de gasperi
Foto: F. De Gasperi
Politik | La mostra

De Gasperi nell’album di famiglia

A Trento le foto private del "quasi santo" poco amato in Alto Adige. I sudtirolesi non saranno d'accordo ma intanto la strada verso la canonizzazione prosegue. Il vescovo Maffeis lo paragona a Mosè per le analogie nelle parabole esistenziali dei due.
  • Un giornalista che si è riciclato politico, come tanti? Uno statista, come pochi? Un santo, come pochissimi?

    Anche se i sudtirolesi non sono affatto d’accordo, la strada verso la canonizzazione di Alcide De Gasperi (1881 – 1954) già proclamato Servo di Dio per le sue virtù, non è chiusa. Sant’Alcide potrebbe ancora diventare, in un prossimo futuro, ora che la causa canonica è passata dalla diocesi di Trento a Roma.

    Intanto, è stata inaugurata a Trento, Palazzo Trentini di via Manci (dal presidente del Consiglio provinciale Claudio Soini) una mostra fotografica (“Alcide De Gasperi Album di famiglia”) che ci restituisce l’Alcide privato, famigliare (“anche umano” ha concesso l’ineffabile presidente della Provincia di Trento Fugatti).

    Alcide con gonnellina, come si usava, a un anno. Alcide a Pompei in viaggio di nozze con Francesca. Alcide con Francesca e cane sulle Dolomiti (ed è un Cesare Pavese spiccicato). Alcide prigioniero malato a Roma, con un altro cane. Alcide con figlie e suocera, a Sella Valsugana. Alcide con famiglia e famiglia di pecore. Le quattro figlie (una suora), il cognome illustre non si propagherà nel tempo. Sempre serio, talora accigliato, i sorrisi strettamente contenuti al minimo della cortesia verso il fotografo. Uno dei rari sorrisi davanti a una fabbrica di Detroit (settembre 1951). Alcide all'Acropoli di Atene. Alcide in braghe alla zuava. Con la zappa. Sul campo di bocce col nipotino Giorgio. L'ultimo saluto dal poggiolo di legno della casetta di Sella Valsugana), così diverso dal balcone di Piazza Venezia di Mussolini (un altro che è passato da Trento prima di fare carriera).

     

    Fotografie di un santo? Il vescovo trentino (anzi, rendenèro) di Perugia Ivan Maffeis, già direttore del settimanale diocesano Vita Trentina, ha dato tre settimane fa una spinta forte in quella direzione. Fin dal titolo della lectio che ha tenuto il 18 agosto a Pieve Tesino, per il 70° della morte del politico trentino: “Profezia degasperiana - Il deserto della democrazia e la rinascita della politica”.

  • Alcide De Gasperi: Lo statista trentino con la famglia. Foto: F. De Gasperi

    Dice Maffeis: "Come gli antichi profeti, ha indicato una strada e un metodo politico che vanno oltre la sua stessa esistenza. De Gasperi non ha mai usato invano il nome di Dio, ma ha accettato e assunto la propria condizione di politico cattolico come una vocazione. Lo ha ripetuto a sé e ai suoi cari molte volte. Sentiva di non aver altro destino. In una lettera alla moglie, inviata nel 1927 dal carcere romano di Regina Coeli scrive: “Rifaccio con la memoria l’ingrato cammino di questi ultimi anni e penso se potevo fare altrimenti. E mi pare di no. Ho resistito fino all’ultimo sulla trincea avanzata dove mi aveva chiamato il dovere, ma era proprio la mia coscienza che me lo imponeva, le mie convinzioni, la dignità, il rispetto di me stesso. Ci sono molti che nella politica fanno solo un’escursione, come dilettanti” (ammetto che quando l’ho sentita recitare questa frase, nel video della mostra a Palazzo Trentini, dove ho resistito solo due anni della scorsa legislatura, mi sono sentito condannato da Sant’Alcide all’inferno degli inguaribili dilettanti, ndr) “ed altri che la considerano come un accessorio di seconda importanza. Ma per me, fin da ragazzo, era la mia carriera o, meglio, la mia missione”.

    "Come Mosè non entrerà nella Terra Promessa, la scruterà soltanto da lontano, prima di morire in solitudine, lontano da quel popolo per il quale si era speso senza misura"

    Maffeis lo paragona a Mosè per le analogie nelle parabole esistenziali del profeta biblico e del leader trentino: "Mosè, la guida, il legislatore, il profeta con cui “il Signore parlava faccia a faccia come uno parla con il proprio amico”, non entrerà nella Terra Promessa, la scruterà soltanto da lontano, prima di morire in solitudine, lontano da quel popolo per il quale si era speso senza misura".

    Così De Gasperi morirà in un momento poco esaltante per la politica italiana e per quella europea. Stanco e deluso per non aver raggiunto gli obiettivi di concordia nazionale e di elevazione spirituale che si era dato come missione. Nessun riferimento, nella lectio di Maffeis, all’autonomia, alla Regione, ai “cugini” di Bolzano. È un De Gasperi italiano ed europeo che si staglia. Sulle orme di Mosè. Nessuna traccia di Magnago.

