"Case e una strada oltre via Resia"
Ancora nei primi anni Duemila qualcuno nell’Svp cittadina si rallegrava del crollo demografico di Bolzano, scesa in quel momento storico a circa 90.000 abitanti dai quasi 110.000 abitanti dei primi Settanta. L’obiettivo “etnico” di contenere lo sviluppo del capoluogo a maggioranza italiana era stato ampiamente centrato, andando forse oltre le più rosee previsioni. Suonate le sirene del cessato pericolo la Stella alpina, pur facendo penare le maggioranze di centrosinistra, grazie ad espropri sufficientemente redditizi per i contadini, ha dato l’ok ai nuovi quartieri Firmian, Casanova e Prati di Gries. E Bolzano, in un ventennio, è tornata ai livelli demografici di cinquant’anni fa. Dal 2020, invece, la tendenza è ritornata ad essere decrescente, e l’assessoe all’urbanistica del Bauernbund, Luis Walcher, sta facendo sembrare una mammoletta il rigidissimo Alfons Benedikter (assessore all’urbanistica provinciale negli anni caldi), negando perfino che vi sia un’emergenza abitativa e convincendo tutti che il verde che produce reddito per gli agricoltori, sia da mettere sullo stesso piano del verde pubblico. La tutela dei meleti va fatta anche a costo di costruire abitazioni in zona produttiva con vista sul parco scorie delle Acciaierie o lungo l’arteria ormai più trafficata della città, via Galilei. E così Caramaschi, che con il suo vice-non-vice ha firmato una sorta di patto di sangue per il blocco dello sviluppo urbanistico del capoluogo, da due anni va dicendo che Bolzano non può crescere e che i cittadini farebbero bene a pensare di trasferirsi nei paesi limitrofi. E questo lo dice senza aver prima concordato alcunché con i sindaci dei Comuni in questione, i quali, di fatto, intervistati dai media, si sono finora fatti beffe della proposta. Intanto almeno 1.000 giovani ogni anno lasciano l’Alto Adige e una parte sostanziosa di questi lo fa perché le case sono troppo care e gli stipendi troppo bassi. Un quadretto davvero desolante.
Di fronte ad una situazione del genere, Stefano Fattor, assessore alla mobilità del Pd, che ad inizio legislatura puntava all’urbanistica, ha deciso di uscire allo scoperto e di rompere alcuni tabù. Lo ha già fatto sull’Alto Adige un paio di settimane fa, lo rifà ora, alzando ancora un poco il tiro. “Una città che invecchia e si spopola è destinata al declino. Guardando tutti gli indicatori, si può dire che Bolzano sia in stato di crisi”, dice.
Assessore, ci dia qualche cifra a conferma di questa affermazione.
Stefano Fattor: Negli ultimi tre anni Bolzano ha perso 1.700 abitanti. Mentre Innsbruck, Trento, Merano, per fare un raffronto, crescono. L’età media degli abitanti del capoluogo è 45,8 anni, Trento 44, Innsbruck 42. I 15.000 stranieri di Bolzano hanno età media di 35,6 anni, se questi non vi fossero, l’età media dei bolzanini sarebbe 47 anni. Leggendo questi dati capiamo chi lascia Bolzano: i giovani. Ovvio che molti vanno per fare nuove esperienze, ma sicuramente chi non ha grossi aiuti dalla famiglia non ha voglia di indebitarsi per 40 anni per vivere in 60 mq. Anche a Trento si parla di emergenza abitativa, ma i prezzi sono più bassi del 25%. Trento ha 120.000 abitanti, un’università che funziona, una sanità che funziona, molte nuove infrastrutture viabilistiche.
Trento ha però una superficie di tre volte superiore e non si trova in una conca come Bolzano.
Sì, è vero. Bolzano ha una città insediata di 9 kmq su 52 kmq, dei quali 22 sono di bosco. Dei 9 kmq insediati quasi 3 sono di zona produttiva. In "zona" vivono 750 persone. Negli altri 6 kmq abitano 103.000. Nella superficie complessiva del comune abbiamo anche12 kmq di verde agricolo dei quali 6,8 coltivati a melo. In questi abitano circa 2,000 persone.
