Gesellschaft | Referendum

“Votiamo sì per proteggere chi lavora”

L’appello alle urne della segretaria provinciale della CGIL Cristina Masera. “Licenziamenti illegittimi e precarietà sono diffusi anche in Alto Adige, con questo referendum diamo più responsabilità a chi assume di garantire la sicurezza negli appalti”.
Masera CGIL referendum
Foto: CGIL - AGB Facebook
  • SALTO: Segretaria Masera, domenica 8 e lunedì 9 giugno si vota per i referendum abrogativi, di cui quattro quesiti riguardano il mondo del lavoro. Che messaggio vorrebbe mandare ai lavoratori e alle lavoratrici che ancora sono indecisi se andare a votare o meno questo weekend?

    Cristina Masera: Vorrei mandare un messaggio a tutti, anche a quelli che non sono lavoratrici e lavoratori ma che sono studenti e studentesse e che sono pensionati e pensionate, è di recarsi alle urne, perché votare per il referendum in questo caso è aiutare chi avrà una conseguenza diretta e pensare al proprio futuro o al futuro dei propri nipoti. Il referendum è un modo democratico previsto dalla nostra Costituzione per cambiare le cose con la partecipazione diretta, ma c'è questo quorum molto alto che richiede una mobilitazione collettiva, un impegno di tutti per migliorare le condizioni di lavoro di tanti.  

    Partiamo dai primi due quesiti referendari, che si occupano dei licenziamenti illegittimi, cosa viene proposto con la modifica dell’attuale normativa?  

    Il primo quesito riguarda chi subisce un licenziamento illegittimo ed è assunto in imprese con più di 15 dipendenti, l’obiettivo è di cancellare una legge che ha introdotto una disparità. Oggi, infatti, c’è una differenza tra chi è stato assunto prima e dopo il 7 marzo 2015, che sono in Italia oltre 3 milioni e mezzo: chi è stato assunto dopo non ha più diritto al reintegro nel posto di lavoro anche se un giudice dichiara il licenziamento illegittimo. Questo vale anche nei licenziamenti collettivi, creando così una disuguaglianza tra lavoratori in base alla data di assunzione. Il referendum serve a ripristinare pari diritti per tutti, a prescindere da quando si è stati assunti.

    Invece il secondo quesito? 

    Il secondo referendum riguarda i licenziamenti illegittimi nelle imprese con meno di 15 dipendenti. Oggi, in questi casi, un giudice non può decidere il reintegro, ma solo stabilire un risarcimento, che però è bloccato a un massimo di 6 mensilità, anche se il licenziamento è stato riconosciuto come illegittimo. Il punto è che, così com’è ora, un imprenditore – non virtuoso, ovviamente – può già mettere in conto di cavarsela con 6 mensilità e andare avanti con un licenziamento anche ingiusto. Invece, se il giudice avesse il potere di decidere liberamente l’entità del risarcimento, ci sarebbe un doppio effetto positivo: il lavoratore potrebbe essere risarcito meglio e, soprattutto, si creerebbe un deterrente vero contro i licenziamenti illegittimi, perché il datore di lavoro non saprebbe quanto potrebbe venirgli a costare.

  • Il segretario nazionale Maurizio Landini durante un intervento a Bolzano per promuovere il referendum. Foto: SALTO
  • Questi casi di licenziamenti illegittimi capitano anche qui in Alto Adige?

    Certamente,capitano anche qui in Alto Adige, non siamo così esenti dalla presenza di certi imprenditori non corretti. Siamo nel 2025, una buona fetta di lavoratrici e lavoratori sono stati assunti negli ultimi 10 anni da imprese anche con più di 15 dipendenti ha questo tipo di contratti, quindi, direi che una buona fetta è anche in Alto Adige. Per fortuna non sono casistiche che riguardano tutti i lavoratori, però esistono, ci sono e in qualche modo penso che vadano protetti dall'ingiustizia. 

    Passando al quarto quesito, cosa si propone di cambiare nell’ambito della sicurezza sul lavoro negli appalti? 

    Oggi, se un lavoratore si infortuna mentre lavora per un’azienda appaltatrice, la responsabilità ricade solo sul datore di lavoro diretto, cioè sull’azienda appaltatrice, non sul committente che ha affidato il lavoro. Noi invece vogliamo tornare a una situazione in cui il committente è responsabile in solido, cioè condivide la responsabilità con l’appaltatore.

    Cosa comporterebbe questo? 

