Elettricità: obbligo di mercato libero
-
Il Corriere della Sera del 10/10/2023 è molto chiaro: “Dal prossimo anno, anche [gli utenti che ancora devono effettuare il passaggio] dovranno adeguarsi alle tariffe del mercato libero e non più pagare le bollette secondo i prezzi controllati da ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente).” A parte il fatto che i prezzi di gas ed elettricità del mercato tutelato non sono controllati da ARERA ma risultano dalla media di borsa calcolata ogni trimestre, rimane un paradosso fondamentale. Perché siamo obbligati a partecipare a un mercato libero che non mantiene la promessa principale della sua esistenza e cioè mantenere bassi i prezzi? Quanta libertà c'è in un obbligo? Lo stesso giorno del Corriere il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo di segno opposto, dedicato all'intrasparenza nelle forniture di gas e che si applica perfettamente anche ai mercati dell'elettricità, come sa chiunque abbia provato a leggere e interpretare la propria bolletta. Una visita a portali come TrustPilot descrive poi molto bene il comportamento dei fornitori principali. Nella grigia realtà, non nella rosea pubblicità.
A sedici anni dall'apertura del mercato elettrico un terzo delle famiglie e piccole imprese è ancora nel tutelato. Molti di coloro che hanno scelto il mercato libero lo hanno fatto più sotto pressione che per convincimento, o assumendo che il tutelato sarà in ogni caso presto chiuso. Ma chi vuole partecipare al mercato può farlo dal 2007 senza nessun vincolo. Dov'è il problema? Al contrario, chiudendo il mercato tutelato viene eliminato l'Acquirente unico, un attore importante che aiuta a stabilizzare la borsa. Senza l'Acquirente unico le possibilità di scelta sono ridotte, non aumentate. Una liberalizzazione in aiuto dei venditori, non degli utenti.
Il mercato liberalizzato dell'elettricità è stato voluto dalla UE ma ci sono diversi modi per implementarlo. Il modello scelto in Italia è di relazione diretta tra fornitore e cliente finale, il che porta a diversi paradossi. Non è permesso associarsi in gruppi di acquisto con un contatore condiviso e ripartendo i costi all'interno del gruppo. Le comunità energetiche, secondo il modello attualmente in elaborazione e non ancora approvato, non possono usare l'elettricità prodotta per rifornirsi autonomamente ma devono cedere alla rete tutta l'energia generata e riacquistarla dai fornitori a un prezzo maggiorato. Ricevono però incentivi che vanno a carico di tutti gli utenti, compresi quelli che non fanno parte della comunità.
Prendiamo per buone le promesse del mercato: prezzi convenienti, basse emissioni, largo uso di rinnovabili. Visti i forti aumenti degli ultimi anni, una domanda più che lecita è proprio sul ruolo delle rinnovabili nella determinazione del prezzo in bolletta. Ne parliamo da decenni, sono state largamente sovvenzionate, generano a costo zero e ufficialmente le rinnovabili coprono il 40% del nostro fabbisogno. Quindi almeno per il 40% siamo protetti dagli aumenti dei prezzi del gas d'importazione, giusto? Sbagliato! Secondo le regole del mercato elettrico l'energia prodotta dalle rinnovabili viene venduta in borsa allo stesso prezzo di quella generata con il gas, quello costoso portato in nave dall'America. Sulla borsa elettrica infatti ogni fornitore offre una determinata quantità di energia a un prezzo predefinito per le 24 ore della giornata. Una volta scelti i fornitori più convenienti viene rimborsato a tutti non il prezzo richiesto dai singoli per le loro offerte ma quello massimo di quella particolare gara. Queste regole di mercato erano state introdotte due decenni fa per sostenere nuovi investimenti in impianti a energia rinnovabile, allora molto costosi e poco diffusi. Nel frattempo il prezzo dei pannelli solari si è ridotto, il costo dell'elettricità è notevolmente aumentato e gli impianti si ripagano in pochi anni. Le regole di mercato sono rimaste però le stesse. Sarebbe semplice modificarle, basterebbe riconoscere a ogni generatore il prezzo che richiede e non quello dell'offerta più alta. Una modifica che sarebbe responsabilità del Governo e della Commissione Europea. Ma quando si è presentata l'opportunità non hanno agito. La tassa sugli extraprofitti della generazione rinnovabile è facilmente impugnabile. Un nuovo progetto di mercato no. Perché allora non sono intervenuti lì?
