Long-Covid nell'economia dell'AltoAdige
La tanto sperata ripresa economica tentenna e non riesce ancora a recuperare la ricchezza bruciata nell’anno della pandemia. Come si legge sul bollettino ASTAT di giugno 2021 dedicato all’impatto della pandemia sulla società altoatesina, il 2020 ha registrato una contrazione funesta nell’economia provinciale e le previsioni per l’anno in corso – un aumento di circa sei punti percentuali – non sembrano essere adeguate a una piena ripresa.
Il modello economico comune a entrambe le province autonome presenti in regione, quello cioè basato principalmente su attività ad alto valore aggiunto come il turismo, ha dapprima subito il blocco delle attività imposto dalla pandemia globale, salvo registrare una successiva risalita nell’estate 2020. Tuttavia, l’exploit estivo atteso anche per quest’anno non dà segno di voler fare la sua parte. Sul rapporto annuale relativo alle economie regionali stilato dalla Banca d’Italia, con particolare riferimento al trend del turismo in Alto Adige si può infatti leggere: I pernottamenti turistici sono calati di oltre un terzo risentendo soprattutto della chiusura anticipata della stagione invernale 2019-2020 e del mancato avvio di quella 2020-21. Dovremo aspettare quantomeno le stime del primo semestre 2021 per aver sufficiente visibilità sul contributo positivo del settore alla ripartenza dell’economia altoatesina.
Le avversità economiche che imperversano in Europa così come sul territorio Sudtirolese non sono però isolabili e ascrivibili unicamente all’impatto del Covid-19. Due tra i principali indicatori che segnano la salute di un sistema economico riportano cifre in crescita. Tuttavia, questo non è un buon segno per i portafogli delle famiglie altoatesine. Si tratta infatti del livello di disoccupazione e dell’indice dei prezzi al consumo alias la tanto temuta inflazione.
La Provincia Autonoma di Bolzano ha segnato nel mese di maggio 2021 un aumento di 90 punti base nel tasso di disoccupazione e un incremento annuale nell’indice dei prezzi al consumo (inflazione core) che si attesta al 2,4%. La gestione di questi valori dovrà prevedere una risposta locale che non dimentichi il panorama globale dal quale sono influenzati.
La disoccupazione, non solo lavori stagionali
A fronte di un mancato stimolo nel settore turistico e un concomitante incremento registrato nel tasso di disoccupazione, si potrebbe pensare alla fisiologica stagionalità caratterizzante il mercato del lavoro nel settore turistico. La disoccupazione registrata dall’istituto di statistica provinciale ASTAT mostra però una situazione diversa. Si tratta di un incremento nel tasso di disoccupazione strutturale.
Al conteggio delle persone disoccupate presenti in provincia, vanno poi aggiunte anche quelle inattive, che durante l’ultimo anno sono aumentate sensibilmente passando da un tasso di inattività nel 2019 pari al 23,7% al 24,9% registrato nel 2020. Questa l’istantanea di un mercato del lavoro in contrazione su cui pesano le limitazioni alla mobilità decise a Roma e il rallentarsi della supply chain a livello globale con il conseguente aumento dei costi di produzione. Ed è qui che entra in gioco il contraltare dell’inflazione.
L’inflazione, uno stimolo insostenibile
La teoria economica propone una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione. Al crescere dell’una, secondo la curva di Philips dovrebbe diminuire l’altra. Nell’esempio altoatesino, così come a livello nazionale in molti stati europei, non è così che stanno andando le cose. L’inflazione corre e senza misure contenitive potrebbero esserci conseguenze spiacevoli per le famiglie della regione.
Come riportato dall’Istituto Altoatesitno di Statistica ASTAT, la tendenza inflazionistica nella Provincia Autonoma di Bolzano si attesta ai massimi da prima del 2019.
Il combinato aumento di disoccupazione e inflazione, potrebbe essere dovuto in parte sia a shock negativi specifici come l’aumento del prezzo di alcune commodities e dell’energia (basti pensare al recente aumento del prezzo del greggio), sia a shock negativi più pervasivi come per l’appunto la pandemia da Covid-19.
L’aumento generale del livello dei prezzi, che solitamente è considerato una manovra espansiva a favore di una spirale positiva nel ciclo economico, non essendo sostenuto da una crescita economica a controbilanciare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie altoatesine, che al contrario devono affrontare un mercato del lavoro sempre più stretto, finisce per diminuire inesorabilmente la ricchezza pro capite.
Inoltre, considerato che la composizione finanziaria degli attivi delle famiglie altoatesine si è ampliata negli ultimi anni, un aumento dell’inflazione andrebbe a gravare sul tasso nominale e quindi sul rendimento e sul valore effettivo di tali attivi. In poche parole, i risparmi ne vengono penalizzati e i mutui per le famiglie della provincia sono venuti a costare di più, come se vi fosse applicata una hidden tax.
La peculiare situazione economica che sta affrontando la provincia non è isolata, ma risulta essere un tema caldo e dibattuto anche a livello europeo. A fine agosto verrà infatti ufficializzata la nuova revisione del piano strategico di politica monetaria della BCE annunciata per voce della sua presidente Christine Lagarde. Il mantenimento di una politica monetaria espansiva da parte della Banca Centrale Europea è calibrato con attenzione e con il timore che non possa essere sufficiente a sorreggere una crescita che non vuole ripartire.
Gli effetti della gestione pandemica così come delle scelte di politica monetaria a livello centrale sull’economia locale della Provincia sono ancora imprevedibili, sarebbe però auspicabile che la politica si muovesse d’anticipo con l’intento di mettere in sicurezza l’economia regionale attraverso dei sistemi a cuscinetto per attutire eventuali shock esterni.