Donne e sport, giù le barriere
“L’abbiamo intuito con i mondiali femminili di pallavolo e ne abbiamo avuta la conferma con quelli di calcio: lo sport a livello professionale discrimina le donne, a partire dalla legge quadro n. 91/1981 che disciplina ‘il professionismo nello sport’, declinato solo al maschile”. Per le donne l’esclusione dal professionismo è un problema ancora imponente. A ricordarlo è l’assessora alle Pari Opportunità Marialaura Lorenzini (Verdi) in occasione della presentazione di un progetto promosso dal Comune di Bolzano “Donne e Sport - Mettiti in gioco”, condiviso e sostenuto dalla Commissione comunale alle Pari Opportunità che lo ha eletto come tema di lavoro per l'anno in corso e che nasce con il supporto del CONI e del Gruppo Regionale dell’USSI (Unione Stampa Sportiva Italiana). Il progetto si pone gli obiettivi di informare, sensibilizzare e trovare soluzioni a livello locale per ridurre le discriminazioni di genere in ambito sportivo.
Lo status quo
“Le donne nell’agonismo sono sempre considerate delle dilettanti-non professioniste e quindi senza il riconoscimento dei diritti di base relativi al lavoro subordinato (assenza di tutela sanitaria, nessuna garanzia della pensione, mancata tutela per rischi assicurativi) e l’attività delle donne nello sport viene generalmente regolamentata da accordi privati con le società - argomenta Lorenzini -. L’unica soluzione per le atlete per garantirsi un futuro alla fine della carriera agonistica è accedere ai corpi militari statali che assicurano uno stipendio, il diritto al trattamento di fine rapporto e alla pensione. Le sportive guadagnano inoltre in media il 30% in meno dei colleghi uomini”.
E non solo. Un ulteriore fattore di discriminazione è la “clausola anti-maternità che permette la risoluzione di diritto del contratto, qualora l’atleta rimanesse incinta; molte atlete sono costrette a sottoscrivere scritture private in cui si vieta esplicitamente di rimanere incinta, pena l'espulsione immediata dalla società e il rischio di non poter tornare più a gareggiare, come emerge chiaramente dalle numerose denunce pervenute ad ASSIST il sindacato delle sportive - spiega ancora l’assessora Verde -. Ma anche sullo sport amatoriale, quello praticato da molti e molte giovani, gravano pregiudizi che condizionano l’accesso alle discipline: è ancora radicata l’idea che esistano sport ‘da maschi’ e altri ‘da femmine’; che le donne presentino caratteristiche fisiche che le rendono meno forti e veloci degli uomini e, quindi, meno adatte a competere ad alti livelli; che siano meno interessate in generale agli sport; che non possano allenare o arbitrare competizioni maschili perché non hanno l’esperienza o le capacità necessarie”.
È ancora radicata l’idea che esistano sport ‘da maschi’ e altri ‘da femmine’ (Marialaura Lorenzini)
Il progetto, presentato oggi (10 settembre) dal sindaco Renzo Caramaschi e dalla stessa assessora Lorenzini, prevede alcuni interventi: da una serie di conferenze pubbliche sul tema ad una ricerca/indagine rivolta al mondo sportivo locale per raccogliere elementi utili ad avviare progetti e collaborazioni con le associazioni sportive nell'ottica di favorire l’accesso e la permanenza di ragazze e donne sia nelle diverse discipline sportive, che nelle cariche direttive e tecniche. Alla presentazione hanno partecipato anche la presidente del consiglio comunale di Bolzano Judith Kofler Peintner e il direttore dell’Ufficio comunale Famiglia Donna e Gioventù Stefano Santoro. Un ciclo di 4 conferenze moderate dal giornalista sportivo e consigliere nazionale USSI Daniele Magagnin, consentiranno di approfondire questi temi con esperte del settore e con le testimonianze dirette di diverse campionesse.
La critica
Non tutti però hanno accolto l’iniziativa con favore. Particolarmente critico il socialista Claudio Della Ratta: “Si inventano discriminazioni a livello locale anche dove non esistono, pur di giustificare l’esistenza dell’inutile Commissione Pari Opportunità”, ha tuonato il consigliere comunale. “Mi domando come possa manifestarsi discriminazione di genere all’interno di compagini e manifestazioni sportive divise per genere (le donne gareggiano tra loro in strutture comunque disponibili a tutti indistintamente, le squadre sono femminili, le competizioni sportive sono suddivise tra ‘maschili’ e ‘femminili’, il gradimento e seguito da parte del pubblico non si può né si deve orientare)”.
Si inventano discriminazioni a livello locale anche dove non esistono, pur di giustificare l’esistenza dell’inutile Commissione Pari Opportunità (Claudio Della Ratta)
E ancora: “Ho tre figlie che hanno sempre praticato sport (tra le innumerevoli possibilità di scelta e accesso) senza problemi di sorta, e così tutte le loro amiche. Ma perché dobbiamo inventarci problemi anche dove non ci sono? Perché dobbiamo sprecare risorse pubbliche per tematiche risibili? O tutto si riduce a cercare di aumentare la presenza femminile nelle cariche direttive? Sono quasi tutti incarichi gratuiti a base volontaria, basta rendersi disponibili e ‘c’è posto per tutti’, maschi e femmine”.
Caro Della Ratta, mi sa che
Caro Della Ratta, mi sa che non ha capito il nocciolo della questione.