"L'unica violenza è quella fascista"
“La contraddizione più significativa e lacerante dell'Europa contemporanea.” Questa l'importante perifrasi con cui chiamano la "questione migranti" lo scrittore e giornalista Alessandro Leogrande, autore del libro fondamentale La Frontiera e il senatore del PD Luigi Manconi nella prefazione al libro Rifugiati.
Rifugiati è una conversazione tra il vice-presidente dell'ARCI Filippo Miraglia e la giornalista de Il Manifesto Cinzia Gubbini, che descrive la situazione del fenomeno migratorio come rivestita da “una patina di apparente eccezionalità, di novità assoluta".
Rifugiati è un libro privo di retorica e che non fa sconti a nessuno: dall'Unione Europea al Partito Democratico, da Salvini al razzismo in quanto tale. La vera importanza di questo libro non si riconosce solamente da ciò che attacca e condanna ma da quello che propone, una seria proposta di cambiamento, per rovesciare lo status quo.
"Adesso l'accoglienza è affidata a chi prima si occupava di parcheggi". (Filippo Miraglia).
Viaggi maledetti, naufragi, sacrifici, efferate dittature da cui scappare. Miraglia offre uno sguardo diverso sul modo di affrontare temi e argomenti, il modo di risolvere un problema che non sembra poter sfuggire allo storytelling, per poter entrare nella dimensione del ragionamento logico.
“Sono i modi che definiscono l'uomo” - scrive Mark Millar ed è proprio il nostro caso, quello del come insieme al cosa, del modo di agire insieme alla sostanza della materia. E il modo in cui Miraglia riesce nella sua pars destruens a smantellare la retorica della politica è il nucleo intorno al quale mette in atto la sua pars construens.
Dati alla mano, il vicepresidente dell'ARCI, porta avanti le sue tesi con estrema chiarezza e responsabilità intellettuale, senza contraddizioni. “Adesso l'accoglienza è affidata a chi prima si occupava di parcheggi” - dice Miraglia, mettendo in luce passo dopo passo tutte le contraddizioni dei media e dei personaggi, del racconto e della propaganda. Un lavoro molto simile a quello fatto dall'Università di Bolzano con il progetto di data-journalism Europa Dreaming, che registra un'invariata forma di comunicazione di un fenomeno dal 1995 ad oggi, prendendo a esempio la Ventimiglia di vent'anni fa. Per poi scoprire che i discorsi di Alexander Langer - riferimento fondamentale per Leogrande - sembrano essere stati pronunciati oggi in televisione.
salto.bz: Nel libro si dice che il tema dei profughi, dei rifugiati, non riesca ad agiatare le piazze e che sia diventato - se lo è mai stato - poco coinvolgente a livello emotivo per gli italiani. Però sembra, d'altra parte, che ci sia una certa estetizzazione feticcia delle morti in mare, degli sbarchi, dalle reazione sui social per esempio. Poi c'è il solito copione della parte opposta, quella dell'indignazione.
Alessandro Leogrande: Ma il problema non è il feticcio, il problema è che la gente muore veramente. L'indignazione non serve a fare un ragionamento. Si deve partire prima, si deve pensare e capire da dove uno scappa, cosa si lascia alle spalle, ovvero tutto, e poi cominciare a discutere. Prima bisogna capire.
L'indignazione è all'ordine del giorno anche in politica da tanto tempo...
Ormai impera questa egemonia culturale, che vede occupare praticamente 2/3 del Parlamento, dalle destre al Movimento 5 Stelle. E poi c'è il Partito Democratico che ha schierato in prima linea un ministro dell'interno come Minniti, che gioca a fare lo sceriffo, il quale usa le stesse parole delle destra per descrivere il fenomeno: usando parole come "flussi" o "emergenza".
Ma non è solo un problema di linguaggio, c'è qualcosa che viene prima, molto prima, giusto?
Certo, nessuno qui dice che la convivenza sia una cosa facile, che salvare i morti o accogliere sia facile. E' estremamente difficile ma dobbiamo deciderci prima, se farlo oppure no. Perché il problema sta a monte e ancora non abbiamo deciso. Poi si può parlare di rapporti tra stati, con l'Europa, eccetera. Serve un'impostazione di base e la consapevolezza di quello che si sta facendo.
Alcuni maligni pensano addirittura che i migranti in reazione a certe politiche e comportamenti possano cominciare a manifestare atti di violenza...
Ma no, no. Non se stiamo parlando di profughi e rifugiati, non sono guidati da questi fantomatici episodi di "risentimento". L'unica violenza possibile di risentimento e regolazione di conti alla fine è quella fascista.
In Europa adesso abbiamo un nuovo oggetto metafisico per le nostre città, il blocco di cemento "antiterrorismo", che sembra quasi un blocco da trincea immaginaria, più che uno strumento di sicurezza per i cittadini. Almeno, questo è il racconto che si ricama sulla direttiva ministeriale. Per lei il racconto - o meglio - il significato che dà a questo simbolo è diverso?
Fa parte sempre di quella stessa retorica di cui dicevo prima, quella del flusso migratorio che arriva come il morbillo a infestare le nostre case. Retorica.