Gesellschaft | il festival

Trentino 2060, il Festival delle idee

Torna a Borgo Valsugana la rassegna, con al centro le sfide della democrazia. Il direttore scientifico Battisti: "Uno spazio per creare dibattito e condividere opinioni".
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Foto: Trentino 2060

Si parte stasera, 14 luglio: il Festival Trentino 2060 inizia con Cathy La Torre, in un incontro per parlare dei diritti civili, finiti troppo spesso in fondo alla lista dell’agenda politica, eppure così importanti per la stabilità delle democrazie. Il filo conduttore di questa edizione, infatti, è proprio il tema delle sfide della democrazia, messa a dura prova negli ultimi anni dalla rinascita dei populismi, che, pur continuando a proporre soluzioni semplicistiche e impraticabili, sono ancora capaci di canalizzare il malessere che serpeggia da tempo in Europa. La rassegna, nata per riflettere sulle complesse dinamiche politiche e sociali, è giunta ormai alla quarta edizione, la seconda in forma di festival, e accoglie sempre più visitatori nella cornice trentina della Valsugana. Il direttore scientifico, Davide Battisti, ci ha guidato tra gli eventi di quest’anno, ripercorrendo il percorso che ha portato Trentino 2060 a diventare un appuntamento ormai irrinunciabile dell’estate in Trentino-Alto Adige. 

Salto.bz: Quest’estate la rassegna compie 4 anni, un progetto che è diventato sempre più grande, fino a diventare un festival, com’è nata l’idea? 

Davide Battisti: Parlando con i nostri coetanei ci siamo resi conto che spesso la nostra generazione non ha spazi nei quali condividere idee, scambiare opinioni, creare dibattiti. Questo ci ha spinti a trovare un modo per favorire la discussione attraverso delle conferenze, inizialmente la nostra associazione contava solo 3 persone, volitive, ma un po’ preoccupate per la riuscita, invece già dal primo incontro c’è stata una grande partecipazione. Mi piace sempre raccontare che alla prima conferenza avevamo disposto solo una settantina di sedie, ma abbiamo dovuto aggiungerne subito molte di più, perché gli spettatori si sono rivelati essere quasi il triplo di quelli che ci aspettavamo. 

Questo è il secondo anno che date vita ad un vero e proprio Festival…

Noi abbiamo continuato a lavorare anche durante la pandemia, ma l’anno scorso, abbiamo avuto la possibilità di ampliare la rassegna. L’edizione 2021 è stata un successo, ci sono stati circa 1800 visitatori, e quest’anno abbiamo deciso di replicare, grazie anche all’appoggio delle istituzioni, come il comune di Borgo Valsugana, e grazie ai vari sponsor, provenienti da tutta la regione. Nel tempo poi anche il nostro team è cresciuto, accogliendo persone con competenze differenti e importantissime, in uno sforzo sempre più corale. 

Perché avete deciso di rimanere a Borgo Valsugana? 

Siamo personalmente legati alla Valsugana, ma abbiamo deciso di ambientare qui il nostro Festival perché pensiamo non si presti abbastanza attenzione alle periferie. La Valsugana è una periferia del Trentino-Alto Adige, che a sua volta è una periferia dell’Europa, ma proprio i cittadini delle periferie sono i più fragili e i più vulnerabili, su di loro si abbatte con maggior forza il malessere che sfocia poi in sfiducia e disinteresse. I grandi temi globali, però, hanno un impatto imponente anche sulle periferie e creare uno spazio per parlarne proprio al loro interno diventa fondamentale. 

 

Avete scelto una data simbolica, ma più lontana degli obiettivi che sentiamo spesso citare nelle varie convenzioni: il 2060. Come mai? 

Il 2060 sarà, indicativamente, l’anno in cui la nostra generazione avrà dato la maggior parte del proprio contributo al pianeta e sarà, quindi, un periodo di bilanci. Per trovarci nel futuro con una visione convincente e positiva del nostro operato è necessario impegnarsi sin da subito, proprio perché la lontananza di tale data è davvero solo apparente, si tratta infine di meno di 40 anni e le crisi mondiali in atto lasciano intendere che non possiamo temporeggiare. 

Ci sono tantissimi ospiti, esperti che trattano di vari temi differenti, dalla situazione geopolitica alla crisi del lavoro, avete però deciso di aprire con i diritti civili? 

Il tema dei diritti è decisamente trascurato, mentre riguarda problematiche endemiche e strutturali che minano la nostra vita sociale. Spesso c’è una forte disinformazione sulle questioni etiche come l’aborto, la gestazione per altri o la lotta all’omotransfobia, tutti questi argomenti sono un termometro del cambiamento sociale, ma vengono ignorati. Dare loro priorità ci sembra il modo giusto di portare avanti la discussione, anche per cercare di sciogliere la confusione che li circonda. 

Il Festival include anche momenti di convivialità, con cene e degustazioni, questo permette di presentare le molte sfaccettature del territorio anche ad un pubblico di turisti? 

Sicuramente vogliamo mostrare la nostra accoglienza a chiunque vorrà partecipare alle nostre iniziative, ma cerchiamo anche di creare un ambiente piacevole, eliminando le barriere tra relatori e spettatori. Negli ambienti accademici e professionali durante i coffee break e le pause ci si scambiano riflessioni, pareri e si alimenta la discussione, vorremmo ricreare questo tipo di esperienza, in un dialogo non schermato, accompagnati dalla bellezza del nostro territorio.