In carcere non si vota
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Nel carcere in via Dante a Bolzano nessun detenuto ha chiesto di poter votare alle imminenti elezioni europee, ed è facile che, da qui a domenica, la situazione non cambi. Per comprendere meglio questo fenomeno bisogna chiedersi se sia un problema di volontà e di fiducia nelle istituzioni o di mala gestione e mala informazione.
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Come funziona il voto in carcere?
Non tutti i detenuti hanno diritto di voto, innanzitutto bisogna essere cittadini di uno degli stati membri dell’Unione europea per partecipare. In un carcere come quello di Bolzano, la cui maggioranza dei detenuti è extracomunitaria, molti sono già per questo esclusi. Inoltre, non tutti i detenuti hanno diritto di voto, perché alcune pene accessorie lo interdicono.
Chi è in possesso dei requisiti per votare deve però farne richiesta, è poi l’amministrazione penitenziaria a provvedere a contattare il Comune di residenza (che può essere diverso da quello in cui si è reclusi) per ricevere la tessera elettorale e permettere la votazione all’interno dell’istituto. Una procedura abbastanza macchinosa che rischia di limitare l’esercizio del diritto di voto. Per questo i Garanti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà della Regione Lazio e di Roma Capitale, Stefano Anastasìa e Valentina Calderone, hanno inviato una lettera aperta al Provveditore della Amministrazione penitenziaria per il Lazio, l’Abruzzo ed il Molise per sollecitare l’attivazione di tutte le procedure necessarie.
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La situazione a Bolzano
A Bolzano, pur essendo la popolazione carceraria per lo più formata da extracomunitari, le persone che avrebbero il diritto di voto ci sono, ma preferiscono non esercitarlo. A raccontarlo è l’ispettore Francesco Lamanna, che lavora all’interno dell’istituto di via Dante. Lamanna spiega che, purtroppo, il non voto tra i detenuti è la normalità: “Nella mia carriera avranno votato non più di 10 detenuti in 30 anni”.
Esiste però il rischio che dietro a queste mancate richieste di votare si celi una mancata informazione, fa notare l’avvocato radicale Fabio Valcanover: “Serve che qualcuno si faccia interprete di questa esigenza e si muova perché venga attivata la procedura, possibilmente prima del giorno del voto”. Non solo, Valcanover, candidato alle europee nel nord-est con Stati Uniti d'Europa, prosegue: “Per votare non solo si deve essere informati sulla possibilità di fare richiesta, ma è necessario materiale informativo anche su candidati e liste”. L’avvocato trentino ha interrogato su questo le amministrazioni penitenziarie di Trento e Bolzano, ma, per ora, non ha ricevuto risposta.
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L’associazione Antigone, che a livello nazionale si occupa di diritti e garanzie all’interno del sistema penale, parla di mancata garanzia al diritto di voto nelle carceri italiane. “Troppo spesso – si legge in questo articolo - il diritto di voto non è garantito alle persone che si trovano in carcere e che pur non hanno pene accessorie interdittive a causa della mancanza di informazione sulle procedure e di meri problemi di disorganizzazione. In competizioni elettorali del recente passato le percentuali di detenuti votanti sono risultate irrisorie (alle elezioni Europee del 2014, ad esempio, votò il 5,5% degli aventi diritto, laddove paese l’affluenza fu pari al 66,43%)”.
Sul carcere di Bolzano Lamanna rassicura: “Vengono informati sul fatto che chi ha ancora il diritto al voto può fare richiesta. Se c’è l’interesse si organizza il tutto, viene il presidente del seggio, che permette ai detenuti di votare, tutto si svolge come una normale votazione”. Sul perché manchi questa volontà Lamanna aggiunge: “Non c'è fiducia nelle istituzioni nelle persone che sono all'esterno, libere di poter votare tranquillamente, figuratevi dentro”.
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