Kultur|Umwelt|Gesellschaft | Turris Babel 134

Il futuro della montagna

Montagna: patrimonio da tutelare o prodotto da sfruttare?
Per chi vive in montagna il tema della sostenibilità costituisce l’essenza stessa dell’essere comunità che si prende cura del proprio territorio, con la consapevolezza di doverlo rispettare
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Turris Babel 134
Foto: Architekturstiftung Südtirol | Studio Mut
  • Per chi vive in montagna il tema della sostenibilità costituisce l’essenza stessa dell’essere comunità che si prende cura del proprio territorio, con la consapevolezza di doverlo rispettare per assicurare il proprio sostentamento. L’equilibrio tra uomo e natura, che caratterizza i luoghi fragili, è stato per lungo tempo una necessità senza il bisogno di regole o imposizioni per preservarlo. Il rispetto delle risorse primarie è quindi, o quantomeno 
    dovrebbe essere, una logica conseguenza e una naturale attitudine dettata dalla nostra coscienza, sensibilità e dalla pratica di vita quotidiana. Il problema però si pone quando quell’equilibrio salta e prevale la volontà di ottenere un maggiore profitto, ora e subito, senza porsi il problema delle conseguenze future.

  • Foto: Architekturstiftung Südtirol | AliPaloma
  • Nei territori alpini, maggiormente interessati dall’economia turistica, si pongono oggi due importanti interrogativi legati a due rispettive criticità sempre più evidenti: da un lato, l’acuirsi della necessità di fuga dalle città e l’attuale frenesia turistica comportano fenomeni di «overtourism» in numerose località; dall’altro lato, le evidenti conseguenze dei cambiamenti climatici pongono seri interrogativi sulla possibilità di continuare a immaginare un turismo, in particolar modo quello invernale, come se nulla fosse.

     

     Reisen werden  so bald wie möglich »konsumiert«

  • tamente legati al numero di persone che vi accedono. Se nello stesso momento un numero sproporzionato di individui si riversa in una specifica località, crea ovviamente un intasamento. Vi sono particolari momenti dell’anno, legati alla nostra tradizione sociale ed economica, come ad esempio Natale e Ferragosto, in cui abitualmente le mete turistiche «classiche« sono prese d’assalto, tra cui anche quelle di montagna. Ormai a 
    questo ci siamo abituati. Ma più recentemente i periodi di maggiore presenza si sono prolungati, in parte perché l’estensione delle stagioni è sempre stato un obiettivo ricercato dal mercato, sia per favorire l’economia che per spalmare le presenze, in parte per un reale aumento del numero dei turisti. Infatti, il fenomeno che si registra dopo il periodo della pandemia, è quello di un aumento esponenziale delle persone in movimento, dovuto al 
    bisogno «immediato» di appagare il proprio desiderio di vacanze, avendo compreso e deciso di non attendere e non spostare in futuro le proprie esperienze di viaggio, ma di cercare di goderne il prima possibile. A questo si aggiunge la facilità di accesso al patrimonio immobiliare privato, offerto dalle piattaforme come AirBnb, e la possibile apertura di nuovi mercati a paesi molto popolosi, come gli esempi di Cina e India. Si pone quindi oggi una più grave e reale difficoltà di gestire i flussi turistici, di tentare di limitare l’impatto dei picchi di presenze. Ciò influisce direttamente sulle scelte politiche di sviluppo e tutela dei territori – approcci da non considerarsi come antitetici – e sulle conseguenti scelte di riqualifi-
    cazioni quantitative e qualitative delle molte strutture turistiche. 

     

    Unser Lebensraum wurde als unerschöpfliche Ressource begriffen, die es auszubeuten galt

