Kultur | Salto Weekend

Una galleria tra le montagne

Eleonora Castagna, partner della Galleria Doris Ghetta, racconta cosa significa fare arte contemporanea in Val Gardena
erosive_forces_shape_inner_landscapes_a_cura_di_alessandra_troncone_2022._veduta_della_mostra_a_galleria_doris_ghetta_ortisei._ph._luca_meneghel.jpg
Foto: Luca Meneghel

A Pontives, vicino alla più famosa Ortisei, tra distese di prato e montagne, si trova la Galleria Doris Ghetta, una delle più floride realtà artistiche locali. Fondata nel 2014 da Doris Ghetta, la galleria occupa gli spazi di un’ex fabbrica di gatti delle nevi: 400 mq distribuiti in due piani di cui il secondo gode di una luce che arriva dai lucernari industriali illuminando le opere in modo naturale anche quando il cielo è coperto. Per la galleria il 2022 è stato un anno di espansione: ha ristrutturato i suoi spazi a Pontives, ha dato il benvenuto a una nuova partner, la curatrice Eleonora Castagna, e ha aperto un secondo spazio a Milano. Queste novità sembrano evidenziare la direzione della galleria che è quella di rivolgere lo sguardo verso un orizzonte sempre più internazionale senza per questo rinunciare alla propria identità che fa della cultura sudtirolese e in particolare di quella ladina il punto di partenza.
 


Il rapporto locale-globale si sente appena si mette piede nelle grandi sale; la Val Gardena è presente nei lavori esposti in termini di rimandi visivi, di materiali, di immaginario. Il dialogo con la valle attraversa il confine delle Alpi e trova come interlocutori e interlocutrici anche artisti/e non italiani che usano il linguaggio dell’arte per raccontare l’ecosistema che li ospita. Nell’interazione con il luogo messa in scena alla Galleria Doris Ghetta non c’è l’elemento didascalico: visitando la galleria si conosce la cultura locale senza che questa si chiuda in sé stessa. Non c’è folclore, ma la consapevolezza che la tradizione si arricchisce quando esce dai propri confini. L’apertura a ciò che c’è fuori si traduce anche nella curiosità di conoscere e far conoscere artisti emergenti. La galleria ha, infatti, dedicato uno spazio chiamato GARASC (termine ladino che significa garage) all’esposizione di giovani artisti/e ancora poco conosciuti sulla scena locale e nazionale invitati a presentare la loro ricerca artistica e a relazionarsi con l’ecosistema delle gallerie d’arte e con il mercato dell’arte contemporanea.

 


Nei posti dove la tradizione e la cultura locali rappresentano i pilastri sui quali si sviluppa un sistema economico – fatto soprattutto di turismo – che garantisce un alto livello di benessere non è sempre facile incontrare realtà di ampio respiro. C’è chi dice, infatti, che la ricchezza e le possibilità sono limiti all’immaginazione, alla curiosità e alla voglia di scommettere su qualcosa che si allontana da quello che già si conosce e ci rassicura. Eppure sorgere su un confine dovrebbe significare affacciarsi al nuovo, oltrepassare i limiti strettamente territoriali, contaminarsi. Visitando la Galleria Doris Ghetta si ha la sensazione di scoprire l’habitat, la natura, la società della Val Gardena attraverso la prospettiva di chi quella valle la chiama casa e di chi in quella valle non ci ha mai abitato e verosimilmente non lo farà mai.

salto.bz: Quali sono i pro e i contro di essere una realtà che sorge in un luogo periferico?

Eleonora Castagna: Collego la definizione del termine automaticamente ai grandi centri urbani dove per “periferia” si intende la zona marginale rispetto a un grande centro più o meno delimitato. Penso anche però a un libro che ho letto recentemente, di un autore e studioso che mi è molto caro, Marc Augé, il cui titolo racconta quella che si può descrivere come la parte più affascinante e metamorfica delle periferie. “Per un’antropologia della mobilità” fa riferimento più che altro al concetto di frontiera ma trovo che questa abbia molti punti in comune con la periferia in quanto mobile e porosa: la provincia di Bolzano è una periferia estremamente espansa, senza un vero centro, ma con una superficie territoriale ampia in continua ridefinizione. Galleria Doris Ghetta fin dai suoi esordi si afferma come una realtà internazionale con radici ben piantate nel territorio locale, sostenendo la scena culturale e artistica dell’Alto Adige, in una prospettiva che molte altre gallerie d’arte hanno iniziato a considerare solo recentemente: tante realtà espositive nascono in centri urbani e negli ultimi anni stanno aprendo sedi in luoghi considerati periferici, mentre la nostra galleria nasce in Val Gardena e sviluppa nel tempo i suoi rami verso l’esterno. Credo ci si stia rendendo conto delle potenzialità di questi territori prima considerati marginali che preservano in realtà strutture architettoniche, sociali e culturali proprie e rappresentano una chiave di ispirazione speciale per la produzione artistica. Muoversi in una zona del genere offre anche la possibilità di immaginare percorsi e pratiche nuove, che sono costruite a partire dalle persone, dall’ambiente e dalle risorse che si trovano in Alto Adige e che sono specifiche e uniche di questo territorio.
 


