto centrale, all’interno del corso, è il programma di economia digitale che fornisce agli studenti le basi per utilizzare tutte le piattaforme web dedicate, studiando come queste cambiano il mondo economico, ma anche quello del commercio e dei servizi.

I concetti chiave sono dunque innovazione e sostenibilità.

Esatto, da una parte i Big data e l’utilizzo delle nuove tecnologie e della potenza di calcolo, dall’altra il fattore sostenibilità che non è una questione accessoria ma diventa indispensabile dal momento che, sul piano politico, se un certo atteggiamento non è etico oppure non accettabile in termini di impatto sulla comunità locale si rischia di chiudere baracca.

Le nuove tecnologie possono rendere la nostra regione ancora più attraente e centrale per i flussi turistici

Quali sbocchi professionali offre il corso di laurea anche rispetto alle reali capacità di assorbimento del mercato del lavoro?

Viviamo in una regione molto solida da un punto di vista lavorativo, posto che si può sempre far meglio. Gli sbocchi sono in generale molti, in Alto Adige la disoccupazione è bassa e la qualità dell’occupazione è alta, in particolare nel settore turistico. Ciò su cui bisognerebbe puntare, a mio avviso, è promuovere di più il fatto che questa sia una provincia con un elevato capitale umano.
Miriamo a formare professionisti che non solo possano diventare una risorsa per il territorio ma anche sfruttare il proprio expertise fuori dai confini regionali. Uno sbocco lavorativo importante, al di là del tourism manager, può essere inoltre quello del policy maker.

Ovvero?

Chi si occupa di politica del turismo, una questione oggi sempre più rilevante. In tal senso in Alto Adige siamo assolutamente competitivi e il fatto che la Provincia abbia elaborato un piano turistico è già segno di una particolare attenzione al tema. Penso agli imprenditori di policy che da un lato possono ad esempio far capire alla collettività gli impatti positivi del turismo, dall’altro quelli negativi agli operatori, facendo quindi dialogare le due parti, ponendosi come intermediatore e abbinando una relativa soluzione.

Parlando in termini di prospettive, come occorre affrontare la rinascita del turismo post-pandemia?

Senza la pretesa di avere la sfera di cristallo, il turismo in diverse regioni sembra ripartito bene, anzi procede meglio di come l’avevamo lasciato prima della pandemia. C’erano sfide e cambiamenti che si stavano portando avanti prima del Covid e che poi la pandemia ha rallentato, per esempio il fatto di avere una migliore gestione dei flussi turistici nelle varie regioni, anche attraverso gli strumenti che ci forniscono l’intelligenza artificiale o le nuove tecnologie per evitare le ripercussioni negative sul territorio, come l’eccesso di congestione. Ecco, questo tipo di approccio tecnologico in particolare sarebbe prezioso per la nostra regione per due ragioni: primo perché i turisti sarebbero ben contenti di evitarsi code e raggiungere una località che possa accoglierli bene e secondo perché ciò limiterebbe, come detto, gli impatti negativi a livello di percezione sui residenti. Trovarsi imbottigliati per ore nel traffico tra Brunico e Bressanone o in Val d’Isarco o in autostrada non è di certo un toccasana per l’umore. Ma le nuove tecnologie possono rendere la nostra regione ancora più attraente e centrale per i flussi turistici.