Gesellschaft | giudice di pace

Una riforma a metà

La riforma Cartabia ha introdotto alcune novità per i processi davanti ai giudici di pace, senza sciogliere alcuni nodi cruciali per diminuire la lunghezza dei processi
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Foto: (c) unsplash

Con la riforma Cartabia da inizio marzo sono entrate in vigore alcune modifiche sulla disciplina che regola la figura del giudice di pace. I cambiamenti si collocano in un disegno di riforma più ampio, che ha l’obiettivo di semplificare il processo ordinario di primo grado, per tentare di velocizzare l’intera macchina processuale, sempre più lenta a causa della grande mole di processi e della carenza di organico. Per rispondere agli avvertimenti dell’Unione europea e rispettare gli accordi per l’erogazione dei fondi legati al PNRR, l’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia aveva previsto di potenziare alcune delle competenze del giudice di pace, innalzando il limite previsto per le liti sui beni mobili da 5000 a 10000 euro e da 20000 a 25000 euro per le controversie in materia di risarcimento dei danni da circolazione dei veicoli e natanti. Si tratta di un primo tassello di un progetto che, per i prossimi anni fino al 2025, intende dare maggiore spazio alla magistratura onoraria, con un notevole potenziamento della figura del giudice di pace che già da ora, però, lascia aperte alcune questioni fondamentali sul trattamento lavorativo e sulla necessità di ampliare l’organico.

 Si tratta di un primo tassello di un progetto che, per i prossimi anni fino al 2025, intende dare maggiore spazio alla magistratura onoraria

A questo ruolo infatti non si accede tramite concorso, come avviene per i magistrati ordinari, ma è necessario soddisfare alcuni requisiti che ricomprendono una serie di titoli comunque necessari per garantire professionalità e competenza, alle quali spesso, però, non si affianca un’adeguata prospettiva salariale e contributiva. Tale anomalia ha attirato da tempo le critiche dell’Unione Europea e già nel 2016 l’Unione aveva avviato una procedura di infrazione contro l’Italia, culminata nel 2021 con una lettera di messa in mora, a causa dell’incompatibilità del trattamento lavorativo della magistratura onoraria con la normativa europea. La pronuncia più recente della Corte UE è arrivata solo nella scorsa primavera, a distanza di poco meno di due anni dalla precedente sentenza sul tema, che aveva riconosciuto ai giudici di pace l’inquadramento come dipendenti a tempo determinato, ma ad aprile 2022 la Corte ha ribadito il contrasto tra disciplina italiana e europea, soprattutto in merito alle istanze relative al welfare, come ferie e adeguamento pensionistico, di cui anche i giudici di pace dovrebbero poter godere. La pronuncia ha permesso di segnare un altro punto a favore dei giudici di pace, ma la questione resta aperta, nonostante la parziale regolarizzazione di alcuni aspetti ad opera del Governo Draghi.

La situazione altoatesina

 

La maggiore centralità della figura del giudice di pace, auspicata dalle riforme della materia processuale, porterà, quindi, inevitabilmente ad ampliare il dibattito che coinvolge tutte le Regioni, non ultimo il Trentino-Alto Adige. Nelle due province, grazie anche all’Autonomia, i giudici di pace godono di maggiore attenzione: in Alto Adige gli uffici sono ben distribuiti su tutto il territorio, mentre report e conferenze tengono alta l’attenzione durante l’arco dell’anno. Anche nella provincia di Bolzano, però, tali uffici si scontrano con la carenza di organico diffusa nel resto d’Italia, ripercuotendosi sugli svariati compiti dei giudici, tra i quali si annovera anche la convalida del provvedimento di espulsione dello straniero, accanto ai relativi ricorsi. In un territorio come quello altoatesino, interessato dall’immigrazione proveniente dalla rotta balcanica, i giudici di pace continuano a confrontarsi con questo tipo di provvedimenti che richiedono un notevole dispiego di mezzi e che, in alcuni casi, come quello di Vipiteno, sono diventati preponderanti. La complessa situazione internazionale e i continui richiami dell’UE continuano, quindi, ad imporsi con forza nell'agenda delle tanto invocate riforme, ma per ridurre in modo sistematico i tempi processuali ed assicurare una giustizia soddisfacente, che avvicini il cittadino, si deve, ancora una volta, ritornare anche al tema del mercato del lavoro, oramai quasi del tutto ignorato.