     

    Maffeis l’ha criticato, su “Il Dolomiti”, il giornalista romano con ascendenze trentine Enrico Rufi, già voce di Radio Radicale e autore di “L’alleluja di Susanna”: "Si domanda l’arcivescovo trentino in conclusione della sua peraltro a suo modo originale e ben scritta Lectio degasperiana che cosa farebbe oggi De Gasperi, che cosa direbbe, quale sarebbe la sua parte. Cioè, tradotto, quanto e come riterrebbe di dover difendere l’Ucraina aggredita da Putin, e quanto e come assicurerebbe la sopravvivenza di Israele, anche se mai viene menzionato lo Stato di Israele e mai neppure viene menzionata l’Ucraina in una dissertazione che pur spazia tra Europa unita, pace e democrazia. Il relatore non si sbilancia, non prende il rischio di suggerire, anche timidamente, una risposta. Per umiltà, diranno i suoi fan". Ma è un’umiltà un po’ troppo umile… i vescovi hanno le loro responsabilità e devono prendersele, osserva Rufi, ruvido.

    Dal canto suo, invece, lo storico roveretano trapiantato a Roma (al Cnr) Maurizio Gentilini ha ricordato sull’Adige del 5 settembre che Angelino Alfano, presidente della Fondazione De Gasperi (no, non è una battuta, Alfano è il custode degasperiano, ndr) rammentava il passaggio di competenza - nel 2022 - nella gestione della causa dall'Arcidiocesi di Trento al Vicariato di Roma.
    Un passaggio che ha sortito un rinnovato slancio nelle indagini e nella raccolta e selezione dei documenti che dovrebbero attestare le “virtù eroiche” e la “fama di santità” del candidato, attualmente Servo di Dio. Un iter che - se concluso positivamente - prevede il successivo passaggio al Dicastero vaticano delle Cause dei Santi per le ulteriori fasi del processo».
    Secondo Gentilini, nihil obstat per quanto riguarda la questione sudtirolese: "Note sono le polemiche e le obiezioni avanzate in passato da alcune componenti del mondo civile ed ecclesiale sudtirolese a proposito delle presunte responsabilità di De Gasperi intorno alla impostazione e alla gestione della questione altoatesina. I documenti, la storiografia e la maturazione culturale e politica collettive dovrebbero aver ampiamente superato questi elementi e il relativo dibattito. Saltuariamente viene riacceso il dibattito su presunti sentimenti e pregiudizi antisemiti di De Gasperi: un'analisi non strumentale dei contesti e dei fatti escluderebbe che tali accuse possano ostacolare l'iter della causa".

    Il riferimento è al recente libro di Augusto Sartorelli (Editrice Clinamen) “L’antisemitismo di Alcide De Gasperi – Tra Austria e Italia”. Libro che si presenta con una tesi molto netta: "De Gasperi fu antisemita. Il suo antisemitismo, sia pure non biologico-razziale, si manifestò con la parola e con gli scritti fin dagli esordi della sua militanza politica nel Tirolo asburgico e poi a Vienna nel corso degli anni universitari, e riaffiorò durante il suo esilio di antifascista presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, nei commenti di politica internazionale sull’Osservatore Romano e nel periodo di gestazione della legislazione razziale fascista. De Gasperi fu antisemita perché antisemita era la cultura del tempo ma soprattutto perché antisemita era la Chiesa".

  • L'inaugurazione: Un momento dell'inaugurazione della mostra Foto: pgh
  • Certo, allora l’Europa ereditava secolari, diffusi e trasversali sentimenti antisemiti, e De Gasperi, pur essendo quasi santo, non ne era esente. Peraltro tali sentimenti circolano ancora oggi vigorosamente, purtroppo rafforzati dalla sciagurata, criminale politica del governo israeliano a Gaza in risposta al criminale pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023.

    Comunque, nessuna traccia di questa polemica, e neppure della questione sudtirolese, nella mostra di Trento, curata da Paolo Magagnotti che è stato collaboratore di Maria Romana De Gasperi (all’inaugurazione era presente il figlio Paolo Catti, che del nonno ricorda poco ma non ha dimenticato “le caramelle tonde e colorate che mi dava”), da Marco Odorizzi della Fondazione De Gasperi e Elena Tonezzer del Museo storico di Trento, con il coordinamento organizzativo di Chiara Bertolini. L’album di famiglia è per sua natura intimo e “apolitico”.
     

