Consiglio regionale
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Politik | Avvenne domani

Delenda Regio

Il solito tormentone di inizio legislatura
  • I dolori viscerali di qualche consigliere hanno complicato assai quello che doveva essere il passaggio iniziale della nuova legislatura in Consiglio Regionale a Trento facendo passare in secondo ordine i temi più strettamente politici. Tra questi, come avviene ormai da decenni, quello sul ruolo presente e futuro dell’istituzione regionale.

    Anche stavolta, sulla scacchiera politica, si sono giocate due partite diverse e contrapposte. Da un lato quella della destra sudtirolese che, con la metodica costanza che apparteneva a Catone il Censore quando terminava ogni orazione ricordando ad ogni pie sospinto che Cartagine doveva essere distrutta, non manca di proporre l’abolizione tout court della Regione. Questa volta la proposta è arrivata addirittura con una mozione firmata dalle diverse forze politiche che compongono la galassia della destra sudtirolese, addirittura prima che l’assemblea regionale si riunisse per la prima volta.

    Sull’altro lato della barricata una parte non marginale del mondo politico trentino la cui teoria, supportata dalle analisi di alcuni politologi, vuole innanzitutto che di abolizione non si parli neppure, se non altro perché questa indebolirebbe le ragioni storiche e istituzionali di un’autonomia, quella trentina, che non può contare sull’ancoraggio internazionale del vicino Alto Adige. 

    C’è di più.

    A Trento, ma forse non solo a Trento si parla apertamente di un rilancio politico della Regione come elemento di sintesi e di iniziativa verso Roma e verso l’Europa delle due province e vi è anche chi propone di riportare a livello regionale alcuni settori di competenza. È un discorso, quest’ultimo, che era emerso anche durante la campagna elettorale alle proposte di Fratelli d’Italia.

    Tra questi due opposti si muove la cauta realpolitik della Südtiroler Volkspartei che, va detto con molta chiarezza, se potesse seguire il cuore si porrebbe volentieri alla guida dello schieramento che chiede la definitiva liquidazione della creatura nata nel 1948. A portare alle estreme conseguenze il “ los von Trient” proclamato da Magnago nel 1957 si dovette rinunciare già con il secondo Statuto del 1972 proprio per la forte opposizione di Trento. Da allora la SVP ha scelto di adottare la tattica del carciofo. Legislatura dopo legislatura le competenze rimaste in carico alla Regione sono diminuite progressivamente con delega permanente alle due Province.

    Anche la scelta, maturata nell’intesa tra Durnwalder e Dellai della staffetta tra i due presidenti provinciali eletti in alternanza alla massima carica della Regione e salutata con un eccessivo ottimismo da alcuni osservatori trentini come una sorta di rilancio dell’istituzione, altro non era, nell’ottica bolzanina, se non la conferma della marginalità politica dell’ente regionale, privato financo di un proprio responsabile chiamato a sedersi al tavolo di rapporti istituzionali con Roma e con l’Europa.

    C’è poi da dire che un passaggio come quello di abolire la Regione potrebbe nemmeno essere inserito nel progetto di revisione statutaria che figura al centro delle intese tra Bolzano e Roma. Visto che lo Statuto è rimasto regionale occorrerebbe rifare daccapo la Magna charta dell’autonomia. Impresa complicata e dagli esiti non del tutto certi. 

    È quindi più che probabile che anche questo avvio di legislatura finisca per congelare le sorti dell’istituzione per i prossimi cinque anni come sempre è avvenuto in passato. Salvo sorprese che però, come si è visto nella seduta inaugurale, potrebbero maturare più che altro nei distaccati recinti delle due province e a Bolzano in particolare.