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DiGiacinto, il nuovo "eroe" della curva

Dopo il fight con il gigante Svedberg nel derby, l'attaccante italo canadese adorato dai tifosi biancorossi si racconta: dalle origini abruzzesi, al desiderio di diventare un giocatore nuovo nella dimensione europea.
di giacinto esulta
Foto: Manfred Mair
  • I Foxes, dopo alcuni giorni di riposo in coincidenza con la pausa per l’attività della Nazionale, hanno ripreso gli allenamenti alla fine della scorsa settimana. La notizia positiva per coach Hanlon è che sia Dustin Gazley che Enrico Miglioranzi, assenti per infortunio nelle ultime partite, si allenano in gruppo a pieno regime. E’ prossimo il loro rientro. Abbiamo assistito ad un’ora e mezza di allenamento ad alta intensità. Esercizi di intesa 3 contro 2 e prova di schemi di impostazione e tiro. Divertente i match ad alta velocità, 3 contro 3 a campo ridotto a metà pista.

    A fine allenamento abbiamo incontrato a bordo pista Cristiano DiGiacinto, giocatore ventottenne italocanadese, arrivato a Bolzano l’anno scorso a stagione iniziata e confermato a furor di popolo per la presente stagione. Attaccante di tecnica e fisico, ala sinistra e centro alla necessità, di 1,83 m per 88 chilogrammi, Digiacinto viene da una carriera di alto livello in Nord America dove ha militato, dopo le leghe giovanili dell’Ontario, in American Hockey League, la seconda lega nord americana, negli Hartford Wolf Pack, team affiliato al sistema dei New York Rangers e, prima, in EHCL nei Jacksonville Icemen. DiGiacinto è stato draftato nel 2014 al sesto giro, 170 assoluto, dai Tampa Bay Lightning ma non ha mai esordito in NHL.

    SALTO: Cristiano, partiamo da questa stagione. Dopo un quarto del calendario di lega possiamo dire che abbiamo un buon Bolzano. Quanto forte?

    Cristiano DiGiacinto: Sì, siamo un buon team. Penso che fino ad ora siamo stati bravi, ma allo stesso tempo so che abbiamo ancora molto da fare. Siamo solo all’inizio del lavoro. Abbiamo vinto buone partite, ma con i ragazzi che abbiamo possiamo avere ben altri obiettivi.

  • Cristiano DiGiacinto: ascolta le indicazioni di coach Hanlon Foto: SALTO C.B.
  • I tifosi possono essere ottimisti?

    Certo. Sta solo a noi. Abbiamo le carte in regola, ma dobbiamo continuare a migliorare. C’è margine. Molto.

    Fino ad oggi i Foxes hanno incontrato tutte le squadre dell’ICE Hockey League, tranne Villach (partita il 13 novembre, alla Sparkasse Arena). Quali squadre sono le più insidiose? 

    Onestamente, ogni squadra che abbiamo affrontato finora è stata di buon livello e tutti ci hanno dato filo da torcere. In realtà molte squadre mi hanno sorpreso per il loro livello e i grandi miglioramenti rispetto all’anno scorso. Tutti quelli che vengono qui a Bolzano lo fanno per batterci perché siamo un top team e vincere contro di noi rende una squadra vincente nella lega. Tutti danno il 100% contro di noi. Personalmente, pensavo che avessimo buone possibilità di vincere già l'anno scorso e la sconfitta con il Salisburgo è stata davvero molto dolorosa. Giocare contro di loro e batterli è sempre un obiettivo.

    Vedendovi sul ghiaccio durante le partite, ma anche oggi in allenamento, date l’impressione di un gruppo molto unito…

    Questa è la cosa più importante. In passato ho giocato in molte squadre di diversi campionati. Un gruppo vincente è fatto di amicizia e stima sul ghiaccio e fuori dal ghiaccio. Si vince solo quando si è un gruppo saldo e qui a Bolzano siamo molto uniti. 
    I nuovi arrivati si sono inseriti subito bene e in questo è fondamentale il lavoro di chi è qui da qualche anno. Spetta a loro trasmettere la cultura vincente e ragazzi come Frank, Halmo e Frigo hanno costruito negli anni un clima accogliente e amichevole nello spogliatoio. Appena si arriva ci si sente parte di una famiglia.

