Umwelt | L'interrogazione

“Pretendiamo chiarezza”

Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore) sulla bonifica dell’area ex Memc di Sinigo e i residui potenzialmente tossici. “Dove sono finite le ceneri di pirite?”.
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Foto: radionbc

La questione era già stata sollevata in passato in seguito a una denuncia della Cgil, ma non era stata evidentemente ancora risolta. Ad affermarlo è il consigliere provinciale di Alto Adige nel cuore Alessandro Urzì in merito alle ceneri di pirite, residuo di scarto dei fertilizzanti prodotti a Sinigo. “Dove sono finite?” chiede Urzì presentando un’interrogazione in Provincia. “Una parte di questi rifiuti secondo voci ricorrenti sarebbero stati interrati in un terreno confinante con gli stabilimenti industriali”.

Ai tempi della denuncia del sindacato si era sostenuto che la scelta di Azienda energetica di cambiare il percorso del collettore del teleriscaldamento che collega Sinigo con la fabbrica fosse una prova che quel terreno qualcosa nascondesse. Nel corso dei lavori, spiega il consigliere provinciale di centrodestra, “si preferì infatti una deviazione tra le case con attraversamento del rio Sinigo sfruttando il ponte di via Nazionale piuttosto che seguire una linea retta tra il vivaio di via Tellini e la fabbrica, passando per l’area incriminata. Poi però la cosa non ebbe un seguito, si disse per i costi ingenti delle analisi necessarie. Ma ancora oggi a Sinigo c’è chi sostiene che ci fu una precisa volontà di insabbiare per una seconda volta le ceneri di pirite, che però adesso, che si sente parlare con sempre maggiore frequenza di una possibile bonifica definitiva dell’area, tornano di nuovo a galla”.

C’è chi sostiene, prosegue Urzì che i lavori costerebbero poco, perché molto è stato già fatto nel corso degli anni, “uno degli inquinanti principali da rimuovere sarebbe stata infatti la cenere di pirite, prodotto di scarto dei fertilizzanti prodotti nell’impianto di via Nazionale negli anni ’30 e ’40. Tonnellate e tonnellate di residui potenzialmente tossici. Che però, in gran parte sarebbero stati smaltiti già sul finire degli anni ‘70. Una quota sarebbe - il condizionale è d’obbligo - tutt’ora stoccata nella discarica posta sotto la montagna che si vorrebbe riattivare ed allargare per raccogliere i prodotti di un’eventuale nuova bonifica. Ma una parte – pare consistente – sarebbe stata interrata nell’area posta a nord degli impianti, subito dopo il rio Sinigo”.

Il terreno in questione, attualmente utilizzato per l’agricoltura e non edificabile perché compreso nella fascia di protezione dello stabilimento, era di proprietà della fabbrica, che lo ha dismesso. “Duranti i lavori di trasformazione, avvenuti negli anni ’80,  sarebbero stati prelevati , per essere rivenduti - camion e camion di ghiaia ad uso edilizio, sostituiti, sembrerebbe,  proprio con la cenere di pirite, che all’epoca era considerata un’inerte di libera vendita. Solo recentemente infatti, in relazione all’alto contenuto di arsenico - cancerogeno certo di I classe - ne è stata decisa la messa al bando”, così Urzì che ora chiede informazioni definitive.

“È arrivato il momento di sapere se in quell’area dove adesso si coltivano le mele siano effettivamente state interrate le ceneri di pirite ed escludere che vi possano essere ora ed in futuro rischi per la salute, così come va esclusa, con le opportune analisi, che la falda acquifera possa essere in qualche modo  interessata. La Provincia deve effettuare tutti gli accertamenti necessari a tutela della salute pubblica”. Il leader di Alto Adige nel cuore chiede inoltre che venga realizzato uno studio per verificare se nell’area di Sinigo, nel corso degli anni si siano verificate delle patologie correlate all’esposizione a inquinanti e a metalli pesanti, come appunto l’arsenico.