Chronik | Intervista con l'on. Pierpaolo Vargiu (I Riformatori sardi - Liberaldemocratici)

Un'Assemblea costituente regionale come "sostanza di nuovo rapporto fra cittadini e Stato"

Il politico sardo Pierpaolo Vargiu fu il primo promotore e portavoce dell'iniziativa popolare SARDEGNA SI CAMBIA che il 6 maggio 2012 ha portato 525.000 sardi (superando il quorum) a votare per i 10 referendum contro i costi della politica e gli enti inutili. Tra questi referendum ci fu anche il referendum consultivo sull'istituzione di un'Assemblea costituente sarda, eletta dagli elettori sardi, a cui verrebbe affidata il compito di riscrivere lo Statuto della Regione speciale. A un anno e mezzo dal referendum è interessante sapere a che punto i cittadini sardi sono arrivati con la loro richiesta di essere sovrani nel processo di riscrivere il loro statuto, e di essere protagonisti della loro autonomia.
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Onorevole, a quale esito ha portato il voto popolare del maggio 2012 a livello politico-legislativo?

I referendum del maggio 2012 erano in parte abrogativi, in parte consultivi. Gli abrogativi hanno avuto effetto quasi immediato nel caso degli emolumenti dei consiglieri regionali, che sono stati ridotti complessivamente di circa il 30%. Nel caso delle quattro province “di nuova istituzione” il percorso è stato assai più complesso e gli enti sono stati commissariati soltanto qualche mese fa, in attesa del riordino da parte del Consiglio Regionale, che dovrebbe consentire la cancellazione delle province e la conseguente riattribuzione delle competenze e delle risorse. Per quanto infine attiene alla Assemblea Costituente, il relativo provvedimento istitutivo non è stato ancora approvato dal Consiglio Regionale.

Il ruolo centrale di una futura Assemblea costituente sarda dovrebbe essere quello di consentire per un atto così importante come la riforma dello Statuto di autonomia più legittimità politica e più coinvolgimento dei cittadini. Cioè questo compito non può essere affidato al Consiglio regionale (perché troppo occupato con altri affari) né ad una Consulta perché non democraticamente legittimata. Perché non tutte le forze politiche si fanno convincere di questo ragionamento chiarissimo?
Perché la politica non si rende conto di quanto sia importante che qualsiasi processo costituente sia radicato nella coscienza dei cittadini e parta dalla diffusa consapevolezza delle scelte future. Molti considerano la “Costituente” lo strumento della riscrittura dello Statuto, ma inoltre che è anche la stessa “sostanza” del nuovo processo di identificazione del cittadino in un nuovo progetto di rapporti con lo Stato e l’Europa, che rappresenta la scommessa sul futuro del popolo sardo.
Secondo lei, il Consiglio regionale sardo è obbligato a recepire l'esito del referendum? Inoltre, dispone della facoltà di istituire un'Assemblea costituente con potere deliberativo come previsto dalla Sua proposta di legge del gennaio 2012?
Il Consiglio Regionale è “moralmente”, ma non giuridicamente obbligato. L’Assemblea Costituente, che i Riformatori Sardi hanno sempre avuto in mente, è legittimata a riscrivere il nostro Statuto, lasciando allo Stato solo la possibilità di approvarlo o bocciarlo, non quella di modificarlo.

Già nel 2001 nel Parlamento si è partiti dall'idea che i sardi potrebbero confezionarsi il proprio Statuto da soli, cioè che occorreva dotare anche la Regione Sardegna con un'effettiva autonomia statutaria. Questa proposta non è passata, perché? A monte nell'iter legislativo, ci vuole una modifica dello Statuto vigente per mano del Parlamento?

La proposta non è passata per il relativo disinteresse del Parlamento, ma soprattutto per la vecchia abitudine dei sardi a dividersi anche sulle cose di comune interesse. In altra parole, non c’è stata unanimità in Parlamento delle forze politiche sarde nel sostenere la proposta di legge di modifica costituzionale (lo Statuto sardo ha forza di legge costituzionale) approvata dal Consiglio Regionale.

Poi, nel 2006 anche il tentativo di istituire una "Consulta per il nuovo Statuto" si è inarenato. Ciò sta ad indicare che le forze politiche sarde sono tutt'altro che determinate su questo fronte. Quanto viene condivisa la Sua proposta nel Consiglio regionale?

Purtroppo, spesso la condivisione (o meno) della proposta sembra nascere più dalle alleanze politiche del momento, che da una reale consapevolezza della forza che potrebbe avere per segnare una discontinuità totale del modo di fare politica e di progettare il proprio futuro da parte dei sardi.

Quali sarebbero, molto schematicamente, i punti qualificanti di un nuovo Statuto di autonomia della Sardegna: nuove competenze, più libertà nella forma di governo, più stabilità e margini nel sistema di finanziamento, nuovi modi di attuare lo Statuto? Potrebbe fare qualche breve esempio o forse ha già pronta una bozza del futuro statuto sardo?

Ci siamo esercitati sulla possibile bozza del nuovo Statuto di autonomia e abbiamo provato a riscriverlo. Ma l’Assemblea Costituente elettiva sarebbe l’unica, vera garanzia della possibilità di far partire un processo di partecipazione che aiuti i sardi a cambiare la propria mentalità nei confronti dello Stato e del proprio futuro.

Nel caso Friuli-Venezia Giulia una proposta articolata di riforma dello Statuto regionale, approvato dal Consiglio regionale, è stata trasferita al Parlamento che l'ha bloccato. Questo sta a significare che il Parlamento non intende cedere minimamente nella sua competenza di emendare gli statuti speciali?

Mi sembra che il dibattito sulle autonomie sia complesso e abbia radici culturali, storiche e geopolitiche assai diverse, nelle diverse comunità.

Il nostro statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige prevede solo il diritto del Consiglio regionale di inviare delle mozioni di modifica dello Statuto al Parlamento. Cosa suggerirebbe ai sudtirolesi e ai trentini di fare per arrivare ad un miglioramento dell'autonomia vigente coinvolgendo la popolazione locale?
Non credo di essere in grado di dare suggerimenti per realtà che non conosco in modo approfondito quanto la mia. Credo però che il processo di condivisione dei cittadini appartenenti alla comunità di riferimento sia la vera benzina di qualsiasi battaglia politica in merito. Sono convinto che, senza un grande e ubiquitario consenso dei cittadini, che abbiano compreso che non si parla di ingegneria costituzionale, ma del loro futuro quotidiano, non si abbia la forza per superare i tantissimi ostacoli di questo difficilissimo percorso.

 

Intervista c cura di Thomas Benedikter, Bolzano/Cagliari 8-11-13