Un abisso chiamato "gender"
Una volta a Borghetto i bambini giocavano a calcio e le bambine a pallavolo ma non si può più! Se suo nipote, consigliere Kaswalder, vuole giocare a pallone con i maschietti non può! Bisogna che a ricreazione vada a giocare con le bambole o a pallavolo. Dobbiamo insegnare che tu, Alberto, di 6 anni, devi lasciar stare il pallone e occuparti dello shopping.
Chi ha proferito queste parole – ma sarebbe meglio usare un altro termine, magari di sette lettere a cominciare dalla “c” – non è un mediocre memorialista locale, non si tratta dell’inizio di un trascurabile romanzo sulla decadenza dei “bei tempi andati”. No. Sono uscite dalla bocca del Consigliere provinciale di Trento Maurizio Fugatti (Lega Nord) e – insieme ad altre incredibili perle del genere, pronunciate anche da altri consiglieri – sono risuonate durante il surreale dibattito che ha preceduto l’affossamento del ddl intitolato “Interventi di contrasto delle discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere o dall’intersessualità”. Un affossamento che, fra l’altro, rischia di spaccare persino la larghissima maggioranza (fin qui) saldamente in sella al governo provinciale.
Il surrealismo della vicenda si evince facendo semplicemente notare come gli oppositori al disegno di legge siano, chi più o chi meno, tutti strenui avversari di qualcosa che neppure esiste, vale a dire la fantomatica “teoria del gender”. Abisso semantico davanti al quale evidentemente non basta elevare imponenti transenne razionali: quelli che le vogliono saltare possiedono muscoli alleatissimi, e sono quindi in grado di scavalcarle imitando il gesto magnifico che fu di Sara Simeoni. Basta raccontare un po’ di fandonie, rimestare nel torbido di paure collettive purtroppo abbondanti come i pregiudizi dei quali si nutrono e il gioco è fatto.
Eppure, anche l’irrazionalismo più assurdo non è esente da spiegazioni. In un bell’articolo dedicato proprio alla decostruzione della fantomatica “teoria del gender”, la genesi di questa singolare forma di tumore concettuale è riassunta così:
La “teoria del gender” è un’invenzione polemica, un’espressione coniata sul finire degli anni ’90 e i primi 2000 in alcuni testi redatti sotto l’egida del Pontificio consiglio per la famiglia con l’intento di etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto in questo campo di studi [i gender studies, n.d.r]. Poi ha avuto una diffusione virale quando, in particolare negli ultimi due-tre anni, è entrata negli slogan di migliaia di manifestanti, soprattutto in Francia e in Italia, contrari all’adozione di riforme auspicate per ridurre le discriminazioni subite dalle persone non eterosessuali.
Una cazzata (inutile cercare eufemismi, abbiate pazienza), insomma, e parrebbe davvero impossibile che in un consesso paludato e popolato da persone in teoria (purtroppo solo in teoria) depositarie di una certa cultura (come ci illudiamo ancora di pensare rivolgendo il nostro sguardo alle nostre istituzioni) vi si faccia riferimento. Ma il pessimismo – come la prudenza – non è mai troppo. E l’aberrante dibattito andato in scena a Trento lo dimostra ad abundantiam.
P.S. Chi volesse ulteriormente gettare un po’ di luce nell’oscuro abisso della “teoria del gender” può leggersi con grande profitto questo luminoso articolo di Chiara Lalli. Condividetelo su vostri profili facebook, così magari potrà raggiungere anche i consiglieri trentini che hanno deciso di maltrattare i propri cervelli tanto da ridurli a una marmellata splatter.