    In uno sterminato articolo sull’Adige dell’8 aprile 1973, il non candidato alla santità Flaminio Piccoli (nato profugo a Kirchbichl in Austria, il 28 dicembre 1915), parlando di Degasperi (lo scriveva tutto attaccato, a rigor d’anagrafe) sottolineava le amarezze che ne contrassegnarono la vita politica (“niente gli fu regalato”), tra complicati governi nazionali e faticose prospettive europee. E neppure Piccoli, in quell’articolessa torrenziale, degnava del minimo accenno le questioni regionali e sudtirolesi, certo un fantasma ingombrante anche per “zio Flam”. Che comunque testimoniava l’umiltà, la fede e la “cristiana lealtà” di De Gasperi, richiamandosi esplicitamente alla parabola evangelica: "La vicenda amara dei lavoratori della vigna conosce i raccolti anche gloriosi, ma patisce a regolari intervalli la tempesta che finisce per essere il segno di Dio sulla fatica onesta".

    "Lo sguardo di Alcide nelle foto della mostra trentina mostra forse purezza, certamente un po’ di tristezza ma anche la durezza di uno sguardo affilato dalla ferocia della politica".

    Un altro autorevolmente straconvinto della santità di Alcide era l’arcivescovo di Trento (veneziano di nascita) Alessandro Maria Gottardi, il vescovo del Concilio, che nel centenario della nascita dello statista, il 3 aprile 1981 a Pieve Tesino, diceva, con toni solenni, che la Bibbia (il riferimento specifico è al secondo libro della Sapienza, 2, 12-22) prevede le sofferenze dell’uomo di Dio, dell’uomo che cerca la giustizia sulla terra: "...quando compare il giusto, sempre vi saranno degli empi accecati dalla malizia, pronti a contrastarlo “con ragionamenti errati. Essi infatti non conoscono i segreti di Dio… Se è figlio di Dio, questo giusto, egli l’assisterà, lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova per conoscere la sua mitezza e pazienza, per saggiare la sua rassegnazione”. La vita di De Gasperi fu fino all’ultimo un modello di questa vittoria dell’uomo giusto, che non attende quaggiù alcun riconoscimento, ma da Dio “spera salario per la santità, e crede che c’è una ricompensa per le anime pure”.

    Lo sguardo di Alcide nelle foto della mostra trentina mostra forse purezza, certamente un po’ di tristezza ma anche la durezza di uno sguardo affilato dalla ferocia della politica. Non penso, francamente, che gli eventuali visitatori sudtirolesi di “De Gasperi Album di famiglia” ne saranno convertiti al culto: non avvertiranno, credo, alcun profumo di santità. Certo, rispetto alla politica italiana di oggi e ai suoi ridicoli ministri, la serietà di De Gasperi, sia giovane sia anziano, risalta come una stella di una galassia lontana. Sono passati solo 70 anni ma pare un millennio. In confronto a Sangiuliano, sant’Alcide sembra appartenere a una diversa specie umana. Ora pro nobis, in ogni caso.

Interessanterweise wird der üble Antisemitismus des Degasperi, der ein großer Verehrer des Simonino von Trient war, in den verschiedenen Laudationes immer vollkommen ausgeklammert. Auch sein gegen alle Slawen gerichtete Rassismus wäre eine Erörterung wert.

Sa., 07.09.2024 - 13:55 Permalink

Zum Glück geht mir mittlerweile die katholische Kirche am A... vorbei. Ist ja lächerlich wenn sogar solche "Persönlichkeiten" wie De Gasperi selig gesprochen werden sollen! Der hat ja immer nur gegen Südtirol gearbeitet und alles daran gesetzt, den Südtirolern Steine in den Weg zu legen und das als Welschtiroler!

So., 08.09.2024 - 15:23 Permalink

Il grande errore di voler insistere sull'annessione all'Italia del Sudtirolo ma soprattutto di non permettere a tanti italiani in Alto Adige che avevano fatto richiesta di emigrare altrove non fa di questo personaggio un santo. Del resto, quale politico lo è? Sui santi Simonini - menzogne svelate da studiosi appartenenti alla comunità ebraica di Merano, decimata- anche occorrerebbe riflettere parecchio. O sugli slavi, tema poco trattato. D'altra parte abbiamo santificato di peggio

So., 08.09.2024 - 15:57 Permalink

Degasperi hat den Antisemitismus von seinem väterlichen Freund, dem Trientner Bischof Endrici vermittelt bekommen. In Wien des Bürgermeisters Lueger hat er seinen Antisemitismus weiterentwickelt und dort auch Vorträge über den Simonino von Trient gehalten. Österreich hat den Antisemiten Lueger, trotz seiner unleugbaren Verdienste vor allem im sozialen Bereich, zur Persona non grata erklärt, Italien will den ebenso üblen Antisemiten und Nationalisten Degasperi zum Heiligen verklären. Zu Beginn des Ersten Weltkrieges war Degasperi zunächst auf der Seite Österreichs, weil seiner Meinung nach die "slawische Gefahr" bekämpft werden müsse. Dann hat er, wiederum auf Anraten seiner väterlichen Freunde Bischof Endrici, radikal die Meinung geändert und sich gegen Österreich und vor allem gegen Tirol entschieden, angeblich eine Spätfolge der Prügel, die er während der "fatti di Innsbruck" erlitten hat, wo er als Provokateur aufgetreten war.

So., 08.09.2024 - 17:56 Permalink