"Segantini, una crepa profonda"
Pubblichiamo di seguito integralmente la lettera firmata dai docenti della scuola media Segantini di Merano.
Si dice che per far guarire una ferita non la si debba toccare. Occorre aspettare che il tessuto cicatrizzi, lasciarle tempo. Quanto accaduto alla Scuola Giovanni Segantini, la nostra scuola, è però qualcosa di più profondo di una ferita, e richiede un ascolto lucido, una presa di coscienza scevra da condizionamenti e preconcetti. Le macchie sui muri, i controsoffitti sbriciolati e le migliaia di litri d’acqua che hanno invaso corridoi e aule lasciando il lavoro nostro e dei nostri studenti penzolare insieme ai cartelloni che si staccano dalle pareti, sono un punto di rottura che non ammette silenzi. Ci ricorda che la scuola non è soltanto l’edificio che è stato sventrato e violentato, non è una somma di danni materiali quantificabile, ma è soprattutto il risultato di una relazione delicata e complicata e, non da ultimo, la cartina tornasole di un tessuto sociale che nella scuola si riflette.
Questa consapevolezza richiede un preciso riconoscimento di tutte le responsabilità in campo, ma anche la valorizzazione della dignità professionale e intellettuale dei docenti. In questi anni difficili non ci siamo tirati indietro di fronte ad alcuna sorta di sacrificio, facendo leva sul nostro senso di responsabilità e certi del nostro ruolo di guida. Nuovi modi di fare scuola seguono una società che si evolve, un’utenza che cambia in una città che modifica il proprio volto. L’illusione che quanto accaduto qualche settimana fa possa essere riferito a una “bravata”, alla sconsideratezza di un momento da parte di improvvisati, crolla dopo questo secondo allagamento. Non è più possibile ignorare una crepa profonda che la scuola registra da tempo e che da tempo, con i mezzi che le sono concessi, cerca con tutti i suoi sforzi di arginare.
Vogliamo considerare la cascata d’acqua che si è infiltrata nei muri, muri che reggono e continuano a vivere, una cesura importante, a cui dare un nuovo significato di costruzione consapevole.
Purtroppo, il lungo elenco di atti simili che si susseguono sul nostro territorio ricompone uno scenario che esige la massima attenzione. Vogliamo considerare la cascata d’acqua che si è infiltrata nei muri, muri che reggono e continuano a vivere, una cesura importante, a cui dare un nuovo significato di costruzione consapevole. In questi giorni concitati noi docenti abbiamo ascoltato quanti hanno avuto voce e parola, senza smettere di lavorare in silenzio.
Abbiamo operato da remoto e poi in presenza adattandoci a una nuova sede che, seppur ci abbia accolti con calore, comporta un’inevitabile spinta di adattamento con sacrifici imposti a tutti gli attori che compongono lo stratificato e complesso mondo scolastico, dagli alunni alle famiglie, ai docenti, ai molti operatori, alle segreterie, fino alla difficilissima gestione dei laboratori e di spazi speciali essenziali per gli alunni più fragili. Si sono resi necessari una turnazione e un imponente lavoro di rivalutazione degli orari. Gli sforzi organizzativi hanno consentito che nella giornata di lunedì, nonostante il secondo allagamento, gli alunni abbiano potuto recuperare il proprio materiale.
Stiamo tentando con ogni mezzo e ogni sforzo di ricostruire quella corda sfilacciata, perché questo è il nostro lavoro e lo facciamo con responsabilità e impegno che non possono dipendere da alcun riconoscimento esterno, una dedizione che nasce da una presa di coscienza profonda. Allo stato attuale, riteniamo che i sacrifici richiesti siano poca cosa rispetto a una constatazione ben più dolorosa: l’attuale precarietà, la necessità di reperire ulteriori spazi, probabilmente distanti dalla sede, da rimodulare e adattare alle nostre esigenze e quella di ridurre il piano orario non ci permetteranno, nonostante tutti gli sforzi e le strategie attuabili, di garantire gli standard di qualità elevati che la nostra scuola si prefigge e ha perseguito negli anni passati. Non abbiamo ancora tutti i materiali, non abbiamo una completa strumentazione tecnica. Questo stato non può essere che transitorio e momentaneo, perché non è fare scuola, né per noi né per i nostri studenti che meritano la massima attenzione e il meglio che è sempre stato loro dedicato.
La reiterazione di atti violenti e distruttivi che si ripetono da tempo nella nostra città pretende una risposta che ci costringe a ripensarci tutti
Costa fatica ammetterlo, costa fatica aspettare e dipendere da soluzioni logistiche alle quali si lega indissolubilmente la direzione di quanto accadrà nei prossimi mesi. Reperire nuovi spazi, garantire le norme di sicurezza, prevedere aree comuni per l’intervallo, stabilizzare le reti wi-fi saranno priorità imprescindibili che richiederanno sforzi condivisi e, ancora più, occorrerà condividere la nostra esperienza con la sapienza del territorio, lavorare in verticalità su differenti livelli scolastici e in orizzontalità perché è sempre più chiaro, a noi specialisti del settore e alla cittadinanza tutta, che la reiterazione di atti violenti e distruttivi che si ripetono da tempo nella nostra città pretende una risposta che ci costringe a ripensarci tutti e che sia frutto di una riflessione profonda e libera da preconcetti, mossa dall’unico intento di costruire nuove prospettive.
Quanto sta accadendo ci ricorda che siamo rete e la rete di relazioni e professionalità, di soggetti e individui, si muove nella spazialità di un territorio che appartiene a tutti. Continueremo a impiegare tutte le nostre forze, a dare fondo a tutte le risorse professionali costruite anche in anni dolorosi, ma dobbiamo prestare attenzione e cura alle parole che usiamo perché è attraverso la parola e l’ascolto che passa e si fonda il rispetto: la prassi didattica è qualcosa di molto più complesso che lo stare seduti nello spazio che intercorre tra una cattedra e qualche fila di banchi.
E in questo momento, più che mai, sentiamo che la nostra professionalità, messa a dura prova e falciata dagli eventi degli scorsi anni, forse non basta: abbiamo bisogno di scelte ponderate. Abbiamo bisogno che la scuola torni a essere intesa come un punto di osservazione sulla società privilegiato, che venga ascoltata, ma anche difesa nel suo cuore più vulnerabile ed esposto.
I docenti della scuola
Patrizia Biagi, Romina Casagrande, Catia Stragliati, Claudia Gallo, Gian Mattia Signorini, Elisabetta Valerio, Sabina Destro, Francesco Spazian, Simona Farenza, Margherita Sanin, Sonia Russo, Valeria Biava, Marta Tedesco, Santino Bonofiglio, Pietro Salvatore Reina, Maddalena Taddei, Maria Grazia Maiorana, Angela Mazzarella, Francesca Aufiero, Simona Basilicata, Teres Marzoli, Barbara Occhinero, Gabriella Cannavò, Giuseppina Florio, Tania Destro, Fabio Mercogliano,Camilla Giunti, Stefano Gigliotti, Fabio Russo, Rosanna Marzulli,Matias Graziola, Cinzia Roman, Marco Palumbo, Zaira Angela Di Gregorio,Ileana Irpo, Elisa Amati, Chiara Tavani, Rovena Korreta, Vincenza Ruggiero, Elisa Delli Ponti, Luciana Renzi, Barbara Mallarini, Marianna Giugliano, Marco Ortolani