“ …è aiuto o boomerang”
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Per Futuradio l’orchestra Haydn diretta da Ottavio Dantone interpreterà la Sinfonia n.95 di Haydn e la Quarta di Beethoven per dare poi spazio alla musica creata con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. “AI Ludwig van… “ è il titolo dell’opera in cui la Sinfonia beethoveniana “sarà reinterpretata e rivisitata con tecniche di live electronics e l’apporto dell’intelligenza artificiale”. E’ un progetto del Centro di Sonologia Computazionale di Padova. CSC di Padova è attivo da oltre 40 anni, dalla sua fondazione Alvise Vidolin ne è stato il direttore artistico. Al CSC di Padova sono state prodotte opere significative della nuova musica.
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SALTO: Il pubblico dopo aver ascoltato la Sinfonia n.95 di Haydn e la Quarta di Beethoven vedrà direttore e orchestrali abbandonare il palco a favore dell’esecuzione di “AI Ludwig van…” attraverso un sistema di casse amplificate?
Alvise Vidolin: Vi saranno i suoni dell’orchestra e quelli che usciranno dalle casse. Sugli applausi alla Sinfonia “ufficiale” partirà un pedale, un suono tenuto, che si svilupperà nella “rivisitazione” della sinfonia beethoveniana ad opera del sistema di intelligenza artificiale, che elabora quanto prima ascoltato. I musicisti dell’orchestra faranno brevi interventi, a segnare i passaggi tra i 4 movimenti. Abbiamo mantenuto la struttura, ma per una durata inferiore, di circa 15 minuti.
Il sistema di Intelligenza Artificiale che avete elaborato al Centro di Sonologia Computazionale di Padova è stato addestrato al linguaggio beethoveniano attraverso partiture e/o registrazioni audio?
Abbiamo utilizzato due reti neurali. La prima ha “letto” la partitura, i suoi ritmi e le altezze, è stata educata al linguaggio beethoveniano. La seconda rete neurale è stata dedicata all’educazione timbrica, ha costruito una propria “mappa timbrica” ascoltando diverse versioni della Sinfonia. La musica che si ascolterà è generata dalla associazione dei ritmi della prima rete neurale, non abbiamo utilizzato il sistema di altezze, con i timbri generati dalla seconda mappa neurale. Abbiamo insomma realizzato una sorta di “Klangfarbenmelodie”, una melodia di timbri che ci pareva interessante quale rielaborazione della Quarta di Beethoven.
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“AI Ludwig van…” è il fine dell'addestramento di queste due reti neurali?
E’ il passo più recente di un lavoro che ha le radici nelle reti neurali che sviluppammo negli anni 90, quando ci dedicavamo alla esecuzione automatica di partiture. La nostra ricerca mirava alla realizzazione di esecuzioni non meccaniche, ma “umane”. Educate con molte registrazioni di esecuzione dello stesso brano, producevano interpretazioni sempre un poco diverse, e stilisticamente valide. Erano gli anni in cui si realizzavano i primi esperimenti con le reti neurali.
“AI Ludwig van…” è stata depositata alla SIAE quale opera d’ingegno, in che forma è tutelata, ovvero il titolo di questa musica apparirà su un borderò SIAE?
Non le so rispondere. Per me si tratta di una rivisitazione, di una operazione di rielaborazione, la musica è sempre quella di Beethoven. Vi è un dibattito sul diritto d'autore da quando sono stati immessi sul mercato i campionatori: a chi appartiene quel suono registrato? Non ho chiesto alla Haydn che borderò faranno.
La richiesta di regolamentare l’uso intelligenza artificiale nel cinema ha portato autori, sceneggiatori e attori degli “Studios” allo sciopero . Che impatto sta avendo e avrà l’intelligenza artificiale nella professione del compositore?
E’ presumibile che il lavoro del compositore cambierà. In passato il compositore ha avuto a disposizione dei copisti, che talvolta non copiavano semplicemente. “Adesso ricopiamelo, ma dalla fine all’inizio” è stata una tra le molte indicazioni che ricevetti da Luciano Berio. Da anni i sistemi di videoscrittura hanno reso tutto più rapido, hanno permesso anche in musica il “copia e incolla”, di una linea melodica e di un’intera sezione della partitura. Sarà possibile che con i sistemi di intelligenza artificiale il compositore educhi una propria rete neurale, la istruisca sui suoi modelli compositivi, potrà avere una sorta di assistente che lavora con i medesimi pensieri.
Sulla Stampa di Torino Ramin Bahrami, commentando l’assegnazione del premio Nobel per la pace a Narges Mohammadi, afferma che “…abbiamo due cose più pericolose delle armi: l’intelligenza artificiale e gli algoritmi. Questi elementi mi fanno più paura della minaccia nucleare.” Vuole commentare queste parole dell’illustre pianista?
Sono in parte concorde. Come con tutte le cose: la polvere da sparo è stata un bene o un male per l’umanità? Per alcuni ha permesso ad esempio degli scavi prima impossibili, per altri è stata strumento di morte. Il problema è l’aggressività umana. Anche l’intelligenza artificiale ha due facce, positiva e negativa, offre vantaggi e presenta controindicazioni, è aiuto o boomerang. E’ un problema sociale la sua gestione, l’introduzione di regole. Un altro aspetto è quello della delega alla macchina di alcune nostre capacità. Rischiamo di perderle. Tornando ai nostri esperimenti con le prime reti neurali, dopo un poco abbandonammo il progetto. Si realizzavano delle belle interpretazioni, ma l’intelligenza artificiale non ci aiutava a capire “perché” funzionavano bene, le faceva e basta. Noi volevano capire perché stesse bene lo staccato, oppure il rallentando che l’esecutore realizzava, lo abbiamo capito popi attraverso uno studio per regole.
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I prossimi progetti del Centro di Sonologia Computazionale di Padova?
Ne abbiamo molti. Tra questi uno dei più interessanti a mio avviso è quello dedicato alla conservazione dei beni culturali. Le tecnologia diventano in breve obsolete. Cerchiamo di trasferire in digitale nastri magnetici, dischi e altri supporti del recente passato. Ad esempio abbiamo sviluppato un sistema che ci permette di ricostruire e restituire i suoni a partire da un disco rotto, ricostruendo l’immagine del disco con strumenti di grafica dedicati.
Un suo auspicio per il prossimo futuro?
Io sono mediamente ottimista. Siamo in un tempo di invenzioni continue, di nuove possibilità. Vedo un pericolo, quello di “bruciare un po’ tutto”. Siamo una società accelerata, che manca di tranquillità e di riflessione, della capacità di soffermarsi sulle cose. E’ quanto accade anche nel finale della nostra rielaborazione della sinfonia beethoveniana. Nel quarto movimento compaiono temi che si rincorrono, che noi abbiamo accelerato. Sarebbe utile per tutta la Società non essere proiettati in una corsa infinita.
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13.10 ore 20.00
FUTURADIO
Ottavio Dantone, direttore
Orchestra Haydn e IA
musiche di Haydn e Beethoven
Bolzano, Nuovo Teatro