Alla ricerca degli spreconi

Da anni si punta il dito sugli sprechi della Grande Distribuzione Alimentare, ma le famiglie si comportano meglio?

Nei giorni scorsi si è spesso parlato di sprechi alimentari. Lo si è fatto il 5 febbraio scorso, in occasione della "Prima giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare" e a seguito della polemica scoppiata per i bidoni dell'umido traboccanti pane che sono stati immortalati fuori da un supermercato Despar di Bressanone.

La foto dello "scandalo", postata sui social network, ha attivato la solita mole di insulti e bufale che Luca Merlino, vicepresidente regionale del Banco Alimentare, ovvero un volontario che si occupa da anni di recuperare l'invenduto dei supermercati per distribuirlo a chi ne ha bisogno, liquida così: "lo spreco esiste ma si fa di tutto per ridurlo. Nel caso specifico Despar ha fatto un errore, ma la questione riguarda la comunicazione piuttosto che lo spreco effettivo. Collaboriamo in maniera virtuosa con Aspiag/Despar da sette anni proprio per ridurre al minimo questi casi. Quelli che si sono scatenati sui social network, se sono così preoccupati dagli sprechi, si uniscano a noi e vengano ad aiutarci a recuperare l'invenduto e a distribuirlo a chi ne ha bisogno".

In Italia ogni anno una famiglia butta 42 kg di cibo pro capite

Anche perché sullo sfondo riecheggia un tonante "chi è senza peccato scagli la prima pietra". Secondo lo studio pubblicato nel volume "Dar da mangiare agli affamati : le eccedenze alimentari come opportunità", in Italia ogni anno una famiglia butta 42 Kg di cibo pro capite pari al 6,5 % della propria spesa per un valore totale nazionale di 6,9 miliardi di euro o, se si preferisce, di 117 euro a persona. In percentuale, i supermercati sprecano molto meno.

Ma, allontanandosi dalle polemiche, occorre riconoscere che negli ultimi dieci anni sono stati fatti passi da gigante rispetto alla riduzione dello spreco proprio nella Grande Distribuzione Organizzata (Ipermercati e supermercati). L'enorme quantità di invenduto che veniva gettato nella spazzatura è calata drasticamente grazie ad una migliore della filiera, all’adozione delle tecnologie più avanzate, a buone pratiche come quelle degli sconti del 30% proposti sui prodotti con scadenza ravvicinata ed al recupero e donazione alle associazione di solidarietà.

In cifre: in Alto Adige sono 46 i supermercati che hanno donato l'invenduto al Banco Alimentare, 38 della catena Aspiag (Interspar, Eurospar Despar) più otto Conad e LDm per un totale di 77,5 tonnellate di cibo recuperato.

Ma il Banco Alimentare non si limita a recuperare solo l'invenduto della Gdo, ma recupera anche 110 tonnellate di eccedenza dell'industria alimentare nel solo Alto Adige (in gran parte derivati del latte) e 51 tonnellate di cibo in occasione della giornata della colletta alimentare.

Nessuna tipologia di cibo è facile da recuperare

La gestione di questa enorme quantità di cibo non è ovviamente semplicissima come spiega Merlino: “Ovviamente cerchiamo di recuperare e ridistribuire quanto più cibo possibile ma va fatto in modo intelligente. Selezionando il materiale che sappiamo essere utile, mixando prodotto secco e fresco e cercando di destinare l'invenduto secondo criteri precisi e valutando anche la struttura e l'associazione che riceverà il cibo”.

Già, perché come sottolinea Matteo Guidi di Last Minute Market, società spin-off dell'Università di Bologna che si occupa di progetti territoriali volti al recupero dei beni invenduti a favore di enti caritativi: “Nessuna tipologia di cibo è facile da recuperare. E' facile puntare il dito contro gli sprechi, ma spesso il pane del giorno dopo è immangiabile e non tutto può essere riutilizzato. Si lavora con le eccedenze che per loro natura sono difficilmente programmabili. Occorre attrezzarsi per ridurre gli sprechi ed attivarsi per recuperare la maggior parte possibile di invenduto, ma le variabili sono innumerevoli”: