Gentiloni e l'esempio di Langer
In questa Italia post-referendaria è proprio tutto molto interessante, parafrasando Fabio Rovazzi. A cominciare dall'uscita di scena del premier Matteo Renzi sino a data da destinarsi – nonostante avesse più volte annunciato l'abbandono definitivo dell'attività politica in caso di sconfitta al referendum. “Sai cosa ti dico, il ca**o che me ne frega, di voi e del paese” canta il Renzi-Rovazzi di Maurizio Crozza. E così l'ormai ex-inquilino di Palazzo Chigi ha trascorso la domenica in famiglia, andando a messa nella sua Pontassieve, da dove prepara l'atteso ritorno da rockstar. D'altronde “che ne sanno i duemila” del sangue blu e dei trascorsi proletari del Ministro per gli Affari esteri e ora Presidente del Consiglio incaricato Paolo Gentiloni, renziano di nobili origini marchigiane con la passione per le Alpi austriache e la Juventus (sarà il primo premier bianconero dopo 36 anni). Discendente dai conti Gentiloni Silverj, originari di Tolentino (Macerata), tra i suoi antenati troviamo Domenico Silverj – primo sindaco del comune nello Stato pontificio e fiero sostenitore della Repubblica Romana del 1848 – nonché Vincenzo Ottorino Gentiloni, uomo di fiducia di Pio X e promotore dell'omonimo “Patto” con Giolitti, che riportò i cattolici nella vita politica italiana al voto del 1913, dopo il grande rifiuto dai tempi della Breccia di Porta Pia.
La meglio gioventù
Secondo i biografi, il giovane Gentiloni riceve un’educazione familiare cattolica, studia al liceo “Tasso” di Roma, si laurea in Scienze politiche. Negli anni Settanta scappa di casa “per partecipare alle occupazioni studentesche a Milano” (non aveva ancora diciott'anni) ed entra in contatto con il “Movimento Studentesco” di Mario Capanna, a capo della contestazione comunista a Milano. Farà politica all’interno della sinistra extraparlamentare – prima nel Movimento Lavoratori per il Socialismo (MLS) e poi nel Partito di Unità Proletaria per il Comunismo (PdUP) – e si avvicinerà ai temi del pacifismo, lavorando come giornalista delle riviste “Fronte popolare” e “Pace e Guerra”, quest'ultima diretta dai fondatori de il manifesto Luciana Castellina e Michelangelo Notarianni. Il consigliere dei Verdi Riccardo Dello Sbarba ricorda a malapena il ministro: “Eravamo nella stessa redazione del settimanale Pace e Guerra di Rodotà e Castellina, però io facevo inchieste nel nord Italia. L'avrò incrociato un paio di volte, non mi ricordavo neppure se era lui, poi ho visto la biografia, e lo era.”
Sciogli e ricomponi
Prima di approdare alla Margherita, all'Ulivo e quindi al PD, Gentiloni ha abbracciato la causa ambientalista. Nel 1984 dirige la rivista “Nuova Ecologia” edita dalla Legambiente di Ermete Realacci e Chicco Testa. Dopo otto anni di direzione del mensile, nel 1993 diventerà portavoce del sindaco di Roma Francesco Rutelli, allievo di Marco Pannella e fondatore nel 1989 dei Verdi Arcobaleno. In quegli anni Gentiloni incrocerà l'europarlamentare Alexander Langer, come ricorda nel corso di una commemorazione del Gruppo verde al Parlamento europeo, alla presenza del presidente Martin Schulz, di Florian Kronbichler, Adriano Sofri, Rebecca Harms, Claudia Roth, Edi Rabini e della vedova Valeria Malcontenti-Langer: “Ho incrociato Alex negli anni Ottanta, prima nelle mobilitazioni pacifiste e poi negli anni della nascita dei Verdi in Italia; lui era un dirigente, io un militante pacifista e più tardi un giornalista che si occupava di questioni ambientali. Avevo 8-9 anni meno di Alex, lui era innanzitutto un buon esempio, un precursore allora scomodo, molto in anticipo sui tempi. Si pensi al ruolo delle donne nelle nostre organizzazioni: ricordo un congresso di Legambiente in cui piantò una grana enorme perché nel gruppo dirigente c'era un numero di donne che riteneva insufficienti e lo faceva notare, con gentilezza ma decisione. Del suo messaggio abbiamo introiettato molti elementi nel dibattito politico italiano: lui utilizzava il motto alchemico “solve et coagula” per parlare delle dinamiche interne ai Verdi; noi questa formula ce la siamo rivenduta per anni, nel Partito democratico il solve et coagula è andato alla grandissima.”
Un amico dell'Autonomia
Il ministro degli esteri Gentiloni non ha mai perso occasione per lodare il modello autonomista sudtirolese. A un summit sulla crisi ucraina, ha parlato “del nostro modello in Sud Tirolo. È possibile trovare una soluzione che rispetti la sovranità dell'Ucraina, preservi i suoi confini e rispetti i diritti delle minoranze, se Mosca ha la volontà politica di accettarla. Tutto ora dipende dalle decisioni della Russia”. Negli ultimi mesi Gentiloni ha fatto visita a Bolzano per presenziare alla chiusura della campagna elettorale di Renzo Caramaschi (auspicando un'intesa con l'Austria sulla crisi dei rifugiati) e alla “giornata dell'Autonomia” a Castel Firmiano.
Un vero e proprio vertice italo-austriaco con l'omologo d'Oltrebrennero Sebastian Kurz, nel corso del quale l'inquilino della Farnesina ha definito la riforma Renzi-Boschi (poi bocciata) “una chance per lo sviluppo dell'Autonomia” - salvo rendere omaggio alla partigiana paladina del “no” referendario Lidia Menapace. Secondo il deputato di Sinistra Italiana Florian Kronbichler l'arrivo a Palazzo Chigi di Gentiloni è “il meglio che possa passare al convento: il ministro riassume in sé valori della sinistra e dell’ecologismo, è una faccia pulita e benché “convertito” a leale seguace del suo capo di partito, non lo si può tacciare di “pentito” o peggio di “rinnegato”. Nel governo Renzi si è contraddistinto fra i ministri più indipendenti e autorevoli. Ha improntato alla diplomazia italiana una propria autorevolezza come l’Italia non l’ha più avuta. A differenza della sua predecessora (e ora Alta rappresentante dell’UE) Federica Mogherini, Gentiloni ha “fatto” politica estera”. Chissà se anche da Presidente del Consiglio saprà fare la differenza dal suo predecessore.