Calma piatta (apparente) al Brennero
Niente di nuovo sul fronte nord-orientale?
Sono circa 100mila i migranti approdati sulle coste italiane nel 2016. A rivelarlo è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e, stando a quanto afferma il capo della polizia tirolese Helmut Tomac, dallo scorso maggio si sarebbe inoltre registrato un graduale aumento degli arrivi anche al valico del Brennero. Sul versante italiano, tuttavia, la situazione continua ad essere sotto i livelli di guardia, come le nostre autorità provinciali non mancano regolarmente di sottolineare. Ma le condizioni attuali sono destinate a cambiare, dice il segretario del sindacato di polizia Siulp della Provincia di Bolzano Mario Deriu. Contingenza esplicativa, in questo senso, è offerta in questi giorni dalla città di Ventimiglia dove l’emergenza migranti non accenna ad attenuarsi: di notte si cerca di mettere piede in Francia e di giorno si torna al centro di transito per rifocillarsi. E intanto, fra manifestazioni dei No Borders e imprevisti fatali, i numeri continuano a crescere. “Ventimiglia è un classico esempio di ‘implosione del sistema’ - spiega Deriu - perché non dimentichiamoci che la finalità dei profughi è sempre quella di raggiungere il Nord Europa e se per il momento la rotta del Brennero è meno battuta per via delle iniziative unilaterali dell’Austria, è certo che queste persone troveranno qualche altro passaggio e non escludo che l’Alto Adige, dove ci sono più varchi esposti verso il Nord Europa, da Passo Resia al Brennero stesso, possano essere presi d’assalto per superare il confine”.
Geometrie variabili della politica
Rispetto alla portata del fenomeno e ai numeri dello scorso anno, l’incremento corrente dei flussi è irrilevante, “oltre al fatto che è stato di fatto adottato un maggior filtro - osserva Deriu - va considerata anche la consapevolezza da parte dei profughi della difficoltà, ad oggi, di passare il confine del Brennero, ma c’è anche una valutazione politica da fare: il problema dei flussi non potrà risolversi con prove muscolari, l’Europa e tutta la comunità internazionale devono farsi carico della questione valutando i motivi che hanno determinato questa migrazione di massa”. Uno sforzo di comprensione maggiore delle cause recondite di quanto sta accadendo, dunque, ma l’esercizio, per pigra riluttanza, rimane ancora sostanzialmente incompiuto. È una calma relativa quella che al momento vige al Brennero, i dati, peraltro, dicono che i flussi non sono diminuiti e che gli sbarchi nel Mediterraneo continuano regolarmente. E c’è un altro attore a rubare impudentemente la scena: la Turchia. “Molto dipende ora dagli umori e dalle scelte strategiche di Erdogan che attualmente sta impedendo, con modi discutibili dal punto di vista umanitario, lo scorrere dei flussi; sono molte le variabili in gioco e il quadro politico è molto fluttuante, ciò che serve è un impulso di cambiamento”, suggerisce il segretario del Siulp sottolineando i limiti oggettivi del lavoro della polizia di frontiera. “Noi siamo un organo esecutivo - prosegue -, rispondiamo a indirizzi politico-istituzionali e sappiamo che il problema migratorio non può essere scaricato sulle forze dell’ordine, siano esse italiane o austriache, noi non siamo la soluzione del problema, ma solo un lenitivo che attenua l’impatto con l’opinione pubblica”.
Ai posteri l’ardua sentenza
L’appello è a non sottovalutare i sintomi e le conseguenze di una potenziale (se non annunciata) ricaduta perché se è vero che allo stato attuale l’allarme appare rientrato “un conto - chiosa Deriu - è dire che abbiamo risolto il problema, un altro è affermare che siamo riusciti ad arginare il problema perché c’erano altre ‘valvole di sfogo’, perché i profughi, cioè, hanno trovato soluzioni alternative per attraversare la frontiera”. E ancora: “C’è stato un grande impegno operativo a gestire le scelte politiche dell’Austria che stavano mortificando il territorio e riportando alla superficie vecchie ruggini”. La sfida è ora quella di abbandonare i triti atteggiamenti pregiudiziali, i silenzi prudenti, le panacee inattuabili e i toni da saloon - spesso indici di un evidente vuoto politico - e riuscire a garantire una distribuzione quanto più omogenea dei richiedenti asilo sul territorio in modo da ottenere un "contraccolpo" meno invasivo possibile. “Occorre concentrarsi sull’assistenzialismo - chiosa Deriu - perché se i migranti si rassegneranno a stare sul nostro territorio sarà necessario offrire una soluzione concreta, che è per definizione diversa da quella adottata nell’emergenzialità dell’arrivo e nella prima accoglienza. In questo senso - conclude - c’è bisogno di una ristrutturazione della nostra società perché che ci piaccia o no questo è il futuro che ci aspetta e il mondo, al di là delle proprie posizioni ideologiche, dovrà impegnarsi ad evitare collisioni devastanti dal punto di vista sociale. Se riusciremo a creare integrazione, certamente nelle giuste misure, che non è cosa facile, avremo una società migliore, ma capiremo solo fra vent’anni se ne siamo stati capaci”.