Wirtschaft | contratti pubblici

Il contratto di intercomparto è nel caos

L'Organo di Controllo provinciale boccia l’accordo siglato il 26 maggio. A rischio l’adeguamento dell'inflazione. I sindacati (divisi) puntano ora sul contratto economico
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Foto: Fabio Petrini

Il contratto intercompartimentale per i dipendenti pubblici siglato dalle principali organizzazioni sindacali lo scorso 26 maggio è stato bocciato dall'Organo di Controllo provinciale in materia di contratti collettivi.

Le obiezioni sostanziali riguardano in particolare l'impianto retributivo tra i vecchi e i nuovi dipendenti e l’accordo sull'indennità di bilinguismo. Sul piede di guerra i sindacati che hanno appreso la notizia solamente durante il tavolo di ieri (8 agosto) e ora rischiano di non vedersi approvare nei tempi stabiliti l’accordo sull’adeguamento dell’inflazione per gli anni 2019-2021, auspicato e promesso dalla Provincia entro ottobre.

Tutto da rifare dunque e i tempi non promettono nulla di buono, considerando che il vaglio del nucleo di valutazione della Provincia è solo il primo step e che, una volta superato, dovrà passare il giudizio del Revisore e della Corte dei conti.

In questo modo non riusciremo mai a concludere un contratto

“Dopo lunghe discussioni abbiamo accordato una formula che hanno rimandato indietro solo ora. Tra l’altro ci è stato solo comunicato perché non abbiamo potuto visionare la relazione. Non è possibile siglare un accordo a maggio ed avere i primi rilievi solamente ad agosto. In questo modo non riusciremo mai a concludere un contratto – spiega Ulli Bauhofer (Cgil Agb) –. Abbiamo ribadito che a questo punto noi puntiamo sul contratto economico che deve essere una priorità ora per la Provincia: non si può permettere di non fare arrivare l’adeguamento che aveva promesso. Tutto il resto diventa secondario”.

La Provincia aveva anteposto l’adeguamento inflattivo alla riforma quadro del settore pubblico con lo scopo di renderlo più attrattivo e far fronte così alla carenza cronica di personale che sta mettendo in difficoltà l’intero apparato, dalle scuole alla sanità, passando per gli stessi uffici amministrativi. “L’accordo stralcio per la riforma dell’intercomparto risaliva al 2020 ma ne abbiamo cominciato a parlare solo nel 2023. Ci hanno puntato una pistola al petto – dice Hofer – che anteponeva l’accordo quadro all’adeguamento per il periodo 19-21. Ci hanno messo fretta, perché era la condizione per ottenere l’adeguamento ad autunno e ne ha risentito anche il contratto, perchè ovviamente non si aveva il tempo di soffermarsi a contrattare su ogni singolo aspetto. Si è agito ancora una volta secondo una logica emergenziale ma ora, per quanto ci riguarda, la contrattazione per il modello quadro si deve fermare. La priorità è l’adeguamento all’inflazione per la quale sono già stati stanziati i fondi”.

Il contratto dei dirigenti, che è molto più pesante sul bilancio, è invece passato. Questo equilibrio non si può più mantenere.

Secondo la Cgil la volontà è dunque politica: “Non capiamo la ragione di queste lungaggini, per settimane non siamo stati convocati. Stiamo tenendo in sospeso 30 mila dipendenti  – denuncia la sindacalista – .Il contratto dei dirigenti, che è molto più pesante sul bilancio, è invece passato. Questo equilibrio non si può più mantenere. Se non ci sarà l’adeguamento siamo disposti a scendere in strada. Certo non aiutano altre organizzazioni sindacali che non fanno proposte ma si limitano a uscire sul giornale il giorno dopo. Noi cerchiamo di portare a casa questi soldi in più per i lavoratori”.

“Tutte questioni che avevamo già anticipato come AGO e che non andavano bene. Ora si tratta di comprendere nella prossima seduta come intende intervenire sia la delegazione pubblica e la politica – afferma Stefano Boragine, segretario Provinciale del sindacato AGO, che non aveva siglato il contratto –. Sicuramente non ci lasciamo nuovamente abbindolare e pertanto rinnoviamo l'invito a partecipare alla manifestazione del 15 settembre –. Siamo stufi di essere presi in giro da una classe dirigente inadeguata e dalla politica che non comprende i reali bisogni dei lavoratori”.