Il leader vince sui social
A due settimane dalle elezioni europee, OpenPolis pubblica un'analisi delle campagne pubblicitarie che i principali partiti hanno realizzato sui social network, consapevole del peso crescente di questi strumenti nelle ultime tornate elettorali. Grazie alle operazioni di autoregolamentazione messe in campo da Facebook e Google, infatti, è possibile analizzare alcuni dati parziali, del fenomeno, a partire dal volume economico della questione.
"Durante la campagna elettorale per le elezioni europee 2019 - considerando solamente i profili dei principali partiti nazionali, dei loro leader, e dei loro capolista - sono stati spesi oltre 660mila euro - spiega OpenPolis -. Tanti soldi, prova del fatto che ormai il Parlamento non può più ignorare la questione". Al di là dei risultati, infatti, il tema vero è mentre la comunicazione elettorale standard e quella televisivi è regolamentata, i social network restano un terreno brado, come una città che cresce all'infinità senza piano regolatore. Servirebbe, cioè, un adeguamento delle normative nazionali in materia.
Il partito su facebook non porta voti
Partiamo dai dati: lo schieramento di centrosinistra, considerando il profilo del partito, del segretario e dei vari capolista, ha speso in totale 197.893 euro. A seguire, occupano seconda e terza posizione sul podio la Lega (152mila) e Forza Italia (142mila). Il Movimento 5 stelle, invece, ha speso appena 50mila euro in sponsorizzazioni su Facebook e Google.
Guardando invece ai singoli profili, a spendere di più sono quelli del Partito democratico (164mila euro), quello di Matteo Salvini (128mila) e infine quello di Silvio Berlusconi (93mila). Commenta OpenPolis: "[Questo] dato oltre alla grandezza economica ci racconta anche delle diverse strategie comunicative utilizzate. Mentre il movimento di centrosinistra ha puntato sul brand del partito, e sul finanziare quindi inserzioni dal profilo del Partito democratico, gli schieramenti del centrodestra hanno invece incentrato le campagne sulle personalità dei due leader di Lega e Forza Italia".
Un investimento mirato, che ha portato Salvini e Berlusconi (e quindi la Meloni, terzo leader per spesa, con circa 35mila euro) sul podio delle preferenze personali.
Un nuovo mercato senza controllo
L'analisi, condotta nell'ambito della campagna Watchdoc, che fa leva sull'esigenza di garantire trasparenza e accountability nel rapporto tra cittadini e istituzioni, permette ad OpenPolis di evidenziare un importante gap normativo da riempire: "la legge 515 del 1993, che regola lo svolgimento delle campagne elettorali", e "la 212 del 1956, che invece norma in concreto le propagande elettorali", non sono state integrate ed adattate al largo utilizzo che la classe politica fa dei social e degli strumenti di comunicazione online. I problemi sarebbero la mancata inclusione delle spese per la propaganda online nelle schede di rendicontazione che bisogna consegnare alla fine di ogni campagna elettorale; la mancanza dell'obbligo di comunicare il nome del mandatario (cioè di colui che finanzia l'inserzione), sempre presente nei manifesti elettorali; l’obbligo di silenzio elettorale, che vige dal giorno precedente del voto, e che è impossibile da applicare - almeno in maniera chiara - su internet.