  • La programmazione della dotazione di infrastrutture ricettive, pur essendo stata «teoricamente» pianificata, ha seguito per decenni una logica incrementale che aveva come solo obiettivo quello dell’aumento dei posti letto e dei relativi servizi, e quindi una crescita dell’offerta turistica e del conseguente profitto. Il territorio è stato inteso come risorsa «inesauribile» da poter sfruttare, senza porsi il problema delle possibili conseguenze 
    future. Si tratta di un atteggiamento maturato in una particolare fase storica, in cui, però, la nuova economia ha portato ricchezza in luoghi dove la sola economia di sostentamento poteva portare a importanti fenomeni di abbandono. Risulta chiaro che una fervente attività turistica permette ad una comunità di vivere e prendersi cura di territori, a volte ostili, dove la permanenza non è né facile né scontata. Il fatto è, però, che tale atteggia-
    mento è rimasto immutato e, come ci evidenzia Michil Costa nella nostra intervista, parallelamente a questo fenomeno non vi è stata una matura elaborazione culturale delle possibili conseguenze, ma nemmeno delle possibili opportunità. Quindi che fare ora? Come correre ai ripari? Ha senso introdurre dei limiti di accesso alle località più ambite?

     

    Die qualitative Erweiterung der  Betriebe führt jedoch zu einem Anstieg der Preise und somit hin zum Elitetourismus

  • Sicuramente le norme provinciali locali tendono ora a limitare la creazione di nuovi posti letto, a ridurre il consumo di suolo, e di conseguenza a non aumentare ulteriormente il carico antropico delle valli più attrattive. Tuttavia, l’aumento solo qualitativo, e non più quantitativo, delle strutture turistiche porta ad una crescita dei prezzi e ad orientarsi quindi verso un turismo d’élite. Si tratta di un obiettivo in qualche modo voluto: meno per-
    sone ma con un potere di spesa più alto. Ciò pone però degli interrogativi etici, e porta inoltre a conseguenze economiche e sociali preoccupanti, soprattutto per l’accessibilità alla casa. Risulta, infatti, sempre più difficile per un abitante delle valli turistiche trovare un’abitazione a prezzi accessibili. Tale fenomeno caratterizza molte località famose, che diventano grandi parchi giochi, con i locali che si trasformano in comparse e servitori, costretti però a vivere altrove.

    Alla mutazione dei fenomeni legati al turismo, si aggiungono gli evidenti effetti della crisi climatica. Risulta lampante che il «sistema neve» rimane ancora oggi un settore fortemente trainante dell’economia alpina, ma è possibile continuare a immaginare uno sviluppo turistico invernale, alla luce dei cambiamenti climatici? È possibile evitare e superare positivamente l’apparente conflitto tra scienza, politica e territori?

  • Foto: Architekturstiftung | Michael Fliri
  • La comunità scientifica da tempo evidenzia i possibili effetti della crisi climatica sull’industria montana. I dati indicano che la durata media del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese, nonostante la presenza di annate particolarmente nevose. Questi effetti, aggravati dall’andamento anomalo delle temperature, hanno portato gli studiosi a valutare che sotto la quota di 1.500 m non è più ragionevole realizzare stazioni sciistiche e nemmeno 
    accanirsi per il mantenimento di quelle esistenti.
    Diamo pure per scontato che nell’immediato futuro il turismo invernale continuerà ad essere trainante e che le stazioni sciistiche principali continueranno ad alimentare un indotto vitale per l’economia alpina. Dobbiamo però essere consapevoli che l’evoluzione del cambiamento climatico potrebbe portare, nel giro di alcuni decenni, a compromettere parte del sistema e alla necessità di abbandonare, se non tutte, quantomeno alcune 
    importanti aree sciistiche. Altre invece continueranno ad avere un futuro, anche se con maggiori sforzi di gestione. È quindi necessario e urgente attivare strategie di adattamento e non solo di «accanimento terapeutico», come i teli posti a protezione dei ghiacciai. La possibile transi-
    zione non può essere concentrata solamente nel trovare soluzioni tecniche per mantenere la neve dove e quando non è più «naturale» che la neve vi sia. 

     

     Der Tourismus hat es möglich gemacht, dass menschliche Gemeinschaften in abgelegenen Gebieten dauerhaft leben

  • Gli attuali tentativi di conservare l’offerta di piste innevate, dai primi giorni di dicembre fino alla fine della stagione, hanno portato alla realizzazione di opere impattanti, come i bacini idrici per l’innevamento artificiale o programmato – anche se cambiare il termine non modifica la sostanza – alla ricerca di sistemi per produrre neve a temperature più alte. Chiaramente tutto questo processo genera conseguenti elevati costi ener-
    getici e di gestione, che a loro volta hanno portato anche ad un aumento del costo degli skipass. Aumento che, comunque ben assorbito dagli sciatori, sta ovviamente trasformando il turismo invernale in un settore economico d’élite, che aggiunge criticità a quelle già create dall’overtourism.