Altro aspetto caratteristico dei mercati è la loro totale opacità. Dalle informazioni che le aziende rendono pubbliche è impossibile risalire ai costi effettivi di generazione. Quanto dipende dagli investimenti, dal combustibile, da imposte e concessioni? Non si capisce e di conseguenza non si può valutare se il prezzo offerto per il kWh è realistico oppure no. Un fornitore chiede 20 cent/kWh. E' qualcosa che gli permette a malapena di coprire i costi di generazione e salvarlo dal fallimento oppure rappresenta un lauto profitto su impianti già ampiamente ammortizzati e con combustibile acquistato a condizioni vantaggiose? Non abbiamo modo di saperlo, ma dobbiamo lo stesso scegliere.
Uno dei mezzi più immediati da parte dei fornitori per giustificare prezzi elevati è l'aggiunta di “servizi” anche non richiesti e non necessari. Con il passaggio totale al mercato diventerà poi molto più facile per i venditori prenderci in giro con l'“algoritmo”, proprio come è successo l'ultima estate con le tariffe aeree. Altra pessimo aspetto è l'aggressività commerciale a iniziare dalle telefonate non richieste. Al contrario, l'Acquirente Unico non ha bisogno di farsi pubblicità o di trovare nuovi clienti, acquista all'ingrosso mitigando i prezzi grazie al suo volume di affari.
Come si è giunti a questa situazione? I mercati liberalizzati per servizi essenziali si sono evoluti durante gli ultimi 30 anni. L'Unione Europea ha implementato acriticamente le politiche neoliberiste di Ronald Reagan e dei conservatori britannici: proprio Margaret Thatcher aveva più volte ricattato il resto d'Europa minacciando di fare uscire la Gran Bretagna dalla UE se non fossero passate regole estreme di mercato. Nel frattempo la Gran Bretagna è uscita lo stesso, ma la sua eredità rimane. Negli anni 1990 c'era inoltre un ottimismo molto diffuso, il muro di Berlino era caduto da poco, l'industria di Internet faceva sognare ricchezza e profitti. Un certo benessere generalizzato veniva identificato con i mercati. Perché non fare gestire a essi anche il settore elettrico e di altri servizi pubblici? Nessuno si è posto neanche lontanamente il problema di come agire in caso di limitazioni o interruzioni nelle forniture di gas o petrolio o del fatto che l'Europa dipendesse da cinque-sei fornitori per il gas naturale, il combustibile fossile per noi più importante. I mercati sono stati progettati da ricchi per ricchi in contesti diversissimi da quello attuale. La storia, raccontata dalle stesse istituzioni europee, è qui. Ora sappiamo che si tratta di soluzioni inadeguate, ma siamo obbligati lo stesso ad applicarle. Che senso abbia poi la concorrenza al dettaglio quando alla fonte, nel caso del gas, c'è di fatto un monopolio od oligopolio lo sanno solo le istituzioni comunitarie.
E' istruttivo considerare anche la prospettiva di oltreoceano. Dopotutto proprio gli USA hanno spinto per le prime liberalizzazioni, non a caso questa formula politica si chiama “Washington consensus”. Ebbene, nella maggioranza dei 50 Stati gas ed elettricità sono forniti sotto il controllo pubblico e non è possibile scegliere il fornitore. Gli Stati dove la scelta è possibile sono 18 e prevedono un fornitore pubblico di ultima istanza, la loro versione del “Mercato tutelato”, per chi non può o non vuole partecipare al mercato libero. In California, ad esempio, questo è Pacific Gas & Electric. Lo scandalo Enron del 1999-2001 con i conseguenti blackout e folli aumenti di prezzo, perlopiù dovuti all'ingordigia estrema di società di mercato, ha contribuito a fare sviluppare negli americani anticorpi che a noi mancano. Ma non ha loro impedito di spingerci ad adottare soluzioni che essi stessi applicano solo in parte.
Oggi la soluzione più immediata a livello nazionale sarebbe anche quella più semplice, mantenere il servizio di tutela senza scadenza temporale. Inoltre permettere a chi ora è nel mercato libero di passare di nuovo al tutelato. La Provincia di Bolzano avrebbe inoltre un ottimo strumento per proteggere i propri cittadini dal mercato libero, lo Statuto di Autonomia. Offre prerogative locali e i margini di manovra sono certamente superiori al resto d'Italia. Dopo il 22 ottobre i tempi saranno molto stretti, ma dovrebbe essere ancora possibile fermare una libertà sulla carta, che di fatto è un obbligo non voluto e molto rischioso.