Marilù, Trastevere e la Heimat
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La galleria d’arte che nascerà in quello che per decenni è stato lo studio in cui dipingeva si chiamerà “Heimat”. Un termine familiare per chi vive in Alto Adige-Südtirol, ma che suonerà esotico alle orecchie delle migliaia di persone che vi transiteranno davanti ogni giorno – e soprattutto ogni notte. Lo spazio si trova, infatti, in una delle vie più animate di Trastevere, vicolo del Cinque. Ma il fatto che Marilù Eustachio, 88 anni, tra le più grandi pittrici italiane della sua generazione, nata a Merano da madre suditirolese (di Malles), abbia scelto quella denominazione, dice molto su dove senta almeno parte delle sue radici. Poi non vi è dubbio che il luogo dell’anima in cui Marilù sentiva la propria Heimat sia stato anche la pittura, l’atto creativo, fisicamente incarnato dal luogo in cui dipingeva incessantemente.
Un paio di settimane fa, nel primo giorno di brevi vacanze romane, con la testa ancora sintonizzata sul publishing plan di salto.bz, mi sono trovato a svolgere un’attività che desideravo da prima della pandemia: bere un caffè con un caro amico che sta da una vita a Trastevere. Mentre parliamo a voce alta per superare il chiasso delle spazzatrici che rimettono a nuovo il selciato post-movida, passa un’anziana signora spinta sulla carrozzina. “Ciao Marilù, buona giornata”. “Ciao Josè“, sorride lei, luminosa. “Ma sai che la donna appena passata è una pittrice originaria di Merano molto affermata dagli anni Settanta in poi. Si chiama Marilù Eustachio, nella sua casa sono passati tutti i più grandi intellettuali romani”, mi dice Josè.
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Sono tutto tranne che esperto ma quello dell’arte è un mondo che seguo “a fiammate” dalla gioventù. Avendo curato per diversi anni le pagine culturali del Corriere dell’Alto Adige pensavo pure di avere una discreta conoscenza del panorama artistico locale. Su due piedi, però, il nome Eustachio non mi dice nulla. Ma proprio nulla. Da sempre facile agli entusiasmi mi fiondo per strappare un’intervista, convinto di fare chissà quale scoop. Ma dopo i saluti, googlando, in tre secondi scopro che l’attività artistica di Marilù Eustachio è abbastanza nota in Alto Adige, soprattutto per merito di Arnold Tribus, che oltre a dirigere e forgiare commenti affilati sulla Tageszeitung è anche un grande esperto, nonché amicissimo – ma proprio amico-amico-amico – dell’artista di origine sudtirolese. Pure nell’archivio di salto.bz ci sono quattro articoli che parlano di lei in modo anche approfondito, come per l’ultima importante mostra a KunstMeran.
La biografia e l’arte di Marilù mi hanno però talmente colpito che mi sono fatto travolgere senza opporre resistenza dalla valanga di “cose belle” che ho scoperto una dopo l’altra: ho cominciato a raccogliere cataloghi, fare interviste, leggere di tutto, e acquistare libri e opere in carboncino su Ebay. Non so quanto abbia inciso, in questo colpo di fulmine intellettuale la mezza 'sudtirolesità' di Marilù. Sicuramente non poco. E’ un riflesso pavloviano di chi è cresciuto in provincia l’orgoglio misto a incredulità che ti sboccia dentro quando scopri qualcuno nato nel tuo stesso posto che si afferma a livello nazionale o internazionale. Ma l’ultima cosa ad avermi spinto a scrivere è il desiderio di piantare una bandierina territoriale. Prima o poi, comunque, visto che Marilù è di indubbie origini sudtirolesi - e, soprattutto, si sente tale - qualcuno magari si deciderà ad inserirla nei testi dedicati agli artisti altoatesini-sudtirolesi.