    Nella parte iniziale della stagione ha giocato in linea con Finoro centro e Salinitri all’altra ala. Con il ritorno di Mike Halmo dall’infortunio, sta giocando in linea con lui e Brad Mcclure come centro. Sono linee piuttosto diverse…

    Sì, credo che coach Hanlon stia cercando di capire cosa funziona e cosa no. Per me non è importante con chi gioco, ma come giochiamo assieme. Quest’anno abbiamo 4 linee esperte, e si tratta solo di capire chi si combina con chi in quel momento. Quindi, per me, non è importante con chi gioco in linea, l’importante è che il gioco giri e giri bene. Giocare con ragazzi come Finoro e Sally (Salinitri, ndr) mi dà grande spinta, sono ragazzi di grande abilità e velocità. Ultimamente gioco con Halmo che ha caratteristiche simili alle mie. Lui gioca come me, è molto fisico (sorride)…. Brad (Mcclure) è veloce, quindi abbiamo un mix di tutto e credo che sia questo che serve ad essere vincenti.  Funziona così in una squadra vincente: se qualcuno non gioca bene, non è al top o ha una cattiva serata, un altro si fa avanti o se qualcuno si fa male, Dio non voglia, sa sempre che qualcun altro si farà avanti e potrà prendere il suo posto dando tutto. Questo è ciò che serve per avere un team vincente.

  • Fight: tra DiGiacinto e Svedberg durante il derby a Brunico. Foto: Manfred Mair
  • Già da tempo era tra i preferiti dei tifosi, ma dopo il derby con il Pustertal e il fight con il grosso difensore svedese Svedberg, è diventato praticamente un eroe cittadino. Come vive tutto questo?

    Beh, ogni derby è una partita speciale ed è molto divertente.  E duro. La mia prima partita a Bolzano è stata un derby. In ogni partita cerco di portare tutto quello che ho a livello fisico. Nei derby ancora di più! Con la grinta e la fisicità posso segnare, posso fare buone giocate e prendere anche qualche penalità…. Cerco di portare tutto quello che ho alla squadra e la fisicità è un fattore importante del mio gioco. Quando giocavo in America, mi piaceva lo scontro fisico, anche duro. Quello porta nelle partite un’alta intensità emotiva che è fondamentale.  Per parlare dei Foxes, quando hai una squadra così fisica e potente come la nostra, gli avversari tendono a non cercare lo scontro fisico con te. E’ per quello che non avevo ancora avuto dei fights come quello con Svedberg del Pustertal. Però si, è stato bello mostrare ai tifosi anche quella parte di quello che sono, è stato divertente. Volevo farlo qui a Bolzano la prima volta, ma credo che a Brunico nel Derby vada bene lo stesso, no? (ride)

  • Cristiano DiGiacinto: in allenamento Foto: SALTO C.B.
  • Gli scontri e il gioco duro sono più comuni ora rispetto a qualche anno fa, sia nell’ICE hockey league che in generale nell’hockey. A questo è legato anche al fenomeno mediatico cresciuto intorno al giovane fighter Matt Rempe, dei New York Rangers, che tra l’altro è stato suo compagno di squadra nei Wolfpack ad Hartford. Consa ne pensa del dibattito su fights e gioco duro old school?

    Per quanto mi riguarda, penso che sia parte del gioco. La questione è evitare di farsi male. Quando andavo a scuola, nell’hockey giovanile, per evitare infortuni, non era assolutamente permesso avere risse sul ghiaccio. Oggi questa regola è meno rispettata e purtroppo si prendono a botte anche i ragazzini e non dovrebbero. Farsi male nell’età della crescita è molto pericoloso. Quando invece si gioca in un campionato in cui è consentito combattere bisogna comunque farlo nel modo giusto con le regole base della correttezza che l’hockey ha, anche se non scritte. Deve essere chiaro che negli scontri di gioco non si deve colpire qualcuno da dietro o alla testa. E se lo faccio so che poi qualcuno dell’altra squadra mi darà giustamente la caccia e me la farà pagare. Alla fine questo serve anche a mantenere la sicurezza dei giocatori. Anche in questo è importante lo spirito di squadra.

