Gesellschaft | terremoto

“Non portateci indumenti usati”

Per essere utili in situazioni di emergenza è necessario intervenire con gli strumenti adeguati. L’appello delle organizzazioni e della comunità curda di Bolzano.
Raccolta indumenti terremoto comunità curda Bolzano
Foto: Salto.bz

Il 6 febbraio alle 4:17 del mattino il sud est della Turchia e il nord della Siria, in gran parte a maggioranza curda, vengono colpiti da un violento terremoto di magnitudo 7.8, seguito da molte altre scosse (alcune con maggiore o uguale a 7.5) che hanno provocato migliaia di morti e decine di migliaia di feriti. Un bilancio purtroppo destinato a salire e attualmente impossibile da determinare con esattezza. Numerose abitazioni ed edifici storici, come la Chiesa dell’Annunciazione di Iskenderun e il castello di Gaziantep, sono andati distrutti. Le operazioni di soccorso procedono ininterrottamente tra le difficoltà, nel tentativo disperato di salvare le persone ancora intrappolate sotto le macerie e assistere gli sfollati.

 

Molte famiglie hanno preferito non fare rientro a casa, rimanendo fuori all’aria aperta o nelle tendopoli allestite dalle organizzazioni di soccorso e dalle autorità locali, nonostante le difficili condizioni meteorologiche e le forti nevicate che si sono verificate sulle colline e sulle montagne. Sul posto anche gli operatori e i volontari di Caritas, che in Alto Adige ha già raccolto 40.000 euro di donazioni. “Fa molto freddo, le forti scosse di assestamento diffondono angoscia e paura, ma la gente disperata continua a scavare tra le macerie, spesso a mani nude, in cerca di famigliari e conoscenti dispersi – riferisce Sandra D’Onofrio referente della Caritas altoatesina per gli interventi umanitari nelle catastrofi –. Rifugiarsi negli edifici veri e propri è ancora molto pericoloso: le scosse di assestamento possono farli crollare anche in un secondo momento. Le persone ferite – aggiunge D’Onofrio – sono decine di migliaia, rischiano l’ipotermia e sono rimaste senza cibo né acqua potabile. Il lavoro continua senza sosta: purtroppo sono abituati a lavorare in situazioni estremamente drammatiche, visto che nelle zone al confine tra Siria e Turchia, assistono già da molti anni la popolazione stremata dalla guerra”.
Al momento, spiega la Caritas, non vengono organizzate raccolte di beni materiali da destinare alle zone del terremoto, dal momento che “tutto ciò che è necessario può essere acquistato in loco. In questo modo si evitano lunghi percorsi di trasporto e si rafforzano le strutture locali”.

 

“Continueremo fino a marzo”

 

Sono bastati solo due giorni per riempire i locali della Chiesa Cristiana Evangelica di via Achille Grandi 22, messi momentaneamente a disposizione della comunità curda di Bolzano che, in collaborazione con l’Associazione dei Popoli Minacciati, ha deciso di lanciare una raccolta fondi e materiali di prima necessità per le persone colpite dal terremoto, che verranno invece destinati all’Autorità per la gestione delle emergenze (Afad), una sorta di Protezione Civile  turca incaricata anche della gestione dei cosiddetti campi profughi formali. 
“Ho deciso di non andare al lavoro in questi giorni per mettermi a disposizione – ha detto Yasar, uno dei volontari che ha organizzato l’iniziativa di raccolta – continueremo fino a marzo ma abbiamo bisogno di volontari e di altri spazi per contenere il materiale che verrà donato”.


Le volontarie e i volontari sono al lavoro sin dalla mattina per smistare e impacchettare i numerosi capi di abbigliamento arrivati nelle scorse ore da privati e imprese solidali. Molti beni tuttavia rischiano di essere rifiutati. L'AFAD ha infatti annunciato di non accettare abbigliamento di seconda mano per le aree di Ankara, Istanbul, Bolu e Manisa. Un concetto ribadito anche dal presidente della Mezzaluna Rossa turca Kerem Kınık.
Il motivo principale è legato soprattutto a ragioni igienico-sanitarie. Il rischio di epidemie in occasioni di disastri naturali aumenta sensibilmente, come è avvenuto per esempio durante il terremoto di Van nel 2011, in cui si è registrato un sensibile aumento di malattie infettive trasmesse dall'acqua e dove anche in questo caso erano stati rifiutati indumenti di seconda mano. In tali contesti, gli indumenti di seconda mano e usati, per quanto puliti e utilizzabili, aumentano il rischio di diffusione di molte epidemie, come scabbia e funghi. Gli indumenti usati che vengono consegnati nelle aree di soccorso dovrebbero pertanto essere disinfettati prima della distribuzione. Tuttavia, coordinare il processo di sanificazione in contesti emergenziali risulta molto difficile.
“Purtroppo è passata l’informazione che raccoglievamo anche vestiti di seconda mano – ha spiegato invece Qadir Yorulmaz, titolare con il fratello delle pizzerie al taglio Babilonia nel capoluogo –. Stiamo cercando di capire se questi potranno venire accettati da altre organizzazioni che operano in Siria, oppure li doneremo alla Caritas per altre missioni”.