Incontro a TrastevereL’incontro con la grande pittrice e intellettuale è avvenuto in vicolo del Cinque. Una chiacchierata breve e divertente a pochi metri - ma l'ho scoperto dopo - dal suo vecchio studio. Uno spazio che, come detto, invece di trasformarsi nel milionesimo ristorante del quartiere diventerà la galleria d’arte "Heimat". Marilù era molto divertita dalla casualità che le ha consentito difare due chiacchiere con un giornalista semi-conterraneo.
La sua salute è buona, ma l’anno scorso, durante le fasi drammatiche dell’emergenza Covid, l’anziana pittrice è stata ricoverata per una caduta e non assistita prontamente. Dopo il black out che ne è seguito la memoria le sta tornando piano piano, grazie al grande aiuto di Fariba Karimi, pittrice iraniana che ne cura l’archivio e i profili “social” e che presiede l’associazione che si sta dando fare per realizzare la galleria (vicepresidente ne è Arnold Tribus).
Grazie ai documenti che trova e ai racconti degli amici, Fariba aiuta Marilù a ricordare gli eventi salienti della sua vita costellata di incontri e amicizie con le più grandi figure intellettuali italiane e internazionali degli ultimi 60 anni. La casa di Trastevere e lo studio in vicolo del Cinque sono stati, infatti, un vero polo di attrazione per generazioni di artisti, scrittori e registi.
Marilù ha frequentato pittori come Renato Guttuso, Carla Accardi, Piero Guccione, Titina Masselli, Alghero Boetti, Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Renato Mambor e poi il "giro" di Pier Paolo Pasolini, con cui è stata nello Yemen, Elsa Morante e Moravia, ed è diventata grande amica dell’attrice Laura Betti, musa del poeta-regista brutalmente ucciso nel 1975. Negli anni Settanta e Ottanta ha frequentato moltissimo Susan Sontag. I suoi migliori amici di una vita sono stati l’attrice Piera Degli Esposti, deceduta l’anno scorso, e lo scrittore e giornalista Goffredo Parise. Per decenni questo è stato il mondo di Marilù. Ma pur vivendo “da sempre” nella capitale, il suo legame con il Sudtirolo è sempre rimasto genuinamente forte. Quando ne parla, ancora oggi, si illumina.
Marilù e la HeimatMarilù mi racconta di essere nata Merano nel 1934 e che il padre, Corrado, era un "pezzo grosso" di un ministero che per alcuni anni ha vissuto a Malles dove ha conosciuto la madre, Rosa. Nel 1937 l’uomo viene trasferito a Roma. La madre non si ambienta e appena può torna per lunghi periodi con la figlia in Alto Adige. Marilù cresce bilingue e, pur non parlandolo da decenni, considera il dialetto sudtirolese la propria madrelingua.
“Ogni anno – scrive nel proprio ricordo pubblicato nel 2021 per la mostra fotografica Heimat 2 alla Galleria Foto Forum, poiché Marilù è stata anche un’ottima fotografa - per lunghe vacanze estive, con mia madre andavo a Malles. Ero una bambina timida e imbranata e distratta con un grande amore per la natura e per i gatti. Mi piacevano i boschi i ruscelli, i piccoli orti i fienili (…). Sono stata presa dalla passione per la montagna e con Adolf Vetter, che era un cacciatore di caprioli e stambecchi, facevo delle interminabili camminate per arrivare, verso mezzogiorno, su una cima. Sono stato su tte le grandi cime della val Venosta, Ortles, Cividale, Similaun, Palla Bianco. Negli ultimi trent’anni sono sempre tornata in Alto Adige, passando le estati a Ums, frazione di Völs. A Ums si era creata nella casa di Cristina e di Arnold Tribus una famiglia elettiva variegata e straordinaria. A Ums ci sono venuti quasi tutti i miei amici: Goffredo Parise, Piera Degli Esposti, Francesca Sanvitale, Nadia Fusini, Alex Langer, Franco Marcoaldi, Patrizia Cavalli, il Barone Franchetti, Liliana Cavani. Sono nell’età in cui si preferisce ricordare più che fare un’esperienza, perché il ricordo ha un incanto, una lontananza, una durata che la realtà non riesce a restituire. Non sono quindi tanto sicura di rivede il mio amato Sudtirolo ma lo disegno spesso, me lo prefiguro, lo ricostruisco”.