    Hard but not dirty…

    Esattamente. Il gioco sporco no. Questo gioca un fattore fondamentale nel confronto tra due squadre. Quando entriamo in campo i nostri avversari sanno bene che non posso fare i prepotenti con noi. Con i Foxes devi giocare rispettando le regole, anche quelle non scritte, e mantenere la sicurezza. E quando, di rado, questo non succede bisogna mostrare bene chi comanda. Giusto no?

    Lei è nato in Ontario, a Hamilton e nelle vicinanze di Toronto. Ci parli un po' delle sue origini.

    Hamilton, dove sono cresciuto, è una città operaia. I miei bisnonni, sia quelli materni che quelli paterni, sono nati in Italia e sono venuti in Canada a lavorare nelle grandi acciaierie, facendo lavori veramente pesanti e grandi sacrifici. Sono emigrati dall’Italia alla ricerca delle opportunità che c'erano all'epoca in Canada. A Hamilton c'erano molte occasioni di lavoro nelle fabbriche, ed è lì che lavorano moltissime persone arrivate dall’Europa.  Poter oggi tornare in Italia a lavorare, nel Paese di origine dei miei antenati è una amozione. Sono stato a Roma lo scorso fine settimana e ho avuto modo di vedere alcuni siti storici e di andare in Vaticano. E’ un emozione conoscere il Paese da dove venivano i miei bisnonni e ho potuto anche comprendere meglio perché al tempo sono dovuti emigrare in Ontario e in Canada. E’ bello essere tornati qui in Italia.

    Da dove venivano i suoi bisnonni precisamente?

    Le mie origini paterne sono in Abruzzo, a Teramo. La famiglia di mia madre è delle parti di Roma.

  • Foto: Collezione privata

    Alla partita contro Salzburg qui al Palaonda, abbiamo notato un gruppo di persone che indossavano la sua maglia. Uno di loro aveva addirittura la sua maglia 96 degli Spitfire. Visite dal Nord America?

    Sì, era la mia famiglia. Tutta la mia famiglia è venuta a trovarmi, ed è stato bello. Era la loro prima volta qui a Bolzano e sono rimasti a bocca aperta, i fan erano così amichevoli e gentili. Il tifo qui è molto diverso che da noi! Hanno subito amato anche la città, i ristoranti, le montagne, tutto quello che c'è qui è fantastico. Hanno fatto proprio un bel viaggio e hanno avuto modo di vedermi giocare dopo tanto tempo. Molto bello!

    Un’ultima domanda sul suo numero di maglia. Qui a Bolzano ha l’11 ma abbiamo visto che aveva il 96 sia agli Spitfires che ai Wolfpack. Come sceglie il suo numero? Perché qui ha scelto l’11? 

    Per tutta la carriera, fin da bambino, ho avuto il 96, che è il mio anno di nascita. Ma venendo qui ho voluto cambiare. Voglio sia chiaro e visibile che arriva qui un giocatore nuovo, diverso. Sono venuto qui in Italia, a Bolzano, con l’obiettivo di evolvere. Non voglio essere la stessa persona e lo stesso giocatore che ero, voglio cambiare e migliorare. Voglio essere uno scorer, un giocatore fisico, un leader. Sono qui per vincere un campionato…  Ho scelto il numero 11 perché mio padre è stato il numero 11 per tutta la vita. Era un buon giocatore a livello amatoriale. Decidere di venire qui, di giocare in Italia, è come ricominciare da capo. Per questo ho preso anche un nuovo numero.

    Grazie Cristiano e buona fortuna.

    E forza Bolzano!