Bolzano vuole essere città del commercio, del turismo, dell’industria, dell’amministrazione pubblica, dell’agricoltura, dell’università
Cioè: 2.000 persone vivono nei 12 kmq di campagne, e 103.000 persone vivono in 6 kmq, con una media di 17.100 abitanti per kmq. A Shanghai, per dire, vivono 4.800 persone per kmq.
Esattamente. Negli ultimi vent’anni in cui è cresciuta, la città è stata 'pompata' in tutti i settori. Bolzano vuole essere città del commercio, del turismo, dell’industria, dell’amministrazione pubblica, dell’agricoltura, dell’università. Oggi la città offre quasi 70.000 posti di lavoro con un rapporto del 65% rispetto agli abitanti. Si tenga conto che il rapporto ideale è considerato intorno al 50% e, per dire, a Milano, è del 46%. Io credo che sia arrivato il momento delle scelte. Non puoi perseguire tutte quelle vocazioni, se non hai lo spazio per esercitare le funzioni e se viene meno la funzione principale di una città, la residenza. E’ solamente la mancanza di alloggi la causa dell’esplosione dei prezzi. Siamo la città con gli affitti più alti d'Italia, e all’ottavo per il costo al metro quadro, dietro solo alle città d’arte più importanti. Parlavo con un ragazzo di 30 anni di lingua tedesca e mi diceva che dei suoi compagni di liceo solo 4 vivono in città. Oggi a Vienna abitare in affitto in una casa di 100 mq costa 700 euro al mese, la metà rispetto a Bolzano.
Che alternative ci sono?
Sono due: la prima è crescere, la seconda è, lo dico come provocazione, spegnere qualcuna delle vocazioni di cui parlavo prima. Se, per assurdo, chiudessimo il Mercatino di Natale, e regalassimo Ötzi a Merano, nel giro di qualche anno i prezzi inizierebbero a scendere. Se iniziassimo a costruire in zona produttiva e a spingere le imprese fuori dal territorio cittadino, inizieremmo a perdere gettito fiscale che utilizziamo per pagare i servizi. La superficie dell’Alto Adige è pari a 740.000 ettari. Le aree produttive occupano 2.000 ettari e producono il 25% del PIL. I meleti occupano 20.000 ettari, e producono il 5% del PIL. Ragionando in astratto, possiamo dire che a parità di servizi è più sostenibile l’impresa.
Non essendo possibile spegnere vocazioni, Bolzano, quindi, secondo lei non ha alternative se non quella di crescere?
Sì. Le stime sono in discesa per le ragioni che abbiamo detto finora, e questo non è un bel segnale, ma comunque secondo le ultime cifre dello studio Sbetti-Morello parlano di un fabbisogno di circa 4.000 alloggi. Il potenziale edificatorio di cui si parla è oggi di 1.300 (di cui 500 Ipes) per l’areale ferroviario, che non ha oggi una scadenza temporale realistica. Le aree di sviluppo teoricamente più vicine nel tempo sono 250 alloggi alle Huber, 150 nella zona artigianale di via Druso, 100 all’ex Reinisch in via Macello. Se mettiamo tutto assieme, con l’incognita areale, abbiamo comunque 1900 alloggi. Le poche decine di alloggi sul mercato hanno prezzi che oscillano tra 4.500 euro al metro di Firmian e i 10.000 di via Weggenstein. Se si libereranno degli alloggi sfitti per la super Imi lo capiremo con il consuntivo ad inizio 2024. Per ora si dice che ci sono moltissime richieste di cambi di residenza di famigliari che la trasferiscono negli alloggi che erano sfitti. Ma, ripeto, i numeri dicono che se Bolzano non vuole rinunciare ad una delle sue vocazioni deve cercare di dare una risposta abitativa adeguata con un patto in cui tutti rinunciano a qualcosa: i contadini devono rinunciare a qualche ettaro di campagna, gli imprenditori devono capire che non possono chiedere di avere un solo metro in più in zona produttiva.
A Bolzano è saltato l’equilibrio fra le diverse funzioni urbanistiche, e questo bilanciamento deve tornare ad esserci.
Nessun alloggio in zona produttiva?
Le famose aree abbandonate della zona produttiva, sono abbandonate perché da alcuni anni gira la voce che potrebbero rappresentare una zona di sviluppo abitativo, che era del resto prevista anche dal famoso Masterplan. Ciò ha indotto alcuni proprietari di quei terreni a non fare nulla in attesa che ciò avvenga. E così è accaduto che aziende che avrebbero dovuto trovare aziende in zona produttiva, come Alpitronic, si sono dovute espandere in una zona agricola come l’area Frubona, in via Castel Firmiano, a pochi passi dal parco di Firmian. Io non sono contrario all’ipotesi di alloggi in zona produttiva, ma non certo nell’area adiacente al retro delle Acciaierie, semmai, nell’area a ridosso di via Roma, che è di fatto già abitata poche decine di metri più in là, verso via Claudia Augusta.
Ma tra tutte le vocazioni di cui parlava prima, quella più anomala è forse quella agricola. Per una città che ha enormi problemi abitativi 12 kmq di campagne ad uso esclusivo dei privati che vi abitano (che possono però espandere indisturbati le loro abitazioni per far posto a quelle dei famigliari) sembrano un'enormità.
Sì, in alcune aree una vocazione agricola ci sta senza dubbio e va mantenuta. Il cuneo verde va tutelato, anche se in realtà pure lì le abitazioni sono aumentate molto, Quello che oggi è ormai assolutamente necessario è un sacrificio minimo di 0,1 (10 ettari) dei 12 kmq , nella zona adiacente a Casanova. Lì andrebbe poi realizzata una strada che lambisca il quartiere e prosegua verso il parco di Firmian e si inserisca all’altezza della rotonda per Merano. Con una strada parallela a quel punto via Resia potrà essere destinata al solo passaggio del metrobus.
Che altro è necessario?
Lo ribadisco: deve essere chiaro che serve anche una sorta di moratoria sulle zone produttive. Poi bisogna anche pensare che ci sono due facoltà universitarie nuove, con nuovi professori e ricercatori, nuovi studenti, e quando dai il via libera a progetti come questi devi anche sapere dove metterle, poi, queste persone, e va quindi fatto un piano per realizzare gli studentati. A Bolzano è saltato l’equilibrio fra le diverse funzioni urbanistiche, e questo bilanciamento deve tornare ad esserci. E ciò significa arrivare ad un rapporto tra abitanti e posti di lavoro del 50%. Non credo si possa puntare a fermare lo sviluppo della città e alla collaborazione con i comuni limitrofi, anche perché i vari comuni hanno già fatto sapere di non avere alcuna intenzione del genere. La cosa più sensata sarebbe comunque espandersi verso Laives con cui condividiamo una vocazione “urbana”. Mettendo in comune i nuovi servizi (scuole, metrobus e presidi sanitari) Laives non dovrebbe temere di diventare il dormitorio di Bolzano.
Al di là delle varie proposte
Al di là delle varie proposte, alcune delle quali trovo sensate altre meno, potrei chiedermi dov'era il signor Fattor in questi 3 anni. Ma tralasciamo pure le polemiche che non portano da alcuna parte. Piuttosto mi chiedo perché non si possa aprire un dibattito pubbico aperto a tutti e con tutte le forze politiche che vogliono fare il bene di questa città. Andando oltre i posizionamenti che per una città non hanno senso. Ci si confronta, si discute e poi si trova un fronte comune per le prossime elezioni. E si saluta gentilmente chi non ci sta. Qui ne va dell'esistenza di una città intera, ma anche della qualità di vita dei sui abitanti.
p.s. è un po' off topic ma sempre più spesso attorno a casa mai vedo scene di guerriglia e disagio umano pazzeschi, soprattutto la sera. Il livello è fuori controllo (e qui si parla solo di Lupi e Orsi). A breve ci scappa il morto...