Le lingue invisibili
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A giudicare dai nuovi dati forniti dal Barometro linguistico ASTAT dopo dieci anni di attesa, la società sudtirolese appare più bilingue, ma ancora “separata in casa”. Le regole dell’Autonomia – in primis censimento e dichiarazione linguistica – finiscono inevitabilmente per consolidare appartenenze rigide, anche tra i figli di famiglie bilingui. Inoltre, un crescente numero di ladini dichiara il tedesco come madrelingua, secondo l’ASTAT un potenziale “campanello d’allarme” da monitorare – nonostante il modello scolastico paritetico delle valli ladine sia citato come esempio di un’ipotetica scuola bilingue provinciale, opzione aggiuntiva sostenuta oramai da una larga maggioranza della popolazione. Tutto questo mentre la SVP evoca test linguistici negli asili per regolare l’accesso alla scuola tedesca, sollevando dubbi su una valutazione così precoce dei bambini.
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“Il sistema scolastico produce alterità”
Heidrun Demo legge i dati ASTAT come la conferma che il sistema scolastico altoatesino, basato sulla separazione delle scuole per gruppo linguistico, coltiva identità distinte e poco permeabili. Anche i figli di famiglie bilingui finiscono per collocarsi in un solo gruppo, perché la scuola stessa impone categorie rigide: “La provincia di Bolzano è considerata un modello europeo di inclusione scolastica per la disabilità, eppure mantiene una struttura separata per lingua, che agli occhi degli osservatori esterni appare incoerente”.
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Sui test a 4 anni, Demo è molto netta: testare bambini così piccoli significa selezionare e creare percorsi scolastici diseguali fin dall’inizio. Anticipare la selezione, infatti, produce ingiustizie e carica le famiglie di compiti che non tutte possono sostenere. Ma vi sono due fattori che potrebbero invece “smuovere” il sistema: l’arrivo di alunni con background migratorio nonché le famiglie italiane che iscrivono i figli alla scuola tedesca, alla ricerca di un vantaggio linguistico, “irritazioni” che possono essere positive, se la scuola sceglie un approccio aperto e non difensivo. Anche il dialetto, nota Demo, è di fatto escluso dalla scuola che privilegia lo standard tedesco. Ma esso potrebbe avere un ruolo nella costruzione di un plurilinguismo più ampio e naturale, prevedendo spazi per l’insegnamento o la visibilità di più lingue, non solo le tre storiche.
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Sofia Stuflesser osserva un rafforzamento dello status del ladino, un tempo considerato un semplice dialetto: “Oggi il ladino è riconosciuto e rispettato, anche se la qualità linguistica è calata rispetto a 20–30 anni fa”. “Molti bambini parlano 6 o 7 lingue, un patrimonio che il dibattito pubblico tende a ignorare” aggiunge però Stuflesser, secondo cui la prospettiva dovrebbe spostarsi dalla difesa di una lingua alla valorizzazione del repertorio plurilingue. Il sistema scolastico paritetico, nato nel 1948 tra molte resistenze, è oggi motivo di orgoglio ed è scelto anche da studenti non ladini, perché consente di acquisire entrambe le lingue provinciali. Ma la scuola ladina resta difficilmente replicabile altrove (in quanto la scuola tedesca “è un pilastro dell’Autonomia”) sebbene vi siano iniziative private per estendere le scuole bilingui in altri comuni.
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Le ospiti di questa puntata della Streitergasse sono:
- Heidrun Demo, professoressa di pedagogia dell'inclusione all'unibz;
- Sofia Stuflesser, collaboratrice dell'area pedagogica dell'intendenza scolastica ladina.
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