Gesellschaft | L'intervista

La Chiesa e l’ombra del nazismo

Aperti gli archivi sul pontificato di Pio XII. Dal silenzio sulla Shoah alla “ratline” che toccò il Sudtirolo. Svelate verità nascoste? Risponde lo storico Davide Jabes.
Pio XII
Foto: upi

Il 2 marzo scorso, come annunciato un anno fa da Papa Francesco, gli archivi vaticani relativi al pontificato di Pio XII (1939-1958) sono stati aperti e messi a disposizione degli studiosi. Migliaia di documenti che, auspicano molti, potrebbero servire a restituire una verità oggettiva sul discusso pontificato di Papa Pacelli e sui “silenzi” della Chiesa riguardo allo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Impegnato in questi giorni nell’opera di ricerca c’è anche Davide Franco Jabes, storico e scrittore, e, fra le altre cose, consulente per il romanzo “Inganno” di Lilli Gruber.

 

salto.bz: Jabes, che significato legge in questa apertura degli archivi del pontificato di Papa Pio XII?

Davide Franco Jabes: La Santa sede ha voluto annullare la distanza tra la gente e il proprio patrimonio archivistico, così da far passare il messaggio che l’operato della Chiesa non ha segreti. Che, intendiamoci, è un falso, perché naturalmente alcune cose non le hanno mai messe nero su bianco. Va riconosciuta però questa volontà di mostrare le carte, sebbene molto materiale sia andato distrutto durante la guerra e i bombardamenti, e ci siano state distruzioni volontarie da parte dei nunzi apostolici. Un segnale di chiarezza da parte della Chiesa era comunque già arrivato, per volere di Papa Francesco, con il cambio della denominazione dell’archivio segreto vaticano in archivio apostolico vaticano. C’è poi un altro archivio, se possibile ancora più importante, che è quello della segreteria di Stato. Anche da quest’ultimo sono state liberate le carte del pontificato di Pio XII fino alla sua morte e anche lì sono custodite molti dati, sicuramente emergeranno documenti importanti.

Si aspetta rivelazioni clamorose?

Direi di no. È evidente che la questione del giorno è quella ebraica ma non arriveranno grosse rivelazioni in merito, perlomeno non a stretto giro perché esaminare fondi e sviluppare una nuova tesi rispetto a quanto già elaborato dalla storiografia corrente su Pio XII, l’ebraismo e la Shoah, ci vorranno anni. Inoltre una parte di questi documenti sono già stati pubblicati negli anni ’70, nei volumi degli atti relativi alla Santa Sede durante la seconda guerra mondiale, voluti da Paolo VI che nominò una commissione di storici i quali pubblicarono moltissimi scritti che ora sono reperibili perlopiù nell’archivio della segreteria di Stato. Un grande lavoro fu fatto a suo tempo, dubito quindi che ci saranno delle novità sostanziali.

La Santa sede ha voluto annullare in ogni modo la distanza tra la gente e il proprio patrimonio archivistico, così da far passare il messaggio che l’operato della Chiesa non ha segreti. Che, intendiamoci, è un falso, perché naturalmente alcune cose non le hanno mai messe nero su bianco

Lei ha già potuto visionare le prime carte contenute negli archivi, cosa cerca e cosa ha trovato?

Innanzitutto devo confessare che mi aspettavo di trovare sale piene di studiosi, invece il “traffico” è stato finora normale. Per quel che riguarda la ricerca cerco conferme. La mia tesi, e quella di David Bidussa, contenuta nel libro “Pio XII” che uscirà il prossimo maggio, è che la grande preoccupazione del Papa fu quella di fermare il comunismo e che la questione ebraica per la Chiesa non fu dunque primaria. Nell’ottica di Papa Pio XII infatti non c’erano solo gli ebrei che stavano morendo. Milioni di persone erano in continuo movimento. Quando nel ’45 i soldati dell’Armata Rossa entrano in Polonia per liberarla, ad esempio, moltissimi tedeschi fuggirono. La preoccupazione del Papa è rivolta ai 60 milioni di morti (tante sono le vittime contabilizzate durante la seconda guerra mondiale) e verso i milioni di persone sofferenti, senza lavoro, senza cibo, che hanno perso la casa, che sono stati spogliati di tutti i loro averi. In questa immane tragedia è chiaro che la questione ebraica, per quanto orribile, viene “sfumata”. Tutti bussano alla porta del Papa, chiedendo aiuto, una mediazione. Questa è la grande dimensione dell’affresco storico in cui si muove Pio XII e quello che fa impressione è che di tutto ciò gliene importava il giusto.

Sulla figura di Pio XII c’è stata una marcata polarizzazione. Da una parte chi lo definisce un “supporter” di Hitler e dall’altra chi ne loda l’opera assistenziale nei riguardi degli ebrei. 

