America
Foto: Simonetta Nardin/SALTO
Politik | Cartoline dagli US/3

We are going back

L’America non era pronta per una donna? Non sapremo mai se un candidato diverso avrebbe fatto meglio. Impressioni dalla notte elettorale a Washington.
  • È l’una di notte quando dal campus di Howard University annunciano che la vicepresidente stanotte non parlerà. Si sapeva che sarebbe stata un’elezione ravvicinata e che in molti Stati sarebbe stato difficile, se non impossibile, proclamare un vincitore nel corso della notte. Non so a quale punto della serata elettorale il mio gruppo - che definirei urban educated upper middle class -  è passato dalla cautela nascosta nei “non sapremo per un po’ come andrà” al pessimismo - credo sia successo alle prime proiezioni della Georgia. L’unica che è andata a dormire conservando la speranza è stata Lynn, che ha passato gli ultimi fine settimana a bussare alle porte di piccole contee della Pennsylvania - con la precisione chirurgica che la registrazione delle preferenza per un partito concede a chi fa campagna elettorale qui - e che racconta di elettori repubblicani che hanno giurato di non poter mai votare Trump dopo l’assalto al Capitol. Evidentemente moltissimi altri hanno ben digerito quell’evento. 

  • Foto: Simonetta Nardin/SALTO
  • L’amara verità, dice una dem veterana di campagne elettorali di Hillary Clinton, è che avremmo dovuto candidare un maschio bianco per giocarcela con Trump. Sentirle dire questa cosa - l’equivalente di “l’America non è pronta per una donna” che sentiremo all’infinito nei prossimi giorni - ti fa amaramente considerare se vincere strategicamente è davvero meglio di vincere perché hai scelto il candidato giusto. 

     

    L’amara verità, dice una dem veterana di campagne elettorali di Hillary Clinton, è che avremmo dovuto candidare un maschio bianco per giocarcela con Trump. 

     

    Ma poi, ovviamente, non sapremo mai se un candidato diverso avrebbe fatto meglio. Le donne, tante donne, hanno votato, forse non come sperava uno spot elettorale democratico (l’equivalente moderno del “nel segreto dell’urna dio ti vede, Stalin no” con i mariti nella parte del baffone) - ma Trump ha corteggiato il voto giovanile maschile e anche loro sono andati a votare. Ha corteggiato anche gli elettori e le elettrici rurali - con un divario campagna città sempre più profondo, che potrebbe aver pesato più del colore della pelle in Georgia. Il divario - il barstool - dei titoli di studio. La guerra in Gaza e in Libano e l’impatto sugli elettori di origine araba in Michigan. L’immigrazione illegale. Ce n’è per ore e ore di commenti, e senza dubbio tutte le analisi avranno un briciolo di verità - compresa quella più feroce per il sogno americano, che punta alla nostalgia per un Paese più bianco e più tradizionale. Io, dopo una settimana passata a stupirmi continuamente dell’aumento dei prezzi qui a Washington (e nonostante io viva nella città notoriamente più cara d’Italia!) concordo con quanti puntano sull’inflazione come principale motivo per il quale la gente non ha manco considerato tutto il bene che le politiche economiche di Biden hanno fatto - ma vede solo lo stipendio che non basta. Aggiungete la memoria selettiva che distingue noi elettori, che rimanda a un tempo pre-pandemia in cui tutto era meno caro e più semplice, e la crocetta per il candidato che ci riporta a quel periodo sembra venire da sola. We want to go back, sembrerebbe.

  • Foto: Simonetta Nardin/SALTO
  • Anche i moltissimi negozi ed esercizi commerciali vuoti nel centro finanziario della città ricordano le ferite ancora aperte del Covid. Alcuni dei ristoranti nei dintorni della Casa Bianca hanno messo al riparo le vetrine coprendole con assi di legno. Sembra che, almeno per questa notte, la città rimarrà calma e queste precauzioni non serviranno. Servirà ben altro in un paese così drammaticamente diviso. Ora sta per parlare, Trump, ma è davvero tardi, o forse troppo presto, per ascoltare quello che non serve. Facciamo come Kamala, andiamo a dormire.