In un quaderno della Galleria Spatia del 1983 Marilù scrive ancora: "Altri quadri di questo periodo sono dedicati al Tirolo, luogo della mia infanzia che negli anni recenti ho più volte rivisitato e dove con sentimento di serena familiarità. Le prime esperienze familiari cognitive si legano per me all’Alto Adige: suono armonioso di ruscelli o impetuoso di torrenti, vento tra li alberi, pioggia sui tetti di ardesia, odore del concime negli orti, del fieno appena falciato, della resina e della legna. Il colore smagliante dei prati, cupo dei boschi, lucente della neve, violaceo delle rocce, trasparente delle acque. Il sapore dolce del latte, acre della segala, neutro dell’orzo, tutte queste sensazioni primarie sono la Sensazione: nessun’altra esperienza in seguito ha avuto su me tanto potere evocativo. Questo universo sensoriale, fino a ieri annidato nella memoria, primo referente del mio mondo immaginario, è sempre più presente nella mia vita e connaturato al mio lavoro".
Marilù e Susan SontagIn un quaderno di due anni prima, l’anno della lotta contro le gabbie etniche, il 1981, Spatia pubblica un diario per immagini di Marilù con un testo – bellissimo – della grande intellettuale newyorkese Susan Sontag, di cui la pittrice di origine meranese fu grande amica fino alla sua morte nel 2004. E la seconda immagine riprodotta è questa:
L'analisi che ne fa Susan Sontag è davvero notevole. La scrittura dell’intellettuale americana è talmente densa e va così in profondità nell’analisi del gesto che si fa arte, che si fatica a scegliere i capoversi da riprodurre. La tentazione sarebbe di copincollarli tutti.
“Una coscienza che mira a un’ideale docilità verso il reale: idealmente sensibile, idealmente testarda. Un’arte che copia umilmente, che disegna con fedeltà: Marilù Eustachio ha desunto molti ritratti da fotografie. L’immagine, segno essa stessa, è evanescente. Un’idea d’arte come un raccogliere, sistemare, costruire, un lasciar tracce. E un coprire le tracce: col dar loro un forte smalto o col velarle”. (…) Il più recente ciclo di lavoro di Marilù Eustachio, il verbale di un anno, questo diario insomma, è un registro di occasioni fantasma. Colore che è muto. Segni che sono snudati (…). L’arte come agile volubilità. Una coscienza che distilla offerte di senno e di piacere, con la arte di commento meticoloso, con la sua lievità e scorrevolezza di tocco. Un’arte che cela le proprie fonti ossessive, per proporsi come una forma di grazia. La riduzione dell’arte a gusto. (…). Ideali suggeriti dal lavoro di Marilù Estachio: scetticismo come buon gusto. E buon gusto come modo di essere scettici”. New York, 25 febbraio 1981. Per capire il livello di elaborazione artistica e intellettuale ecco, infine, come Marilù chiude le riflessioni sul suo diario. “Nulla in questo diario vuole essere circostanziato o rilevante: didascalie soppresse, foto velate, segni ricoperti, date erose, immagini schermate. Inventario di una quotidianità sottintesa e allusiva che trae significato dalle sue molteplici parvenze”.
In conclusione una breve poesia dedicata all'arte di Marilù Eustachio dal poeta romano Valerio Magrelli, contenuta in un meraviglioso libercolo intitolato L'angelo del visibile.
A Marilù
Petalo dell'impronta
un'onda digitale:
curva che si propaga
emissione di sè.
La spinta che si estingue
sulla sponda del nulla:
spuma che non ha rena
remissione di sè.Valerio Magrelli
Nel secondo articolo in uscita nei prossimi giorni racconteremo alcune delle tracce lasciate da Marilù in Alto Adige. Qui ecco l'artista nella sala ristorante del Laurin davanti ad alcuni dei suoi quadri della serie Alberi in sequenza.