“Io, il vostro Tom Hanks”
“Wilsoooon!” grida Tom Hanks, naufrago in Cast Away, quando perde il suo “migliore amico” nell’oceano. Quella volta, come tante altre, a prestare la voce al prolifico attore statunitense fu Angelo Maggi, doppiatore navigato (ha appena festeggiato 40 anni di carriera), “alter ego vocale” anche di Robert Downey Jr. nei panni di Tony Stark, il supereroe Marvel Iron man, di Bruce Willis e di John Turturro, fra gli altri. Il prossimo 8 agosto Maggi sarà al Parco dei Cappuccini a Bolzano con il suo spettacolo, “Il DoppiAttore show”. L’Alto Adige non è una landa sconosciuta per l’artista romano che da 35 anni trascorre le sue vacanze sull’Alpe di Siusi, “ogni estate vado a Fiè allo Sciliar per fare i bagni di fieno - confessa -, quelle due settimane all’anno non me le tocca nessuno”.
salto.bz: E a Bolzano cosa farà, una versione “light” del suo spettacolo “DoppiAttore, la voce oltre il buio”?
Angelo Maggi: Esatto, è una specie di estratto di uno spettacolo più complesso. Doppierò delle clip dal vivo senza altro supporto, attori che ho doppiato in passato ma non solo, mi cimento ad esempio con il Marlon Brando del film Giulio Cesare, adattamento cinematografico dell’omonima tragedia di William Shakespeare, e in particolare con il discorso di Antonio. E poi racconto la storia del doppiaggio, coinvolgo il pubblico, canto…
Canta?
Beh, io sono Iron man, e da due anni ho una Iron band con cui suoniamo delle cover cantautorali brillanti di Buscaglione, Carosone, De Gregori, Conte, Gaber, Jannacci, Dalla, Rino Gaetano, per fare qualche nome. E in mezzo faccio anche cabaret. Il 19 settembre suoneremo allo storico locale di Roma, il Fonclea.
A teatro invece ha iniziato con il più grande di tutti, Vittorio Gassman.
È stato il mio maestro. Io che non avevo mai fatto nulla prima debuttai, a 22 anni, nello spettacolo più importante di quell’anno, si chiamava “Fa male il teatro”, era il 1980. Fu un’esperienza pazzesca, Gassman si innamorò di me artisticamente, vide qualcosa in me, anche se non ero certamente bravo a quell’epoca, non avendo mai in vita mia calcato le scene, e c’erano ben 5mila ragazzi insieme a me a fare i provini. Da grande uomo di teatro quale era capì che forse sarei potuto diventare qualcuno. Fui scelto come protagonista dello spettacolo insieme ad altri 5 ragazzi, con Vittorio Gassman che ci faceva da spalla, pensi un po’… E dopo quella parentesi ho dovuto inevitabilmente ricominciare da capo. Avevo iniziato con il top, cosa poteva esserci più di quello? Ho fatto un po’ di cinema, Sapore di mare dei fratelli Vanzina, per esempio, un musical come protagonista, ho lavorato con Vittorio Caprioli, Mario Carotenuto, Giorgio Albertazzi, Luigi Squarzina, e poi ho fondato una mia compagnia teatrale.
Da grande uomo di teatro quale era Vittorio Gassman capì che forse sarei potuto diventare qualcuno
E, passando al doppiaggio, nella quotidianità riconoscono la sua voce come quella del Tom Hanks italiano?
Mi è capitato proprio qualche giorno fa, ero in fila davanti alle casse in una nota catena di negozi di elettronica, quando mi sono sentito battere sulla spalla, “scusi lei è Angelo Maggi?”, mi ha chiesto un ragazzo, “l’ho riconosciuta dalla voce, mi può fare un autografo?’”. Il mio cruccio però è che la voce non viene associata al mio volto, pur avendo io fatto 20 film e più di 50 spettacoli in teatro la mia faccia è poco conosciuta, per questo adesso, anche con il supporto dei social, sto cercando di mostrarmi sempre di più.
Com’è stato l’incontro con l’attore feticcio di Spielberg?
Tom Hanks è un attore straordinario, è quello che più sento vicino alle mie corde, spazia dal comico al drammatico come quello che piace fare a me in teatro, passo dalla musica e dal cabaret della Iron band a recitare il quinto canto di Dante con la gente che si commuove. Per me un attore deve sapere fare tutto. Con Hanks ci siamo conosciuti a Venezia una quindicina di anni fa e abbiamo cenato insieme. Lo avevo appena doppiato nel film The Terminal in cui Hanks interpretava Viktor Navorski, un cittadino della Cracozia, uno Stato di fantasia dell’Europa orientale. Alla premiere a Venezia ci presentarono i distributori italiani della Dreamworks del suo amico Spielberg, ero ormai la sua voce ufficiale per i film prodotti da questo studio cinematografico, oltre a The Terminal lo avevo doppiato infatti anche in Cast away e Prova a prendermi. Alla fine della serata gli ho detto: “Caro Tom, cerca di fare film con la Dreamworks più che puoi, così lavori tu ma lavoro pure io!”.
E com’è andata?
L’ho sempre doppiato io, tranne due film tratti dai libri di Dan Brown, per cui è stato scelto Roberto Chevalier che l’aveva doppiato da giovane, prima che arrivassi io. Lui è la storica voce di Tom Cruise, una voce che è rimasta giovanile, e che si sposa alla perfezione con Cruise che continua ad avere una faccia “da ragazzo”, per Tom Hanks invece quella voce non era più giusta e Spielberg ne ha cercata un’altra.
