“Noi, italiani a Londra: niente panico”
Abbiamo raccolto testimonianze in giro per il mondo per capire come viene vissuta, nei vari Paesi, la situazione coronavirus. Oggi: Priscilla Gatto vive da tre anni a Londra, dove la sua passione è diventata la sua professione: dare alle persone la possibilità di conoscere lingue e culture nuove, allargando i propri orizzonti. Oggi è senior project manager presso la Sagitter Training, azienda che da anni si occupa della gestione di programmi europei quali Erasmus plus, Torno subito e Garanzia giovani. La pandemia ha cancellato con un colpo di spugna progetti ed eventi in agenda. Ma la passione non si arrende dinanzi agli ostacoli e, in Inghilterra come in Italia, la voglia di ricominciare è tanta. Le nuove sfide in attesa di ripartire: non permettere alla crisi di tagliare i ponti tra le persone di Paesi diversi e scoprire una dimensione “smart” in cui coltivare e vivere l’internazionalità.
salto.bz: Vorresti dirci qualche parola su di te e su come sei giunta ad occuparti di mobilità internazionale?
Priscilla Gatto: Incomincio col dire che a un certo punto nel mio curriculum c’è stato un cambio di rotta: ho infatti una laurea in giurisprudenza con un focus in International Right, mentre la mia carriera mi ha portata nel settore dell’educazione. La svolta è avvenuta nel 2014, subito dopo la laurea, quando ho deciso di intraprendere un’esperienza di volontariato con l’organizzazione internazionale Aiesec, che mi ha vista impegnata per tre mesi in una scuola collegata ad una piccola Ong locale a Dar Es Salaam, in Tanzania. Da allora ho avuto l’opportunità di partecipare a diversi progetti del genere, tra cui lo Sve (servizio volontario europeo), che ho svolto ad Amsterdam, in un centro di accoglienza per migranti. In seguito mi sono trasferita in Inghilterra e ho lavorato come volunteer coordinator presso la Bucks University, nel Buckinghamshire. Questa è stata la mia grande opportunità di addentrarmi nel sistema educativo non solo dal punto di vista pratico ma anche da quello più tecnico e amministrativo (ho ad esempio compreso quanto il sistema universitario inglese sia diverso dal nostro). Dopo questa breve ma intensa esperienza, sono infine approdata al mio lavoro con Sagitter Training.
Come definiresti in breve il tuo mestiere?
Il mio mestiere è stimolare le persone a mettersi alla prova, ad esempio permettendo loro di compiere un percorso presso realtà aziendali, e a trascorrere un periodo di breve, media o lunga durata all’estero. In questa avventura noi le affianchiamo dal punto di vista logistico e formativo: spesso lavoriamo con giovani di 15-16 anni che si ritrovano per la prima volta in un paese straniero. Per supportare al meglio la loro esperienza lavoriamo a stretto contatto con le famiglie ospitanti, ritenendo il soggiorno presso una famiglia del luogo uno strumento fondamentale per conoscere la cultura del paese.
Parlando con colleghi e amici italiani in varie città inglesi, mi sembra che condividano le mie stesse sensazioni: nutriamo preoccupazioni ma fino a un certo punto
Vi occupate esclusivamente di programmi rivolti ai giovani?
Ci occupiamo di mobilità e avviamento al mondo del lavoro anche a prescindere dall’età. Ad esempio l’autunno scorso abbiamo ospitato in collaborazione con la Provincia di Trento un gruppo di persone interessate ad una riqualificazione professionale: fascia di età tra i 18 e i 55 anni. Hanno svolto quattro mesi di stage, con un primo mese di corso di lingua intensivo. Molti dei partecipanti si sono detti entusiasti dell’iniziativa e un paio hanno espresso l’intenzione di tornare in Inghilterra a cercare lavoro. Non appena sarà possibile prevediamo di continuare col progetto.
Come è cambiata in questi giorni la tua attività lavorativa?
Sul versante lavorativo anche noi siamo entrati tutti nella dimensione dello smart working. Purtroppo, vista l’impossibilità di effettuare viaggi da e per l’Italia abbiamo dovuto sospendere tutte le nostre attività in programma, modificare le agende e occuparci dei rimborsi. Non vogliamo fermarci però dinanzi a queste difficoltà e stiamo al momento lavorando su nuove modalità per continuare a realizzare a distanza la nostra mission.
