"Gnaam", il cibo a misura di bambino
“L’uomo è ciò che mangia” diceva Ludwig Feuerbach, perché allora non iniziare sin da piccoli con la formazione di una corretta cultura del cibo attraverso la condivisione, il coinvolgimento e naturalmente il gusto? Questo il terreno esplorativo scelto da Francesca Tonini per la sua tesi di laurea - GNAAM - Ein Weg sich mit dem essen vertraut zu machen - in Design e Arti. La giovane studentessa ha realizzato un “libricino”, come lo definisce lei stessa, che contiene testi ed esperimenti; più sei piatti, pensati per introdurre il bambino “ai vari alimenti e ai loro gusti, consistenze, colori, sapori e forme”.
Francesca Tonini, come le è venuta questa idea?
Ho da sempre una grande passione per la cucina perciò il collegamento con il food design è stato quasi automatico. L’idea, però, è nata principalmente dal fatto che quando vado al ristorante o invito i miei amici a cena mi capita spesso di sentire il classico “questo non mi piace” senza magari aver mai assaggiato l'alimento in questione. Questo è stato lo spunto; ho scelto allora come relatore un professore di design del prodotto e come correlatore un professore di scienze della formazione e, facendo un po' di ricerche, ho scoperto che il nostro gusto personale si forma già quando siamo nella pancia della mamma. Ho pensato a quel punto di concentrarmi sui bambini sviluppando un percorso di “familiarizzazione” con il cibo per tentare di educare il più possibile il loro gusto.
In concreto questo cosa significa?
Riscoprire il vero gusto del cibo, i prodotti della “nonna” per intenderci, fare un passo indietro verso una cucina più sana con una dieta completa che faccia bene alla salute e allo sviluppo del bambino. Ho realizzato come prodotti di design sei piatti in ceramica, fatti a mano, a cui ho collegato nove esperimenti. I primi due piatti servono come introduzione agli alimenti attraverso i cinque sensi e i cinque gusti per favorire il primo approccio al cibo da parte del bambino. Ho deciso di focalizzare il lavoro sui bambini dai tre ai sei anni, la fascia di età in cui si comincia a realizzare quali sono le forme e i colori, perché poi fino ai 7/8 anni il gusto si può “educare”. Gli altri piatti sono invece pensati per far scoprire ai piccoli la consistenza del cibo (solido/liquido, cotto/crudo, ad esempio) e allo stesso tempo rendere più consapevoli i genitori rispetto a quello che piace o non piace al bambino. Gli ultimi due piatti trattano il tema della biodiversità, danno modo di imparare le forme geometriche semplici e imparare i colori primari e secondari. Il fine è quello di creare situazioni positive passando insieme più tempo in cucina. È un progetto, questo, che vorrei presentare anche in Provincia, magari sostituendo la ceramica alla carta così da rendere anche il costo più accessibile.
Come si coniuga il design con il cibo?
All’inizio è stato difficile perché volevo un prodotto che fosse sì accattivante ma anche funzionale. Ho usato il design, utile per la comunicazione visiva, e la sfera educativa per raggiungere lo scopo che mi ero prefissa.
Secondo lei manca un po’ la "cultura del cibo" nelle famiglie?
Si è un po’ persa sia per la mancanza di tempo sia per via dei prodotti invitanti, ma spesso privi di sapore, che troviamo in abbondanza nei supermercati. Bisognerebbe tornare ad apprezzare il vero sapore del cibo.
Qual è l’errore alimentare più frequente che si fa con i bambini?
Quello di non far assaggiare loro i prodotti della terra, quelli del contadino insomma, in modo da far capire la differenza con quello che si trova nei supermercati, per esempio. Oppure costringere i bambini a mangiare un determinato alimento ma allo stesso tempo gettare subito la spugna se il bambino dice che una cosa non gli piace. Ci vorrebbe un po’ più di impegno, in fondo la cucina è un ambiente ideale dove rilassarsi e stare insieme.