    Anche il grande evento delle Olimpiadi di Milano / Cortina del 2026 poteva diventare un fondamentale momento di riflessione e offrire un segnale di svolta, il buon esempio, tanto auspicato, per immaginare attività sportive realmente sostenibili. E invece sembra reiterare mentalità ed errori del passato, considerando il richiamo internazionale e la visibilità come occasioni di promozione dei territori, senza valutare l’impatto ambientale e 
    i costi elevati delle strutture sportive e inoltre senza riuscire a prevederne un coerente utilizzo futuro. Quindi, senza avere la capacità di offrire un messaggio positivo. Il tema è senza dubbio complesso e intreccia fattori economici, sociali, ambientali e culturali. Tuttavia, la maturità di una comunità si misura proprio nei momenti di maggiore difficoltà, quando vengono messe in discussione le certezze che per lungo tempo hanno rassicurato tutti.

     

    Parallel zu den touristischen Entwicklungen gab es keine ausgereifte kulturelle Auseinandersetzung damit

  • La natura fa il suo corso, le condizioni ambientali possono mutare e quindi le località turistiche devono offrire ciò che sono e non ciò che erano un tempo e che vorrebbero continuare ad essere. Lo dico, con un certo disincanto, da figlio di un maestro di sci, quindi, consapevole dell’importanza che riveste il settore sciistico per intere famiglie, come è stato anche per la mia.
    Nuovi approcci sono possibili e iniziano ad esservi modelli di sviluppi alternativi da poter testare e prendere come esempio. Vi sono località che hanno sposato un turismo dolce, penso, ad esempio, alla val Maira in Piemonte, considerata da molti il paradiso dell’outdoor, o altri luoghi come la Panarotta in Trentino dove da due anni non vengono più aperti gli impianti e quindi si prova ad immaginare una diversa possibile riconversione fatta di mountain bike, ciaspole, e di frequentazioni a piedi. Ma vi possono essere scelte anche più radicali. Se riteniamo tutti ovvio mantenere, alimentare e anche «sacrificare», con pesanti interventi che incidono sull’ambiente, le località principali, come ad esempio il sistema del giro turistico del Sellaronda, possiamo invece individuare luoghi dove attivare un’azione opposta.

  • lico sia per la sua rilevanza ambientale sia per le vicende storiche ed amministrative che l’hanno coinvolta, sia, infine, per la recente tragedia causata appunto da possibili conseguenze legate al surriscaldamento globale. Possiamo in questo caso immaginare una dismissione degli impianti esistenti e la demolizione di tutte le strutture costruite nel corso degli anni? Siamo in grado di attivare un percorso di rinaturalizzazione e valorizzazione di un 
    luogo preso come esempio positivo e virtuoso da «sacrificare» alla classica fruizione fatta di impianti di risalita, ma da offrire invece come montagna liberamente accessibile? La Marmolada potrebbe diventare un caso studio, una montagna che porta in modo evidente i segni dei cambiamenti climatici, un luogo dove possiamo testare e dimostrare la maturità e la consapevolezza della nostra comunità. Può essere questo un modo per reagire, per non limitarsi ad osservare e leggere dall’esterno ciò che accade, ma di comprendere e vivere attivamente i processi che ci riguardano. Un modo per dimostrare che realmente i luoghi in cui viviamo sono patrimonio non solo nostro ma dell’intera umanità.

  • Foto: Architekturstiftung Südtirol | Studio Mut
  • TURRIS BABEL è la rivista di architettura della Fondazione Architettura Alto Adige, frutto della collaborazione appassionata e volontaria di giovani architetti. La Redazione si è posta come obiettivo, quello di risvegliare l’interesse per l’architettura non solo tra gli esperti in materia, ma anche tra la popolazione, di rilanciare su tutto il territorio ed a livello nazionale, il dibattito sull'architettura in Alto Adige, di promuovere la divulgazione di una buona progettazione, cosciente delle implicazioni socio-economiche ed ambientali che essa comporta.