    Significa che chi affida un lavoro in appalto, sapendo di poter essere chiamato in causa in caso di infortunio, avrà tutto l’interesse a scegliere aziende serie, che rispettano le norme sulla sicurezza, che sono solide e affidabili. Oggi invece questa responsabilità non c’è, e quindi spesso chi appalta guarda solo al risparmio, non a come vengono trattati i lavoratori o a quanto è sicuro quel cantiere. Il problema è che ci sono aziende anche in Alto Adige che fanno concorrenza al ribasso sulla pelle dei lavoratori, tagliando i costi proprio sulla sicurezza. E questo penalizza chi invece le regole le rispetta. Se invece la responsabilità venisse estesa anche al committente, tutti – non solo per legge, ma anche per buon senso – sarebbero più attenti a come si lavora, a chi si dà l’appalto, e a far sì che la sicurezza non venga mai messa da parte. Anche perché in Italia l’appalto può essere subappaltato all’infinito, e quindi serve una catena di responsabilità che tenga tutti coinvolti.

  • La segretaria Cristina Masera durante un volantinaggio per il referendum al mercato del sabato in Piazza Vittoria. Foto: CGIL ASB Facebook
  • Quale settore utilizza più diffusamente gli appalti? 

    In Alto Adige, il settore con più appalti è sicuramente l’edilizia. Come hanno mostrato anche i controlli della Guardia di Finanza, ci sono aziende in cui quasi tutti i lavoratori risultano in nero. Ora, se un committente affida un lavoro a un’azienda del genere, con la norma che vogliamo ripristinare sarebbe corresponsabile della sicurezza di quei lavoratori. Queste situazioni, purtroppo, esistono davvero anche sul nostro territorio. Certo, ci sono aziende virtuose, ma soprattutto nell’edilizia ci sono casi gravi, con mancanza di sicurezza, lavoratori non in regola, norme non rispettate. Infatti, spesso, quando avvengono infortuni gravi o mortali, emerge che le norme non erano rispettate. La corresponsabilità non solo tutela i lavoratori, ma tutela anche la società, perché poi è la collettività che si fa carico delle conseguenze, delle cure, del sostegno alle vittime.

    Il quesito che coinvolge più persone è quello legato ai contratti a tempo determinato, di che si tratta?

    Il terzo referendum riguarda i contratti a tempo determinato e, insieme a quello sulla sicurezza, tocca un numero molto ampio di lavoratrici e lavoratori. Pensiamo che in Italia ci sono circa 2 milioni e 300mila contratti a termine, e anche in Alto Adige i numeri sono alti: stando ai dati del 2024, su oltre 237.000 lavoratori dipendenti, solo circa 167.000 erano a tempo indeterminato. Quindi circa 70.000 lavoratori sono a termine, parliamo di un fenomeno che riguarda davvero tante persone.

    Cosa cambierebbe per i contratti a termine?

    Ora, non si tratta di eliminare del tutto il lavoro a termine, ma di reintrodurre l’obbligo delle causali: cioè il datore di lavoro dovrebbe indicare per quale motivo concreto assume a tempo determinato. Per esempio, una sostituzione per maternità è una causale legittima, perché la lavoratrice ha diritto a rientrare nel suo posto. Allo stesso modo, un contratto a termine può avere senso in caso di picchi di lavoro, per rispondere a un’esigenza temporanea. Quello che si contesta è l’uso indiscriminato dei contratti a termine, senza una vera ragione. Oggi molti giovani – e anche molte donne – entrano nel mondo del lavoro solo attraverso contratti precari, e questo crea instabilità e insicurezza. Non puoi pianificare nulla: nemmeno affittare una casa, figuriamoci chiedere un mutuo. Il contratto a tempo indeterminato, tra l’altro, prevede già un periodo di prova, quindi non c’è motivo di usare il contratto a termine come strumento standard per “testare” i lavoratori. Con la reintroduzione delle causali, si ridurrebbe di molto il ricorso ai contratti precari, e sarebbe un cambiamento concreto per tantissime persone, che potrebbero finalmente pensare al loro futuro con un po’ più di stabilità.

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Hans Punter Fr., 06.06.2025 - 11:16

Il Jobs Act di Renzi era una riforma in linea con i tempi e volto a flessibilizzare un mercato del lavoro oltremodo ingessato. Discutere si puo`di tutto pero`metterei in guardia di affossarlo tout court.

Fr., 06.06.2025 - 11:16 Permalink