Kultur | Harding

1 Agosto (parte II) - Il Nuovo Mondo

...con la Quinta vedo il mare all’alba. Un mare primordiale e poi un trionfo di sequoie...
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L’alieno W. von E. scompare dai miei pensieri non appena vedo l’orchestra. Il Maestro è come l’immaginavo: il fisico minuto e proporzionato, l’andatura modesta di chi possiede un talento, e lo considera una fortuna, quasi un privilegio di cui scusarsi. Ho pensato a un calciatore degli anni ‘70, con la maglietta attillata e i calzoncini troppo larghi per le gambe asciutte; immortalato in una foto che finirà in un album di figurine, restituirà per sempre al nostro sguardo un sorriso imbarazzato che dice: tutto questo per me?

Mi piacciono i riti e le convenzioni di questo linguaggio, di questo mondo che scopro poco a poco. Le strette di mano al primo violino e al solista, l’applauso alle varie sezioni dell’orchestra.

È come quando, dopo stanghette e cerchi, tracci sul foglio la prima “a” della tua vita. Per questo è come se stringessi anch’io la mano di Kolja il malinconico. Non dico che lo sia, ma quest’attitudine corrisponderebbe al tipo d’uomo. Si aggrappa al violino con mani grandi e nervose e quel che ne esce è un legaccio che si avviluppa attorno a noi, rendendoci felici della nostra prigionia. Guardo l’orchestra che si muove come un corpo solo, avanti e indietro. La contrabbassista dal bel collo lungo ora non suona, ma la sua testa ondeggia perché tutto si muove con la musica. Li vedo fissare gli spartiti e sorridere, corrucciare le sopracciglia e commuoversi: i loro volti sono lo specchio di quello che suonano, che cambia ritmo e tempo continuamente, seguendo una forma che è l’unica possibile.

E con la Quinta vedo il mare all’alba. Un mare primordiale e poi un trionfo di sequoie. Il mondo mattutino de La passeggiata di Walser, popolato di meli e ciliegi in fiore, in cui tutti ed ognuno troviamo spazio, in cui tutto è bontà e tenerezza.

Così, con l’Allegro corro in un campo di grano ancora verde, mentre l’aria mi carezza la faccia e penso agli archi, ai fiati, al Maestro, al malinconico, a quest’orchestra che è un unico corpo e ad ognuno di loro; penso a loro con le parole di Conrad.

     "Era un giovanotto di quelli che è piacevole vedersi attorno; del tipo che ti piace immaginare di essere stato; del tipo il cui aspetto reclama       la fratellanza di quelle illusioni che credevi spente (…) e che, quasi riaccesesi all’accostarsi di un’altra fiamma, danno un palpito             profondo, nel profondo da qualche parte, danno un palpito di luce… di calore!".