“Io, parrucchiera, e la vita sospesa”
“Ho 38 anni, taglio i capelli da quando ne avevo 14 ed è la prima volta che non lavoro per così tanto tempo, dopo due mesi ora non vedo davvero l’ora di ricominciare”. Debora Rizza fa la parrucchiera e ha un negozio - che porta avanti da sola - in via Milano, a Bolzano. Prima che i suoi piani venissero disfatti e riscritti dalla crisi pandemica e il lockdown congelasse ogni ambizione aveva deciso di allargare la sua attività, “con un tempismo davvero sfortunato”, prendendo in affitto un locale attiguo al suo.
Nella fase 2 parrucchieri e centri estetici, “panchinati” come molti altri dal fattore-coronavirus, saranno fra gli ultimi a ripartire, il 1° giugno, a meno che non venga confermata la riapertura di alcuni esercizi commerciali del settore già dal 18 maggio, ipotesi ventilata nelle ultime ore dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. In ballo c’è anche una terza data: quella dell’11 maggio, come prospettato dal disegno di legge provinciale che sarà trattato oggi in consiglio. “Troppa incertezza”, dice l’imprenditrice, sintetizzando lo smarrimento che attraversa la condizione di tutta la categoria, una delle più colpite dall’emergenza legata al Covid-19.
Un gancio imprevisto
Debora ha abbassato la saracinesca un paio di giorni prima del 12 marzo, quando il governo ha decretato la chiusura delle attività commerciali non essenziali. “Di questo virus si sapeva poco, e qualche avventore, magari con lievi sintomi influenzali, si presentava lo stesso in negozio. Ho due figli piccoli e non me la sentivo di rischiare”.
Due mesi di chiusura sono stati lunghi, complessi anche dal punto di vista finanziario, “all’inizio ero terrorizzata, molte spese continuavano e continuano a correre mentre gli incassi improvvisamente si azzerano”, confessa la hair stylist. I 600 euro di bonus a sostegno dei lavoratori autonomi previsto dal decreto “Cura Italia” fanno da toppa, ma il vero aiuto, inatteso, arriva attraverso un altro canale, una piattaforma senza scopo di lucro, myfavouriteplace.help, messa in piedi da un gruppo di cittadini, che funziona in sostanza così: si paga in anticipo per un servizio di cui si usufruirà in seguito, o come viene esplicitato sul sito ufficiale: “Compra un buono ora, riscattalo più tardi e aiuta il business della tua regione a superare la crisi. Sostieni ristoranti, negozi, parrucchieri, fisioterapisti e altre attività locali”.
“Mi ha commosso la grande dimostrazione di affetto da parte delle mie clienti - racconta Debora -, grazie alla loro generosità ho potuto tirare un po’ il fiato in questo periodo così complicato”. Ma la mappa della solidarietà è ancora più fitta. “In questi mesi non ho pagato l’affitto dei saloni, i due proprietari mi hanno detto che ci sarà tempo per farlo”. Un supporto che, insieme al tempo ritrovato con la famiglia, fa scorrere i giorni alleggerendo il peso dell’interruzione forzata.
Il post-quarantena
Accanto alla volontà scalpitante di tornare subito al lavoro, per la gioia delle signore impazienti di rifarsi il look, c’è la necessità, non semplice, di riorganizzare l’attività. “Si fa fatica ad ordinare i presidi richiesti, molti materiali sono ancora difficili da trovare, come disinfettanti, guanti e mantelline”. Senza contare i costi. “Saremo noi parrucchieri a dover mettere a disposizione le protezioni e dotarci fra le altre cose anche del termometro frontale, che in farmacia ho trovato al prezzo di 120 euro, potrei ordinarlo online spendendo meno ma se poi non arriva in tempo?”. Regola vuole che all’ingresso del negozio i clienti debbano farsi misurare la febbre e chi ha più di 37,5 verrà “isolato all’interno del salone in attesa dell’intervento del sistema sanitario pubblico o invitato a lasciare immediatamente il salone”.
Non è il contagio che temo perché lavorerò bardata come un palombaro, ma la potenziale perdita di clienti
Al momento dell’accoglienza saranno registrati nome e cognome e numero di telefono, data e orario della visita, operatore assegnato, al fine di ricostruire i contatti - sia del cliente che del personale - in caso di futura insorgenza di casi di positività da Covid-19 (i dati saranno utilizzati solo ai fini della tutela della salute pubblica e conservati per il tempo strettamente necessario). È questa una delle indicazioni elaborate dalla CNA - che in Alto Adige conta circa 140 parrucchieri e barbieri associati e una sessantina di estetiste - per la ripartenza. L’orario di lavoro sarà allungato (dalle 7 alle 21, non più 5 giorni su 7 ma 6 su 7); si taglieranno barba e capelli solo su appuntamento; occorrerà mantenere una distanza minima fra le postazioni di 2 metri; non dovrà esserci alcun assembramento in sala d’attesa e mascherine e guanti saranno obbligatori per tutti, dal cliente all’operatore.
Nei locali ci saranno nuove direttive e verranno applicate più rigorosamente prassi già in uso: igienizzazione delle superfici, gel disinfettante per i clienti, asciugamani usa e getta, camici monouso, sterilizzazione degli strumenti di lavoro e delle poltrone. E mentre ci si orienta fra regole, obblighi e divieti le paure salgono a galla. “Non è il contagio che temo perché lavorerò bardata come un palombaro [ride, ndr], ma la potenziale perdita di clienti - argomenta Debora -, se prima del lockdown potevo occuparmi di 12 postazioni al giorno, quando riaprirò scenderanno a 6, per rispettare le precauzioni. Dovrò aumentare i prezzi per colmare le perdite di guadagno, col rischio di lasciare campo libero ai parrucchieri abusivi, che in questi due mesi si sono dati molto da fare”. A prevalere sull’insicurezza, però, è un diffuso senso di ottimismo, chiamato anche resilienza: “Dovremo rinnovare l’approccio, i clienti andranno fidelizzati offrendo un servizio più esclusivo, di qualità ancora maggiore. Ci rialzeremo, ne sono sicura”.