È considerato un papa controverso, ma io non noto una differenza così accentuata con il suo predecessore, Pio XI, se non nel fatto che quest’ultimo non ebbe remore nell’andare allo scontro con il regime in difesa delle organizzazioni giovanili e in merito alla “persecuzione” nei confronti dell’azione Cattolica. Ecco, su questo fu più battagliero di Pio XII dominato da un anticomunismo che non gli fece vedere tante cose. Papa Giovanni XXIII, convocando il Concilio Vaticano II, cercò poi di salvare una Chiesa che ormai non dialogava più con gran parte del popolo. 

La Chiesa considerava il comunismo peggio del nazismo, e sebbene ravvisasse, dalle carte che ho visionato, un atteggiamento neo-pagano da parte del nazismo, nel comunismo vedeva la morte della fede, lo spargimento del veleno dell’ateismo, tutto il peggio possibile

Che ruolo ebbe questa vocazione anticomunista di Pio XII?

L’obiettivo dal 1917 fino alla caduta del Muro di Berlino è stato il crollo del comunismo. Non salvare gli ebrei né i cristiani, ma togliersi dalle scatole i comunisti. La questione principale non era tanto quella di essere con o contro Hitler perché alla Chiesa il Führer non piaceva, l’unica cosa che apprezzavano del nazismo era l’antibolscevismo. Il patto anticomintern stipulato tra il governo del Terzo Reich tedesco e quello dell'Impero giapponese per combattere il comunismo venne salutato dalla Chiesa come un momento di innalzamento della moralità del mondo. La Chiesa considerava il comunismo peggio del nazismo, e sebbene ravvisasse, dalle carte che ho visionato, un atteggiamento neo-pagano da parte del nazismo, nel comunismo vedeva la morte della fede, lo spargimento del veleno dell’ateismo, tutto il peggio possibile. Siccome questi comunisti non vogliono saperne di sparire nel ’45 Pio XII passa dalla Germania come baluardo anti-comunista a corteggiare gli USA, sebbene per il Vaticano avessero il “difetto” di non essere un paese cattolico, o non completamente tale.

La posizione pubblica di papa Pacelli in ogni caso non fu mai di netta condanna nei confronti del nazifascismo, senza contare che parte del clero intesse rapporti di collaborazione con queste forze. Con l’accesso ai documenti dell’archivio, dicono alcuni, si potranno capire anche le ragioni del silenzio sulla Shoah, è dello stesso avviso?

La Chiesa sostiene che se il papato avesse fatto aperta opposizione non avrebbe più potuto salvare nessuno, perché sarebbe diventato un nemico dichiarato del nazismo. La verità è che non sapremo mai come sarebbe potuta andare se le circostanze fossero state diverse. Se avendo il coraggio di dire le cose come stavano il corso della storia sarebbe cambiato. È una diatriba che non finirà mai, perciò ritengo inutile interrogarsi su questo tema. Nessuno, del resto, può tornare indietro e far agire il papa in modo diverso da come fece.
L’azione di Pacelli si segue bene fino al 1938. Una volta eletto papa diventa intoccabile, il suo linguaggio diventa aulico, non è più quello dei comuni mortali, di cui non si occupa più dal punto di vista documentale. Bisogna comprendere che il Papa non si brucia di certo mettendosi a discutere di ebrei o di contingenze scottanti. 

La Chiesa sostiene che se il papato avesse fatto aperta opposizione non avrebbe più potuto salvare nessuno, perché sarebbe diventato un nemico dichiarato del nazismo. La verità è che non sapremo mai come sarebbe potuta andare se le circostanze fossero state diverse

Molte sono le questioni aperte. Ad esempio quanto Pio XII sapesse della famosa “linea dei ratti”, il canale di fuga dei criminali nazisti che alla fine della seconda guerra mondiale tentarono di raggiungere, spesso con l’aiuto del clero, l’America latina toccando peraltro, come ad esempio nel caso di Stangl, Eichmann, Mengele, anche il Sudtirolo.

In quella specifica situazione non vedo da parte della Chiesa un piano per servirsi in un secondo momento dei nazisti. Li ha aiutati così come ha fatto con gli ebrei, con alcuni partigiani. Non sappiamo nemmeno se aiutando i criminali tedeschi fece un favore agli Stati Uniti che con l’operazione Paperclip si servì di circa 4mila ufficiali e scienziati nazisti, ma, insomma, il punto è che il Vaticano non fu l'unico a comportarsi in modo indecente. Pensiamo per esempio ai criminali di guerra italiani che non furono mai processati e giravano liberi e indisturbati a “casa nostra”, nonostante le richieste di estradizione da parte di Jugoslavia, Etiopia, Libia. 

Aprendo gli archivi papa Francesco ha detto “La Chiesa non teme la Storia”, fa bene a non temerla?

La Chiesa, che oggi è un grande edificio autoreferenziale, ha tutte le armi per contrastare qualsivoglia opinione. Fa bene a non temere la storia perché la storia si occupa del passato, e quando uno giudica l’azione di Pio XII non giudica quella di papa Francesco. La Chiesa di Pio XII aveva un pregiudizio anti-ebraico. Un pregiudizio che non significa collegamento diretto con il razzismo antisemita ma che ne è chiaramente, a mio giudizio, il genitore.