Un sogno frammentato

-
“Sogno di una notte di mezza estate” non si sceglie, ti sceglie.
È così che Valeria Raimondi, regista insieme a Enrico Castellani e anima del collettivo Babilonia Teatri, racconta il punto di partenza di questo progetto, una nuova riscrittura del classico shakespeariano. Un testo che attraversa i secoli e si presta, come molti testi di Shakespeare, a essere smontato, interpretato, riformulato. Qui, il “sogno” prende una forma diffusa e liquida, molto più vicina a un viaggio a tappe che a una narrazione lineare.
Un’esperienza articolata in tre atti autonomi – La scuola, Bottom + Cupido + Puck, Le nozze – presentati in serate diverse e poi proposti tutti insieme in una maratona conclusiva che si è tenuta il 13 giugno sui prati del Talvera. Una location insolita ma che ha contribuito a rendere il tutto molto più coinvolgente e poetico di quanto forse non sarebbe stato in teatro.
L’ambientazione all’aperto poi in questo caso non è semplice scenografia, ma parte integrante del progetto. Lo racconta bene Enrico Castellani: «Siamo abituati a vedere il teatro in luoghi che cercano di imitare uno spazio teatrale. Ma qui siamo davvero dentro un parco. Quando abbiamo trovato questo salice (nda: il salice piangente poco dopo il ponte giallo, vicino al lido) ci è sembrato un luogo raccolto, perfetto per Sogno di una notte di mezza estate. I luoghi aggiungono una voce in più».
-
L’ambiente è una voce che però comporta necessariamente anche un cambio di ritmo e volume e un lavoro di ri-adattamento; montare uno spettacolo in teatro e poi trasportarlo all’esterno non è semplice. Il risultato è un racconto che cerca di sfruttare lo spazio e la luce naturale che cala, l’arrivo della notte, i suoni del parco e del fiume e ovviamente deve tenere conto anche dell’attenzione del pubblico, che in un luogo simile si disperde e si ritrova, continuamente stimolata da fattori esterni.
Quello che va in scena è un sogno scomposto, “fatto a pezzi”, per usare ancora le parole di Castellani. Non segue una trama precisa e non segue la trama di Sogno di una notte di mezza estate, ma evoca temi – amore, follia, identità, conflitto generazionale – attraverso quadri, azioni corali e inserti coreografici. Un approccio che privilegia la suggestione alla linearità, l’impressione al racconto. A tratti lirico, a tratti ironico, ma sempre frammentato, come se ogni scena fosse una tessera autonoma di un mosaico emotivo più che narrativo. E infatti i tre atti sono andati in scena prima separatamente e in giorni diversi - durano una mezz’ora scarsa l’uno - e poi tutti insieme. Questo rende evidente che l’opera è pensata sia per essere fruita tutta d’un fiato, sia in “pillole”.
A volte il rischio, in questo tipo di operazione, è che la libertà prenda il sopravvento sulla necessità. E in alcuni momenti lo spettacolo può risultare ostico a chi non è familiare col testo e non riesce a coglierne subito i frammenti e gli stimoli all’interno dell’esercizio. Alcuni passaggi emozionano moltissimo, altri sembrano rimanere in superficie. Ma è una scelta chiara che ha il merito di non rincorrere l’originale ma di interrogarsi su come Shakespeare possa risuonare oggi e soprattutto quale sia la cassa di risonanza nelle generazioni più giovani.
E questo “oggi” è un punto fondamentale. La Compagnia Teatrale Regionale 2025 – protagonista dello spettacolo – è composta infatti da giovani attori e attrici under 35 del Trentino-Alto Adige. Raimondi sottolinea l’importanza del progetto: «Molti di loro non si conoscevano, pur facendo lo stesso mestiere nella stessa regione. Qui c’è stata un’occasione per incontrarsi, condividere esperienze e far circolare energie». La scelta di puntare su una generazione giovane è anche una dichiarazione di intenti: «In un momento storico come questo, la forza e la novità che possono portare un gruppo così può essere dirompente per il teatro».
