Gesellschaft | Wovon man nicht sprechen kann

Darüber muss man schweigen

In questo breve testo ci si interroga se sia auspicabile ascendere su una scala per poi gettarla via.
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C'è stato un periodo che pensavo: Fra un po' capirò tutto. Poi arrivava quel fra-un-po', ma lo stesso non avevo capito niente. Allora pensavo che, per capire, avrei dovuto leggere un determinato libro. Ad esempio, pensavo che, quando avessi letto il Tractatus logico-philosophicus, dopo avrei capito tutto. Poi ho letto il Tractatus logico-philosophicus, e oltre a non capire niente di quello che c'è scritto, nel Tractatus logico-philosophicus, tranne la proposizione numero 7, ho continuato a non capire niente in generale. Poi, pensavo, forse se leggo Minima moralia, allora poi capirò tutto. Poi leggevo Minima moralia, ma rimanevo lo stesso somaro di prima. Allora pensavo che, forse, se leggevo Angelus novus, allora sì, che il mondo mi si sarebbe spalancato in tutta la sua comprensibilità. Ma invece non capivo niente, niente, nemmeno, chessò, quando Walter Benjamion dice che 'Il souvenir è la reliquia secolarizzata', anche quello non lo capivo, figurati capire il mondo e i suoi semplici quesiti.

Ad esempio, ci sono delle cose che, da quando sono giovane, non riesco a capire. Ad esempio, c'è quella canzone di Umberto Tozzi, è una canzonetta, uno si aspetterebbe di capire tutto di una canzonetta che le radio sparano tutto il giorno un centinaio di volte e magari va pure a Sanremo. Ecco, io di quella canzone lì, non ho mai capito niente. A parte la situazione narrativa in generale, che non si capisce chi è che si esprime, a chi si rivolge, qual è il suo scopo comunicativo; poi mi chiedevo, ad esempio: Ma cosa vuol dire 'un guerriero di carta igienica'? Io ascoltavo quando dice Apri la porta a un guerriero di carta igienica, e pensavo: beh, quando sarò più grande, sicuramente capirò di preciso cosa vuol dire 'un guerriero di carta igienica'. E invece non l'ho mai capito, addirittura dopo avere letto il Tractatus logico-philosophicus. Ma bastasse quello: diceva anche Fammi abbracciare una donna che stira. E lì, mi chiedevo: ma perché uno dovrebbe poi desiderare tanto abbracciare una donna che stira, magari poi si scotta pure, per sbaglio, con il ferro da stiro. Boh. E diceva ancora: Fatti un po' prendere in giro prima di fare l'amore. E io, non è che avessi poi molta esperienza in quel campo lì, ma mi figuravo la situazione di questo che, prima di fare quella cosa che nelle canzoni viene definita fare l'amore, diceva delle cose come: Ahaha, ma guarda, ma pensa te, ma guarda come sei messa, ma ti sei guardata allo specchio, eccetera, e insomma, la prendeva in giro per bene, e poi facevano questa cosa che nelle canzoni chiamano fare l'amore. Boh.

E, a proposito di fare l'amore, c'era anche quell'altra canzone, di Vasco Rossi. A un certo punto diceva: Ti sei accorta che facciamo l'amore, ti sei accorta, sì? E io, all'epoca, non è che avessi poi tanta esperienza di fare l'amore, anzi, se devo proprio dirlo, non ne avevo nessuna, e, dal basso della mia inesperienza, pensavo: Ma è possibile che due siano lì a fare l'amore, qualsiasi cosa voglia dire, e lei non se ne accorga? Tanto che lui, a un certo punto, deve dirle: Oh, ma ti sei accorta, che facciamo l'amore? semmai te lo faccio notare io, se proprio non te ne sei accorta da sola. E allora pensavo: beh, allora questo fare l'amore, non sarà mica poi una cosa tanto sconvolgente, visto che una può anche non accorgersene. Ma poi, lei, cosa poteva rispondere? Poteva dire: Oh, tò mò, guarda qui, non me n'ero accorta che facevamo l'amore, grazie per avermi avvisata. Mah.

Che siamo ai livelli, qui, come quando nella Recherche du temps perdu, non me ne vogliano i patiti della canzonetta italiana per il paragone forse irriverente, a un certo punto c'è quella frase lì, cerfs, cerfs, Francis Jammes, fourchette, chissà cosa vuol dire, io non l'ho mai capita, forse anzi non l'ha capita nessuno, come appunto non ho mai capito la questione del non accorgersi di fare l'amore o del guerriero di carta igienica, che son cose che però, forse, qualcun altro ha capito benissimo, son io a essere un po' zuccone.

Ma adesso dovrei stare qui a elencare tutte le cose che non ho mai capito e non capisco, ma non penso sia una cosa così interessante, e poi sarebbero troppe. È solo che, penso, ancora oggi succedono delle cose, o leggo delle cose, e non capisco proprio. Ad esempio, l'indice Mibtel: ma devo essere felice quando è positivo o negativo? Oppure il cosiddetto spread: visto che tutti, per un certo periodo, lo hanno continuato a citare come fosse la pietra angolare della vita del nostro Stato, ma è davvero importante? Ma queste, poi, sono domande semplici, penso, Wittgenstein direbbe che potremmo benissimo rispondere a quelle domande, e quand'anche lo avessimo fatto, se anche tutte queste possibili domande avessero avuto una risposta, i nostri problemi vitali non sarebbero ancora neppure sfiorati.

La risposta allora è, forse, che non c'è nessuna domanda. Questo, forse, l'ho capito.