Politik | la spaccatura

“Arcilesbica come Meloni: fuori da Arci”

Dopo anni di attacchi a causa delle posizioni transfobiche e contro la GPA, i “cugini” di Arcigay mettono in discussione l’appartenenza di Arcilesbica alla famiglia Arci.
Arcilesbica
Foto: gaypost

“Finalmente una posizione chiara verso Arcilesbica che da anni ha assunto gravi posizioni d'odio”. Così Arianna Miriam Fiumefreddo, Presidente di Centaurus commenta la dura presa di posizione di Arcigay e Arci nazionale contro Arcilesbica, che da anni ha assunto posizioni fortemente stigmatizzanti soprattutto nei confronti della comunità trans e delle persone sex worker..
La goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo già da tempo sono state le dichiarazioni della presidente Cristina Gramolini che si è definita d’accordo con le posizioni di Giorgia Meloni, la quale in un’intervista si è scagliata contro la cosiddetta ideologia gender e ha attaccato pesantemente la “gestazione per altri” e l’identità di genere. 

“Sono d’accordo con la Meloni sul fatto che dare la possibilità ad un uomo di dichiararsi donna, al di là di qualsiasi percorso chirurgico, farmacologico e amministrativo, danneggi le donne – ha detto i giorni scorsi Gramolini all’Ansa –. Concordo con il fatto che non si può saltare il corpo sessuato, cioè non si è donna essendo di sesso maschile per la sola autodichiarazione, questo nuocerebbe alla realtà e alle donne, ad esempio negli sport femminili o nelle politiche di pari opportunità”. Posizioni che sono state poi riprese dalla pagina Facebook dell’associazione accompagnate da un post che recita “Donna è chi ha un corpo femminile e qualunque personalità, non una personalità femminile e qualunque corpo”.
 

 

Per comprendere l’inizio di quella spaccatura mai sanata, ben riassunta dall’agenzia Dire, occorre fare un passo indietro fino al 2016. Alla vigilia dell’approvazione della legge sulle unioni civili, nel movimento LGBTQI+ si accende il dibattito sulla maternità surrogata, un elemento che è diventato vero e proprio paradigma all’interno della lettura politica di Arcilesbica che da anni si batte contro quello che considera un “capriccio” camuffato da “falso diritto”. Una posizione fortemente contrastata  Arcigay , Agedo, Famiglie Arcobaleno che rifiutano in toto le argomentazioni di Arcilesbica, accusate di “involuzione ideologica”, così come definite da Sergio Lo Giudice (presidente onorario di Arcigay) e che hanno comportato il loro sfratto dalla storica sede del Cassero di Bologna.

Secondo le attiviste di Arcilesbica, la maternità surrogata rappresenta esclusivamente una nuova forma di mercificazione del corpo delle donne e dei bambini, trasformati in “un esercito di fattrici a pagamento e di neonati oggetto di compravendita”. Un discorso analogo che l’organizzazione applica al sex work.

Se un maschio dice che si sente donna e vuole partecipare ai tornei, con la Zan lo può fare


La frattura si è allargata ulteriormente durante il dibattito sul DdL Zan, poi affossato. In quel contesto Arcilesbica si è schierata apertamente contro il concetto di transfemminismo, affermando che “le lesbiche farebbero meglio a rifiutarlo”. Secondo l’associazione, la lotta congiunta di donne cis e donne transessuali non è alleanza fra persone oppresse, ma ha la colpa di  cancellare l’unicità dell’esperienza femminile omologando sotto un’unica etichetta vissuti troppo diversi fra loro. “Se un maschio dice che si sente donna e vuole partecipare ai tornei, con la Zan lo può fare” aveva dichiarato Gramolini, prendendo in considerazione esclusivamente le donne trans, escludendo scientemente gli uomini che hanno affrontato il percorso di transizione inverso. All’interno del libro ‘Noi le lesbiche’, il testo- manifesto in cui quattro autrici (Flavia Franceschini, Lucia Giansiracusa, Stella Zaltieri Pirola e Sabina Zenobi) assieme a Cristina Gramolini, spiegano dal loro punto di vista la storia di quella frattura: “Il queer decentra le donne – si legge nel testo – nullificando le donne, ora intese come costrutto linguistico instabile e permeabile. Si tratta di un’occupazione di identità, o furto di identità, operata verso l’umanità femminile, in cui noi lesbiche diventiamo a nostra volta solo un nome”.

 

La posizione di Arci

 

Se la frattura era nota ora la spaccatura si è fatta netta. Non solo Arcigay ma anche la stessa Arci nazionale, dopo la manifesta vicinanza a Meloni di Gramolini, mette in discussione la presenza di Arcilesbica all’interno dell’organizzazione ombrello. Lo fa con un duro comunicato, che pubblichiamo integralmente, a cui la Presidente si è detta disponibile ad aprire un dialogo:

“Pochi giorni fa, in occasione di alcune dichiarazioni pubbliche della premier Giorgia Meloni, abbiamo letto un intervento della presidente di ArciLesbica, Cristina Gramolini, che ci ha raggelato. Il tema che tanto Meloni quanto Gramolini affrontavano era quello dell’identità di genere, un tema delicato e complesso, che entrambe le voci hanno brutalizzato, trasformando le persone con disforia di genere in persone capricciose, che per vezzo o provocazione decidono al mattino a quale genere appartenere. O, ancora peggio, come uomini furbi e subdoli (si rivolgono alle persone in transizione dal genere maschile al femminile, quelle dal femminile al maschile vengono metodicamente invisibilizzate) che si travestono da donne per vincere una gara sportiva. Incredibile, insopportabile.
Nelle parole di Meloni troviamo l’antico refrain delle destre, che da sempre descrivono le persone lgbtqi+ come freak, strane, persone alle quali attribuire pratiche e abitudini incomprensibili. Ma trovare lo stesso refrain nelle parole di Cristina Gramolini, che è a capo e parla a nome di un’associazione nata e cresciuta assieme a noi, è gravissimo. Gramolini, infatti, non è nuova all’uso di un linguaggio violento che sistematicamente colpisce le persone gay (accusate di “comprare figli” e “affittare uteri” attraverso la gestazione per altr*) e le persone trans*, adesso però la misura è colma. Se Gramolini non riesce a sostenere una discussione pacata, civile e rispettosa su un tema delicato come la depatologizzazione dei percorsi di transizione, se non riesce a contenere la violenza delle sue espressioni, allora le chiediamo di aprire una riflessione sul senso della sua permanenza nella Federazione Arci, dove invece ogni violenza è respinta e  rispetto e ascolto sono premesse ineludibili, anche quando a confrontarsi sono due posizioni molto distanti, come spesso capita. Perché su tanti temi, nella nostra amplissima comunità, si discute e ci si confronta, anche duramente, ma l’utilizzo di parole cariche di violenza come quelle che abbiamo potuto leggere non possono appartenere alla nostra comunità.
Crediamo sia necessario, a questo punto, aprire un confronto,  per capire dalla diretta interessata quali siano le pratiche politiche dell’ArciLesbica di Cristina Gramolini e per verificare se esiste ancora un minimo comune denominatore per camminare assieme”.