-
Lo spettacolo si muove attraverso linguaggi diversi – quello della parola, quello del corpo – e si affida alla coralità. Lo conferma anche Castellani: «Non raccontiamo la storia, ma costruiamo una serie di azioni intorno ai temi centrali del testo: l’amore, la follia, il rapporti generazionali. Non c’è solo parola, anche il corpo è protagonista».
A volere fortemente il progetto è stato Walter Zambaldi, direttore dello Stabile: «È uno dei percorsi centrali che portiamo avanti per valorizzare le professionalità teatrali del territorio. L’idea è dare la possibilità a questi artisti di confrontarsi con registi di rilievo e, al contempo, sperimentare spazi alternativi. Il teatro, in questo modo, può incontrare anche chi ci inciampa per caso, passeggiando in un parco». Che è anche la filosofia che sta dietro all’intera rassegna FUORI dello Stabile, il cui obiettivo dichiarato è proprio riportare il teatro dov’è nato, nella quotidianità e nelle piazze, nei parchi e in mezzo alla gente, levandolo dalle sue stanze dorate.
Nel complesso, Sogno di una notte di mezza estate secondo Babilonia Teatri è un lavoro che si serve di spunti più che di una narrazione lineare e comprensibile e che prova a rispondere alla domanda più importante che tutti in teatro prima o poi si pongono: cosa ci racconta Shakespeare oggi?
La risposta non è univoca, ma forse la si può trovare dentro uno dei monologhi dello spettacolo. “Bottom, io ti capisco. Io sono come te e tu sei come me” è il nocciolo della questione. Bottom è uno dei personaggi della commedia ma in quel momento è chiunque nel pubblico.
“Loro sanno cosa provo. Loro sanno chi sono. Loro sanno dirlo. Ditelo, vi prego, ditemelo. Ho bisogno di saperlo. Ditemi chi sono.”
“Loro” sono Titania, Puck, Elena, Lisandro, ma anche Romeo e Giulietta, Ariel, Amleto, Ofelia, Macbeth. E ancora Ginevra e Lancillotto, il lupo e Cappuccetto rosso, Goethe e Strindberg, Raskolnikov, Achab e Polinice, Renzo e Lucia, Dorian Gray, Lolita, Harry, Ron e Hermione. “Loro” siamo noi e li capiamo come capiamo tutti gli scrittori e i personaggi della letteratura, del cinema, del teatro, che hanno formato la nostra coscienza collettiva e nutrito i nostri sogni e le nostre identità per generazioni. Noi siamo loro e abbiamo bisogno di loro.
Crescere e maturare con questi personaggi significa confrontarsi con domande, dilemmi, desideri che attraversano i secoli. Shakespeare ci parla ancora, ogni volta con un linguaggio nuovo — che a volte ci piace e volte no — ma ci mantiene sempre in ascolto. E ci aiuta, anche solo in parte, a rispondere all’eterna e difficilissima domanda che continuiamo a porci: “io chi sono?” E la risposta è che io sono e noi siamo, in grandissima parte, la mitologia e la costellazione di atti e storie che ci hanno cresciuti e formati.
-
Lo spettacolo Sogno di una notte di mezza estate è parte della Compagnia Teatrale Regionale 2025, progetto triennale promosso dal Teatro Stabile di Bolzano insieme al Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento, con il sostegno della Regione Trentino-Alto Adige. Per l’edizione 2025 la guida è stata affidata a Babilonia Teatri, collettivo fondato da Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, noto per uno stile teatrale che viene descritto come diretto, ironico e punk.
A interpretare Sogno di una notte di mezza estate sono: Maria Vittoria Barrella, Salvatore Cutrì, Serena Decarli, Sebastiano Kiniger, Gabriele Mattè, Martina Montini, Maria Giulia Scarcella, Paolo Tosin e Andrea Zani. Lo spettacolo sarà presentato anche il 4 e 5 luglio all’interno della programmazione del Pergine Festival, in Piazza Municipio a Pergine Valsugana, con ingresso libero.