 

“L’assistenza si scontra con il pregiudizio anti-curdo”

 

Tra le organizzazioni impegnate nei soccorsi nelle zone più colpite c’è anche (e soprattutto) la Mezzaluna Rossa Curda (KRC), uno dei principali fornitori di servizi sanitari nelle regioni del Kurdistan.  È possibile sostenere i soccorritori sul campo attraverso una donazione sul sito, un trasferimento immediato PayPal, oppure un bonifico bancario su c/c: BANCA ETICA - Conto: 16990236 - Intestato a: MEZZALUNA ROSSA KURDISTAN ITALIA - IBAN: IT53 R050 1802 8000 0001 6990 236 - Causale: Terremoto.

 


Oltre a intervenire nelle situazioni di emergenza, coordinando interventi  sul campo di primo soccorso in caso di disastri, la Mezzaluna Rossa si occupa di implementare i sistemi WaSH (acqua, servizi igienici e sanitari) nelle aree del Nord-Est e nel Nord-Ovest della Siria, gestendo 44 cliniche di medicina generale, suddivise tra aree urbane e campi profughi. La filiale italiana, “Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus”, attiva dal 2015 nonchè unica organizzazione in Italia cogestita da volontari curdi e italiani, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per far fronte all’emergenza in corso, martoriata da anni di conflitto e dalle incursioni aeree turche, che non sono cessate neanche dopo il cataclisma.

Nelle numerose campagne portate avanti negli anni dalla Turchia, ospedali, cliniche e centri riabilitativi sono stati obiettivi prescelti

“Il nostro pensiero va a tutte le persone colpite da questa orribile tragedia, alle famiglie che hanno subito la perdita dellə loro carə e allə feritə che necessitano di cure mediche immediate – scrivono dal sito –. Siamo altresì consapevoli della precarietà geopolitica dei territori colpiti: sono molti i terremoti che la regione del Kurdistan ha dovuto, negli anni, affrontare, ma non sono mai state messe in atto né adeguate misure preventive, né è stata fornita una giusta e indiscriminata assistenza. Questa catastrofe, aggiunta alle crisi sanitarie e di colera e alle condizioni di sfollamento interno, aggraveranno ulteriormente la situazione di migliaia di persone che vivono in Rojava (Siria del Nord-Est), regione martoriata dai continui attacchi dello Stato turco e, negli anni, obiettivo favorito dei militanti jihadisti. Temiamo – sottolinea l’organizzazione – che tanto in Bakur (Kurdistan turco), quanto in Rojava (Kurdistan siriano), l’assistenza fornita sarà fortemente dipendente dal pregiudizio anti-curdo che, come ben sappiamo, da sempre limita l’accesso alle cure ed esacerba i conflitti. Ricordiamo, peraltro, che nelle numerose campagne portate avanti negli anni dalla Turchia, ospedali, cliniche e centri riabilitativi sono stati obiettivi prescelti. Ad oggi intere aree si trovano completamente incapaci di fornire cure mediche e primo soccorso, tagliate completamente fuori dall’assistenza sanitaria ed esposte al rigidissimo inverno. Vi invitiamo a continuare a monitorare la situazione e a dimostrare il vostro sostegno, donando sin da subito alla nostra associazione. Le popolazioni curda, turca e siriana, e tuttə coloro che sono statə danneggiatə, hanno bisogno del nostro aiuto affinché questa difficile situazione possa essere arginata il prima possibile. Per fare fronte a questa crisi umanitaria di grandissime proporzioni – conclude la Onlus – la solidarietà e la cooperazione di tuttə risultano cruciali”.

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Robert Hölzl Fr., 10.02.2023 - 19:02

Interessanterweise sind gebrauchte Kleidungsstücke gut genug, um in Second-Hand-Shops weiterverkauft zu werden, aber nicht gut genug für Hilfsorganisationen. Auch die gebrauchten Kleider in den Sammelcontainern werden nicht von Hilfsorganisationen verwendet, sondern weiterverkauft. Alle Hilfsorganisationen verlangen schon seit langem nur mehr Geldspenden. Aber die Argumente dafür, die auch in diesem Artikel wiederholt werden, sind bei näherer Betrachtung nicht unbedingt stichhaltig.
Ich glaube, dass einige Spender von dieser ausschließlichen Fixierung auf Geldspenden abgestoßen werden. Aber, wie bekannt, glauben heißt nicht wissen.

Fr., 10.02.2023 - 19:02 Permalink