Ora nessuno glielo toglie più, Hanks?
Nulla è mai sicuro, pensi che Spielberg ha voluto i provini per il film Il Ponte delle spie, e ho dovuto farlo anch’io io che l’avevo già doppiato venti volte. Com’è che si dice? Gli esami non finiscono mai. Ha fatto il provino anche chi l’aveva doppiato una volta sola come Francesco Pannofino in Forrest Gump, Fabrizio Pucci in Era mio padre, Francesco Prando in Salvate il soldato Ryan, Chevalier che aveva prestato la sua voce varie volte in gioventù. Per fortuna alla fine l’ho spuntata io. Spielberg voleva la certezza che la scelta fosse quella giusta.
A Hanks dissi: “Caro Tom, cerca di fare film con la Dreamworks più che puoi” - dato che lo avevo doppiato diverse volte per le pellicole prodotte da questo studio cinematografico - così, aggiunsi, “lavori tu ma lavoro pure io!”
La sua è anche la voce del cowboy Woody nel film d’animazione Disney Toy story 4, personaggio doppiato in precedenza da Fabrizio Frizzi. È stato difficile sostituirlo?
Ho sentito molto la pressione in questa occasione, con Fabrizio eravamo amici, abbiamo giocato a calcio insieme per 15 anni. Non è stato facile affrontare la cosa mediaticamente, anche se tutto il lavoro che ho fatto l’ho sempre dedicato a lui, ma il doppiaggio in sé non è stato complicato, del resto la voce originale di Woody è quella di Tom Hanks, quindi ho semplicemente fatto quello che faccio da 20 anni e cioè sto dietro a Tom Hanks. Fabrizio aveva dato una connotazione di bontà e dolcezza al personaggio, spero di aver fatto un buon lavoro ma stando alle centinaia di ragazzi che mi scrivono sui social sembra che sia così. Quello che dicono sostanzialmente è: “Fabrizio manca tanto ma Angelo Maggi non lo ha fatto rimpiangere”.
Il doppiatore era quello che voleva fare da grande?
Sa, quello del doppiatore non è un mestiere, ma una skill, una specializzazione del mestiere dell’attore. Un doppiatore deve essere un attore. Come si fa altrimenti a recitare? Non è possibile. Mi sono avvicinato al doppiaggio gradualmente, facendo l’attore, ho fatto tanta gavetta, tanto teatro. L’esigenza dello spettacolo “DoppiAttore” è nata proprio perché mi ero stufato di sentire la gente che mi chiedeva: ma lei è un attore o un doppiatore? Mi sono detto sai che faccio? Metto su uno spettacolo su questo e così è stato. Poi certo ci sono anche le eccezioni, tanti speaker radiofonici per esempio fanno i doppiatori pur non essendo attori.
E cosa ne pensa dei cosiddetti talent, i personaggi famosi che diventano doppiatori?
Impiegare i talent è tutta una questione di marketing, ma il pubblico si accorge della differenza perché la qualità non è paragonabile a quella dei doppiatori professionisti. Si vedono cose allucinanti, tipo un politico che doppia un cartone animato. Ma a mio avviso non va nemmeno bene se attori e cantanti scarsi doppiano personaggi importanti di un cartone, perché la qualità ne risente. Io dico: ma non sarebbe più facile portare alla luce i doppiatori bravi?
Com’è cambiato il doppiaggio nel tempo?
L’aspetto economico ha preso il sopravvento rispetto alla parte artistica. La priorità è consegnare un film nel più breve tempo possibile, sempre di corsa.
Dipende dalla quantità sproporzionata di produzioni internazionali a cui far fronte?
Credo piuttosto che il problema sia che non ci sono soldi, e meno tempo equivale a meno spesa. Consideri che spesso nel settore televisivo non si prova nemmeno, si incide subito. Un doppiatore oggi deve essere bravo ma anche veloce. Questo è il cambiamento in peggio che c’è stato. Ma la qualità media del doppiaggio italiano è sempre la migliore del mondo, non lo dico io ma i supervisor americani che seguono le varie edizioni europee e che alla fine elogiano sempre quella italiana.
Chi sa l’inglese e guarda i film in originale non dovrebbe denigrare il nostro lavoro ma dare solo un giudizio, aiutarci a migliorare
Ci sono però i puristi della lingua originale, secondo cui il doppiaggio implica un certo tradimento dell’integrità del film…
Una polemica che poteva essere giusta 30 anni fa, oggi nell’epoca digitale chiunque può guardarsi un film in una qualsiasi lingua schiacciando un tasto del televisore, senza contare le piattaforme di streaming, quindi l’alternativa esiste. Certo non si possono avere 40 cinema a Roma che proiettano film in lingua originale, non ci andrebbe nessuno. Bisognerebbe ringraziare i doppiatori italiani, piuttosto, il cui livello è talmente alto da far apprezzare al meglio l’opera su cui lavorano. Come mai invece sulle traduzioni dei libri non si dice mai nulla? La critica vale solo per il doppiaggio italiano? Mi pare davvero una polemica sterile e pretestuosa. Chi sa l’inglese e guarda i film in originale non dovrebbe denigrare il nostro lavoro ma dare solo un giudizio, aiutarci lì dove e se abbiamo sbagliato. Ma sfido chiunque a dirmi che ho rovinato Tom Hanks [ride].