Frequenti la comunità italiana a Londra? Quali sono le maggiori preoccupazioni dei connazionali in Inghilterra?
Parlando con colleghi e amici italiani in varie città inglesi, mi sembra che condividano le mie stesse sensazioni: nutriamo preoccupazioni ma fino a un certo punto. Ad esempio, quando nei negozi si è cominciato a fare la fila, nelle prime settimane c’è stato un vero e proprio assalto: non si trovavano più pasta, farina, la “famosa” carta igienica. Noi giovani ci siamo organizzati ma senza lasciarci prendere dal panico, visto che i supermercati assicuravano che ci sarebbe stato un rifornimento costante. Per il resto, a livello generale si respira un clima piuttosto disteso qui a Londra. La paura in realtà ci prende più quando leggiamo le notizie dall’Italia, assistendo da lontano ad un momento difficile per il nostro paese, non potendo stare vicino ai nostri cari. Ovviamente per noi expat c’è quel senso di sospensione, di incertezza: non possiamo sapere quando potremo fare una vacanza nel nostro paese, quando rivedremo le nostre famiglie. Stiamo tutti sul sito di Ryanair a controllare in continuazione gli aggiornamenti. Si parla forse di voli a cominciare da giugno, ma per ora possiamo solo attendere.
Né il covid-19 né la Brexit ci fermeranno!
Sono stati molti i disagi per voi e i partecipanti ai vostri progetti, allo scoppio della pandemia?
C’è stata della paura naturalmente da parte delle famiglie dei ragazzi, la preoccupazione che si ritrovassero bloccati senza la possibilità di tornare a casa. Dal punto di vista organizzativo è stato tutto gestito in tempi rapidi e con la massima efficienza proprio perché eravamo pronti, sia noi che le agenzie partner, dopo aver assistito alle prime settimane in Italia. Un gruppo solo si è trovato direttamente coinvolto in questa situazione, circa una decina di neolaureati dal Veneto, rientrati in anticipo verso metà marzo su decisione della loro agenzia locale. Anche ai nostri stagisti interni abbiamo dato il consiglio di rientrare in Italia. Stanno ad oggi continuando a supportarci da casa soprattutto con la gestione dei social media, proseguendo la loro esperienza di stage da remoto.
Menzionavi prima una diversa modalità di progetti su cui state lavorando. Ci puoi anticipare qualcosa?
È una novità a cui abbiamo iniziato lavorare da questa settimana, che partirà da giugno. Lanceremo una serie di moduli online. L’obiettivo è garantire una copertura di quanto offrivamo fino ad ora, comprese le opportunità di percorsi quali come diventare un giornalista, una guida turistica, un film maker, o uno specialista del digital marketing. Proporremo poi lezioni di lingua inglese e spagnola con insegnanti madre lingua e preparazione agli esami per le certificazioni linguistiche. Abbiamo anche pensato di organizzare un’ora di aperitivo online con quelle che sarebbero state le famiglie ospitanti, proprio per garantire quella dimensione di incontro tra culture che ci sta particolarmente a cuore. L’abbiamo battezzata Digital summer school: vogliamo dare ai giovani, una volta conclusa la scuola, l’occasione di continuare a formarsi e disegnare il proprio futuro. Comunque non ci saranno limiti di età, quindi potrà iscriversi chiunque volesse acquisire nuove competenze.
E con la Brexit come la mettiamo?
Ci è stato garantito, come conferma il sito della commissione europea, che per il 2021 dovrebbero rimanere attivi tutti i progetti del gruppo Erasmus, compresi gli stage. Concretamente è tutto da vedere: ad esempio non si sa se sarà necessario un visto, o se basterà il passaporto... A leggere i giornali inglesi adesso sembra quasi che la questione sia stata dimenticata. Ci sono voci che parlano addirittura di una proroga della fine dell’anno di transizione, ad oggi sulla carta prevista per il gennaio 2021. Per quello che riguarda noi, non siamo preoccupati dal punto di vista professionale, la nostra presenza qui resterà regolare, continueremo a lavorare nonostante gli ostacoli e, se necessario, a cercare altre modalità di scambio internazionale. Al momento non sappiamo a quale data potranno ricominciare i progetti in presenza, si spera entro la fine dell’anno, ma nel frattempo continueremo in versione digitale. Insomma, né il covid-19 né la Brexit ci fermeranno!