“Una riforma che non serve”

Tutto rinviato al 7 maggio. L’esame del contestato ddl Pillon sull’affido condiviso, che sta creando maretta fra Movimento 5 stelle e Lega, è iniziato il 9 aprile in Commissione giustizia ma riprenderà dopo la pausa delle festività pasquali. Durante la discussione generale la prima iscritta a parlare era la senatrice Svp Julia Unterberger, capogruppo delle Autonomie, che ha ribadito la sua contrarietà al disegno di legge del parlamentare leghista.
“Se si vuole raggiungere la bigenitorialità perfetta - scrive in una nota Unterberger - non serve superare il ddl Pillon con un'altra legge di riforma dell'affido condiviso, ma servono misure per la parità di genere. Quindi anche quello che stanno proponendo alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle serve davvero a poco. Il problema è che le donne, dopo una separazione, sono quasi sempre in una situazione di svantaggio economico rispetto agli uomini”.
Per la senatrice della Volkspartei “nella maggior parte delle coppie vige ancora una divisione tradizionale dei ruoli, per cui le donne si dedicano ai figli e alla casa e gli uomini alla carriera e al lavoro. È per questa ragione che i giudici, anche dopo la legge del 2006 sull’affido condiviso, solo in rari casi sono in grado di sancire una situazione completamente paritaria. Nella maggior parte dei casi i padri non chiedono neanche la collocazione paritaria dei figli, perché non compatibile con le loro esigenze lavorative. Pertanto i padri dovrebbero essere coinvolti all’inizio del progetto familiare, con norme che consentano la conciliazione dei tempi di vita con quelli di lavoro ma, nel contratto di governo Lega-M5S, questo obiettivo viene posto solo in relazione alle donne”.
L’idea di Unterberger è quella di seguire il modello dei paesi scandinavi, dove madre e padre sono messi nella condizione di conciliare carriera e famiglia e, pertanto, in caso di separazione, entrambi hanno il tempo e le risorse economiche per contribuire allo stesso modo all’educazione e alla crescita dei figli. “Non si può invece stravolgere al momento della separazione una divisione delle mansioni durata spesso per moltissimi anni, dove la donna ha rinunciato alla propria carriera a favore di quella del partner. È per questo che ci sono situazioni economiche totalmente differenti, motivo per cui non si può abolire il contributo al mantenimento da parte del soggetto economicamente più forte, anche perché va a danno soprattutto dei figli”.
Il giudice non è chiamato ad intervenire se riscontra abusi e violenze, ma lo deve fare nel caso in cui queste non siano dimostrabili o risultino false. In questo modo si disincentivano le donne dalla denuncia, e questo avviene in un Paese dove ogni due giorni una donna viene uccisa
Inoltre con questa proposta si punta a “depenalizzare il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, ma non ci sono sanzioni se un padre viene meno agli obblighi legati all’affidamento condiviso. Sulla casa, sempre i padri non dovranno più accettare che vada all’ex moglie e ai figli e in caso di comproprietà l’eventuale assegnatario dovrà corrispondere un indennizzo per l’uso”, così Unterberger.
La senatrice insiste poi sul ricorso obbligatorio al mediatore familiare che giudica grave. “Circa il 20% delle separazioni ha risvolti di carattere penale, con situazioni di violenza, in cui bisogna intervenire velocemente per garantire l’incolumità delle donne. Invece nel provvedimento vengono addirittura introdotte misure a protezione degli uomini denunciati per violenze dalla moglie. In pratica il giudice non è chiamato ad intervenire se riscontra abusi e violenze, ma lo deve fare nel caso in cui queste non siano dimostrabili o risultino false. In questo modo si disincentivano le donne dalla denuncia, e questo avviene in un Paese dove ogni due giorni una donna viene uccisa”.
“Il punto vero - conclude la parlamentare sudtirolese - è che non si può stabilire un comportamento uguale per tutti, imposto dall’alto, senza tenere conto delle reali condizioni della nostra società. Come si può decidere a tavolino che un bambino viva 12 giorni in una casa e 12 in un’altra, senza continuità di abitudini, condizioni materiali o magari con due genitori che vivono in città diverse? Bisogna valutare caso per caso, bisogna soprattutto introdurre norme che favoriscano un identico impegno dell’uomo e della donna nella gestione della casa e nella crescita dei figli. Solo così si potrà arrivare, quando una relazione finisce, a una condizione paritaria sia dal punto di vista del reddito di ciascuno che della possibilità di dedicare lo stesso tempo alla crescita e all’educazione dei figli”.