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Gesellschaft | Gaza Calling 5

Un cessate il fuoco immediato

Si fa fatica a scrivere di queste cose, il rischio è di suscitare compassione. Ma non è di compassione che la popolazione di Gaza ha bisogno.
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gaza
Foto: greenreport.it
  • Come previsto da diverse settimane da tutte le agenzie umanitarie, a Gaza si comincia a morire di fame e di disidratazione.  E di malattie che sarebbero curabili con terapie semplici, se solo fossero disponibili. 
    I primi sono i più fragili, i neonati, i bambini piccoli, gli anziani. Poi toccherà agli altri, ai disabili che non riescono a rincorrere i pacchi di alimenti, alle madri che si privano del poco cibo per lasciarlo ai figli.  Se nel frattempo la situazione dovesse cambiare e fosse permesso l’ ingresso agli aiuti umanitari, comunque le conseguenze della malnutrizione e della denutrizione di queste settimane e mesi accompagneranno chi le ha sofferte per il resto della vita con disabilità e malattie croniche.
    La fame non ha preso il posto dei bombardamenti, si è solo aggiunta. Perché i bombardamenti e gli spari continuano, in tutta la striscia. Anche sulla popolazione che si affolla per ricevere cibo. Anche dentro e attorno agli ospedali.
    A Gaza all'inizio della guerra c'erano 150 mila donne incinte e cinquemila sono in attesa di partorire il prossimo mese. Lo faranno sfinite dalla fame e dalla paura, in case sovraffollate o in centri per sfollati, senza assistenza ostetrica e senza le minime condizioni igieniche, senza acqua pulita. Se è notte alla luce dei cellulari. Quelle di loro che avranno delle complicanze legate al travaglio o al parto, se non riusciranno a raggiungere un ospedale saranno destinate a morire con il loro bambino. 
    Gli ospedali ancora funzionanti sono pochissimi, non hanno farmaci né anestetici, né combustibile per i generatori. Le donne che hanno bisogno di un cesareo spesso vengono operate senza anestesia, e se il neonato ha bisogno di un’incubatrice morirà perché non c'è la corrente elettrica. 

  • Foto: medici senza frontiere
  • „Gli ospedali ancora funzionanti sono pochissimi, non hanno farmaci né anestetici, né combustibile per i generatori.“ 

     

    Molte donne che hanno partorito da poco non riescono ad allattare perché non hanno cibo né acqua a sufficienza. I neonati vengono così nutriti con latte in polvere, ma se l'acqua è  contaminata si ammalano di diarrea e possono morire disidratati. Una donna, dopo aver dato alla luce il suo bambino in condizioni per noi inimmaginabili, l'ha portato nella tenda dove vive, in un accampamento di Rafah, dicendo: speriamo di non averlo messo al mondo solo per vederlo morire tra poco. 

    Si fa fatica a scrivere di queste cose, il rischio è di suscitare compassione. Ma non è  di compassione che la popolazione di Gaza ha bisogno. Le donne, i bambini e tutta la popolazione di Gaza e degli altri territori occupati hanno bisogno di un cessate il fuoco immediato e di una terra libera dove vivere. Libera dall' esercito e dall' occupazione israeliana. 
    Mentre dentro Gaza si muore di fame, fuori dalle frontiere più di 2000 camion carichi di cibo, acqua, farmaci, combustibile, servizi igienici, tende vengono bloccati dal governo e dall'esercito israeliano. Una situazione inimmaginabile, tragica, crudele, sotto gli occhi di tutti.
    Ma le condanne e gli appelli internazionali non influenzano minimamente la condotta di Israele.
    La comunità internazionale riconosce la sua impotenza e nel tentativo di alleggerire la coscienza collettiva ormai troppo scossa, inizia a lanciare pacchi di alimenti dagli aerei, addirittura pasti pronti: come lanciare cibo ad animali in gabbia. Pacchi che spesso cadono in mare, che non arrivano dove c'è più bisogno, pacchi che i disabili o gli anziani non riescono a raggiungere, pacchi che umiliano. Pacchi che addirittura anziché sfamare, uccidono: qualche giorno fa alla periferia di Gaza sono morte cinque persone, tra cui due bambini, colpiti da pacchi di alimenti il cui paracadute difettoso non si era aperto. 

  • Foto: CNN
  • „La comunità internazionale riconosce la sua impotenza e nel tentativo di alleggerire la coscienza collettiva ormai troppo scossa, inizia a lanciare pacchi di alimenti dagli aerei, addirittura pasti pronti: come lanciare cibo ad animali in gabbia.“

     

    L'ultima brillante idea lanciata dagli Stati Uniti e subito accolta con entusiasmo dai suoi alleati: un molo temporaneo, costruito dai militari statunitensi, per far arrivare gli aiuti umanitari via mare. Sarà pronto tra due mesi. Ma il tempo che il corpo umano può sopravvivere alla fame è ben più breve, morire di fame è questione di giorni, non settimane o mesi. E intanto Israele potrà continuare il suo massacro. Un'altra dichiarazione di fallimento da parte degli Stati Uniti e di tutte le altre potenze.
     Il direttore di Medici senza Frontiere negli Usa definisce  questo piano una distrazione dal vero problema: “bisogna insistere sull’accesso umanitario immediato utilizzando le strade e i punti di accesso che già esistono” dice.  “Questo non è un problema logistico, è un problema politico”.

    Intanto Israele, incurante alle reazioni del mondo, e anzi dichiarando a piena voce le sue intenzioni, continua nel suo piano di togliere ai palestinesi le condizioni minime di vita nella loro terra: toglie loro il cibo, l'acqua, la terra, un riparo. Li costringe all'uso di acqua contaminata affinché si diffondano le malattie infettive. Con gli spari, i bombardamenti e la fame crea un popolo con un’altissima percentuale di invalidi, soprattutto tra i giovani e i bambini.

  • Foto: care.de
  • „Le esportazioni di armi e munizioni dall’Italia verso Tel Aviv non sono state bloccate dopo l’inizio dei bombardamenti a Gaza, come ha invece assicurato il nostro governo.“ 

     

    E sa che può continuare a contare sui suoi fedeli alleati, che nonostante esprimano sdegno e riprovazione per la sua condotta, e si impegnino in negoziati e colloqui peraltro finora inconcludenti, continuano a rifornirlo delle armi utilizzate per sterminare la popolazione palestinese e radere al suolo Gaza.  
    Il Washington Post scrive che mai come in questi mesi sono state inviate dagli Usa tante armi a Israele. E la rivista italiana Altraeconomia ha pubblicato le statistiche del commercio estero italiano che dimostrano che le esportazioni di armi e munizioni dall’Italia verso Tel Aviv non sono state bloccate dopo l’inizio dei bombardamenti a Gaza, come ha invece assicurato il nostro governo.