Il dramma hikikomori in un film

-
Grande successo per la proiezione dei film La Chiocciola, il film sul ritiro sociale, presentato mercoledì 6 marzo in prima visione a Bolzano presso il Filmclub Capitol su iniziativa de La Strada. In sala duecento persone hanno assistito alla storia di Vittoria, una ragazza quindicenne, che in seguito ad alcuni traumi subiti sia all’interno che all’esterno della famiglia, si chiude nella sua stanza, rifiutando qualsiasi rapporto con il mondo esterno. Solo il nonno materno riuscirà a ristabilire con Lìlei un contatto e a lasciarle intravedere una possibile via d’uscita.
-
Sala gremita: Almeno 200 persone hanno assistito al Filmclub alla proiezione di La Chiocciola Foto: La Strada
“Erano le tre e mezza di notte di un giorno qualsiasi, quando su un canale social ho casualmente “incontrato” un ragazzo Hikikomori,- racconta il regista Roberto Gasparro-, presente in sala. Ha accettato di dialogare con me e la sofferenza che ho percepito da quel breve scambio di battute mi ha convinto a girare un film per portare alla luce la situazione di questi ragazzi. Ho iniziato a studiare e a approfondire e mi sono state di molto aiuto l’associazione Hikikomori Italia e l’Associazione “La Strada - Der Weg” con il Progetto Invisibili. Questi ultimi li ho conosciuti grazie ad un servizio tv sulla loro iniziativa presso il Cubo Garutti a Bolzano, dove nei mesi scorsi hanno riprodotto la stanza di un hikikomori invitando semplici cittadini e personalità della città a sostarvi in solitudine per alcuni minuti per provare a capire meglio il fenomeno.
Dopo il film quasi tutti i presenti si sono fermati per un breve dibattito condotto dalla psicologa Marta Sfondrini del team “Invisibili”. Secco e toccante è stato l’appello di una madre di un ragazzo Hikikomori: “Questo tipo di patologia non rientra nelle categorie per le quali la scuola può fornire la didattica a distanza e dunque mio figlio, che non riesce a uscire dalla sua stanza, va incontro a una bocciatura sicura”. “Dopo aver girato la scena più cruda del film mi sono reso conto che il testo, così com’era, non rispettava l’immenso dolore di questa ragazza e così ho riscritto la metà del copione” ha rivelato ancora Gasparro spiegando ai presenti quanto sia stato complesso confrontarsi con un tema tanto delicato.
“Dobbiamo ringraziare questi ragazzi e queste ragazze” - ha concluso Alberto Malfatti, coordinatore del progetto “Invisibili” -, perché con il loro rifiuto aiutano anche noi adulti a capire quello che non sta funzionando nel modello di società, che noi stessi abbiamo creato.”