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Sinigo, la falda e la scuola a rischio/1

Tra canali otturati e idrovore divenute case nella frazione meranese è stata smantellata la bonifica di epoca fascista. Andrà tutto rifatto. Ma niente soldi dal Recovery.
Sinigo la scuola da dietro con il drone
Foto: (Foto: salto.bz)

Fine luglio 2020. A Sinigo viene inaugurata la nuova scuola elementare costata 7,4 milioni di euro. Si è fatto giusto in tempo: l’opera è molto attesa e meno di due mesi più tardi i cittadini saranno chiamati a votare. "La realizzazione della nuova scuola elementare  - afferma l’allora sindaco Paul Rösch il giorno dell’inaugurazione -  è uno degli investimenti più importanti effettuati nel settore dell'edilizia scolastica nel corso di questa legislatura. Si tratta di un'opera che ha anche un forte valore anche simbolico, perché ospiterà, in un unico edificio, cinque classi di lingua tedesca e otto di lingua italiana - con una biblioteca, aperta anche alla popolazione, una palestra e una mensa in comune. Questa struttura interetnica sarà un modello per il futuro. Siamo lieti, assieme alla popolazione di Sinigo, che i lavori si stiano avviando alla loro conclusione”. Le elezioni sono poi andate come sono andate, con la vittoria-non-vittoria di Roesch. Da una serie di recenti interrogazioni di Alessandro Urzì si apprende ora che l’edificio è stato costruito in zona blu H3 ad alto rischio idrogeologico, ma le "interrogazioni" preoccupate degli abitanti di Borgo Vittoria l'ex sindaco le aveva raccolte già nel 2018, prima dell'inizio dei lavori. Il tutto è ampiamente documentato sulle pagine meranesi del quotidiano Alto Adige. A scanso di equivoci va detto subito che la scuola è stata edificata con tutti i crismi (in dettaglio lo si vedrà nel secondo articolo, ndr). In zona blu è infatti consentito costruire con interventi che riducano i rischi. Sono state realizzate vasche, muri di contenimento e quant’altro. Ma dagli studi idrogeologici commissionati proprio per l’innalzamento della falda, emerge però che i maggiori problemi con l’acqua piovana si hanno proprio nella zona di Piazza Vittorio Veneto, e cioè a meno di cinquanta metri dal plesso scolastico.  Anche se i bimbi non avranno probabilmente mai i piedi nell’acqua (immagine presa a prestito dall’ottimo libro scritto dal direttore della Caritas, Paolo Valente, nella sua veste di giornalista e storico) e il muro di contenimento stopperà gli eventuali detriti provenienti dalle piene del Rio Montefranco, viene da chiedersi solamente: perché la scuola si è deciso di costruirla proprio lì e non altrove, visto che il piano di rischio è stato approvato nel 2015 e i problemi alla falda sono emersi in tutta la loro gravità a partire dal 2012? Con una serie di rimbalzi tipo flipper l’ex sindaco Paul Rösch dice di non saperlo perché era stato deciso prima che arrivasse lui, e di chiederlo all’assessore Stefan Frötscher. L'assessore Frötscher nella giunta precedente aveva deleghe diverse e quindi rimanda per maggiore precisione a Alois Gurschler. Quest'ultimo non si sottrae e fornisce una spiegazione esaustiva. Se ci si chiede se Paul Rösch avrebbe avuto varie opzioni prima di aprire il cantiere la risposta è senza dubbio sì, ma, elezioni incombenti a parte, va detto che il quartiere aveva forte bisogno di una nuova scuola.  Intanto, però, per cercare di comprendere meglio, occorre fare una ricostruzione storica. Innalzamento della falda e rischio idrogeologico per la scuola sono due problemi diversi che in alcuni punti si intersecano. Partiamo dal primo. In un luogo come l'Alto Adige, che rivendica appena può l'estrema cura per il territorio e l'efficienza amministrativa, la cronaca degli eventi conosce sviluppi che non ci si attenderebbe.

 

Un quartiere mai "al centro"

 

Per un bolzanino Sinigo è un po’ la Shanghai di Merano, il quartiere operaio, tradizionalmente “italiano” ed oggi a forte presenza di “nuovi cittadini”, dove le case costano molto meno rispetto al centro e i partiti di centrodestra sfondano la soglia del 60%. Passando in bicicletta si vedono alcuni casermoni messi nettamente peggio di quelli del quartiere Don Bosco del capoluogo, abbondanti graffiti su i muri di cemento e bimbi che scorrazzano urlanti a torso nudo con le ciabatte da piscina. Ma anche se ci sono ragazzi di seconda generazione che giocano a fare i gangsta rapper si è ovviamente lontani dalla banlieue parigina evocata dalla destra. Sinigo è, però, senza dubbio, un fazzoletto di Alto Adige – parliamo di 2.500 abitanti - un po’ atipico. Atipico semplicemente perché più “normale”, più allineato con “l’altro mondo non autonomista” che inizia a sud di Ala. Le altre cose su cui sembrano non esserci dubbi sono che il quartiere periferico della “città di cura” non sia stato esattamente in cima alla lista delle priorità delle amministrazioni meranesi degli ultimi 40 anni e che la politica di gestione urbanistica e del territorio sia stata quanto meno spensierata. Se non suonasse crudele per le famiglie che patiscono disagi, si potrebbe dire che alcune delle amministrazioni che si sono susseguite hanno preso decisioni che fanno letteralmente acqua da tutte le parti e che nessuno è riuscito a prendere in mano il bandolo della matassa per affrontare i problemi in modo organico.

 

La bonifica dimenticata

 

Sinigo, si legge su Wikipedia, sorse a seguito della bonifica del fondovalle paludoso eseguita dall'Opera Nazionale Combattenti a partire dal 1927 e della costruzione da parte della Montecatini della fabbrica di prodotti chimici che, tra alterne vicende, è sopravvissuta fino ad anni molto recenti (Solland). Per effettuare la bonifica nella piana alluvionale era stata creata una rete di canali di raccolta delle acque che alimentano le falde sotterranee e queste terminavano in un collettore da cui, attraverso pompe idrovore, venivano immesse nell’Adige. Fino al 2012, quando spuntano le prime interrogazioni dei consiglieri di centro sinistra (che erano all'opposizione della Giunta Januth) il "sistema" non aveva dato alcun problema dal punto di vista idrogeologico. Ma i guai sorti 9 anni fa hanno sicuramente orgini lontane.

 

Nel 1999 viene approvato il Puc di Merano. La città sul Passirio ha fame di case. Per rilanciare l’edilizia sociale, agevolata e privata si pensa a Sinigo. C’è tanto spazio, là, e i terreni intorno a Borgo Vittoria sono passati dall’Opera nazionale combattenti  alla Provincia.  Canali o non canali, negli anni gli edifici crescono come funghi. Se c’è una cosa su cui tutti concordano, è che nel Ventennio le bonifiche le sapevano fare.Ad un certo punto il tutto  pian piano viene smantellato. Diversi canali per il deflusso delle acque, un po’ come fanno i bambini quando fanno le costruzioni con le palette sulla sabbia e all’improvviso spunta l’acqua del mare, sono stati “intubati” o perfino interrati per fare spazio a complessi residenziali. Oggi si fatica a crederlo soprattutto perché il tutto è avvenuto negli anni Duemila e non nel Dopoguerra, ma tant’è.

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“Il forte processo insediativo e la fervente attività edilizia negli anni Ottanta-Duemila – osserva il consigliere provinciale Sandro Repetto in una interrogazione in cui riprende le risultanze dello studio geologico effettuato dalla Patscheider e Partner -  le pressioni antropiche sui canali di bonifica (agricoltura), il Bacino imbrifero di versante antropizzato, la manutenzione dei canali non ottimale ne sono le cause. Anche la postazione di pompe idrovore è stata demolita, per far posto ad una abitazione privata, con il beneplacito della Provincia, senza che dagli altri enti interessati si siano levate voci di dissenso, se non con qualche eccezione”. Solo questo episodio dell’idrovora di proprietà del Consorzio di Bonifica che magicamente diventa una casa privata meriterebbe un approfondimento a parte.

Lo studio Patscheider ha poi definito anche un progetto di massima delle opere idrauliche necessarie per eliminare il problema che alla fine sono esattamente quelle fatte “quando c’era Lui”. “Quello che questo progetto di massima prevede di ripristinare/ricostruire, in parte su nuovi tracciati, i canali e le tubazioni già funzionanti in epoca passata, ed anche la postazione di pompe idrovore”, sintetizza Repetto. Fare, disfare e di nuovo fare.

Da un’altra interrogazione di Urzì si apprende che per “il Comune risulta impossibile rintracciare il progetto dei lavori di intubamento del canale di bonifica che scorre lungo via XXIV Maggio tra i terreni della parrocchia di Sinigo e via Cesare Battisti svolti prima della realizzazione del complesso delle cooperative a nord della piazza principale.Le carte? Sparite (ne scrive ancora l'Alto Adige). Sempre dalla risposta alla stessa interrogazione si apprende che l’Ufficio bacini montani della Provincia non ha mai rilasciato un parere sui lavori e quindi neppure il permesso di intubare il canale. Nessuno sa chi abbia autorizzato cosa, quando e perché. . Ma comunque la cura dei “canali” e le relative spese - sostiene Schuler - spetterebbero ai nuovi proprietari, e cioè alle cooperative edilizie. Ma come può verificarsi una situazione talmente caotica? La risposta è forse in una slide dello studio geologico Patscheider che indica gli attori in gioco per la gestione dei fossati. Eccola.

 

Sorprende che nessuna delle amministrazioni comunali meranesi abbia pensato di creare un tavolo di confronto permanente fra tutti gli enti coinvolti.

 

Niente soldi dal Recovery Plan

 

Secondo la valutazione del consigliere Repetto, “le opere idrauliche necessarie per superare i problemi non sono di poco conto e richiederanno un investimento molto consistente da parte del Comune, al più presto”. Occorrerebbe, sostiene il consigliere, la collaborazione della Provincia, in modo da procedere velocemente alla fase esecutiva. Si tratta, infatti, di un’opera di recupero del dissesto idrogeologico del territorio che costituisce uno degli obiettivi da perseguire con gli investimenti del Recovery Plan nazionale, di cui la Provincia di Bolzano pensa già di potersi avvalere per un controvalore superiore ai 2,4 miliardi di euro”.  Ma nei 2,4 miliardi di euro, neanche a dirlo, “non sono previsti in questo momento finanziamenti provenienti dal recovery fund” e “attualmente sia l’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima che l’Area funzionale bacini montani non hanno la possibilità di prevedere dei finanziamenti per un simile progetto”. Tocca, cioè, al Comune di Merano, fa sapere l’assessore Giuliano Vettorato. La Giunta che uscirà dalle elezioni di settembre avrà di che tenersi occupata.