salto.bz: Il vostro è un team al femminile. Oltre a te e a Doris, tutte le altre collaboratrici sono donne. La conformazione del vostro gruppo di lavoro può essere un punto di forza in un sistema, quello dell’arte contemporanea, anch’esso permeato da dinamiche sessiste?

Nel mondo dell’arte si assiste alla classica situazione piramidale dove al vertice siedono delle figure maschili (penso alla maggioranza dei direttori dei musei italiani), mentre spesso sotto al quadro dirigenziale la maggior parte delle lavoratrici sono donne, come se la cura delle varie mansioni fosse ritenuta ancora più adatta alla figura femminile, ma poi la decisione debba essere presa da una più autorevole figura maschile. Il fatto che l’idea di essere un team di donne susciti interesse o sia considerato qualcosa di eccezionale è indice del lavoro che c’è ancora da fare, ma non dimentichiamoci che la questione della parità è più ampia, tanto più nel settore dell’arte contemporanea che rimane spesso elitario (ad esempio, quante sono le persone non bianche, disabili o provenienti da un ceto sociale più basso che lavorano stabilmente nel campo dell’arte?). In disequilibrio è inoltre la gerarchia delle posizioni lavorative, laddove i posti stabili e stipendiati secondo forme di contratto riconosciute sono davvero pochi rispetto alla stragrande maggioranza di lavoratrici e lavoratori precari. Lavorare sul riconoscimento delle molteplici professioni legate al mondo della cultura contemporanea è ormai diventata un’urgenza impellente. Questo significa che tra le varie azioni da mettere in campo occorre anche attuare un supporto economico per le realtà che contribuiscono attivamente allo sviluppo sociale e culturale della comunità in cui lavorano: penso ad esempio ad alcuni casi all’estero dove anche le gallerie commerciali ricevono un sostegno statale perché riconosciute come istituzioni che svolgono attività culturali importanti per la comunità.

salto.bz: In che modo le opere che sono in questo momento esposte in galleria riescono a interagire con la Val Gardena? Mi riferisco in particolar modo alle opere di artisti non locali.

Uno degli obiettivi principali della galleria è quello di promuovere la produzione locale, invitando le artiste e gli artisti anche non locali ad approcciarsi al luogo, alla cultura ma anche ai materiali che hanno reso celebre la Val Gardena in tutto il mondo, a cominciare dalla centenaria tradizione dell’intaglio del legno. Quando ho iniziato a lavorare a Ortisei, mi sono resa conto delle enormi potenzialità e risorse che un territorio così fertile può offrire. Questo permette anche di garantire un supporto grandissimo agli artisti che arrivano da fuori per realizzare un progetto inedito site specific. Ecco perché come galleria stiamo lavorando a un programma di residenze che coinvolga artiste e artisti che arrivano in Val Gardena dall’estero o dal resto d’Italia per produrre un nuovo lavoro, un programma che al contempo coinvolge sempre più professionisti della zona creando reti di lavoro e supporto progettuale locali.

salto.bz: La Galleria Doris Ghetta si sviluppa in stretta relazione con la lingua e la cultura ladina. Tu che hai alle spalle un percorso formativo e lavorativo che ti ha portato nelle capitali dell’arte contemporanea, credi che le realtà legate al territorio dovrebbero imparare qualcosa da quelle internazionali?

Paradossalmente mi sembra di avere avuto più possibilità di esperienze e incontri da quando ho iniziato la mia attività in Alto Adige che non altrove. Lavorare in Val Gardena significa trovarsi in un territorio molto frequentato da un turismo vacanziero, così come da aziende e realtà diverse che si rivolgono agli artigiani della valle che nel corso degli anni hanno sviluppato un know-how unico nel suo genere. Mi ha fatto molto piacere scoprire che la provincia di Bolzano è un territorio conosciuto e apprezzato internazionalmente. Lavorare nel mondo della cultura in questo particolare luogo mi fa ben sperare di poter intercettare ancora più persone che possano riscoprire la valle anche seguendo percorsi tracciati da progetti artistici contemporanei. Credo ancora una volta che quello che possiamo imparare da alcuni esempi virtuosi all’estero passi soprattutto per il riconoscimento politico e il sostegno concreto di realtà impegnate nella promozione culturale del territorio.