Politik | terremoto

“Gli aiuti umanitari vengono confiscati"

Il governo di Erdoğan sta usando la catastrofe del terremoto per sradicare le minoranze presenti in Turchia. La denuncia dell’Associazione per i Popoli Minacciati.
Mezzaluna rossa Kurdistan
Foto: Mezzaluna rossa

Sono sempre maggiori le denunce che arrivano dalle zone tra la Siria e la Turchia colpite dal tragico terremoto dello scorso 6 febbraio. Ritardi e omissioni di soccorso, blocco e confische degli aiuti umanitari sono solo alcuni degli ostacoli che le organizzazioni di primo intervento impegnate soprattutto tra le comunità curde e alevite, devono fronteggiare. La Turchia, coinvolta da tempo in aggressioni militari all’interno delle aree colpite, a poche ore dal sisma ha attaccato l’area di Tal Rifaat, costringendo gli sfollati curdi a ripararsi a nord di Aleppo.


La scorsa settimana il governo di Damasco aveva invece bloccato al confine informale con la zona autonoma siriana nord-orientale i convogli della Mezzaluna Rossa Kurdistan, pretendendo inizialmente la consegna di metà delle merci e di almeno un'ambulanza come condizione necessaria per proseguire il viaggio, pretendo successivamente la consegna totale del convoglio: “Oltre agli sforzi di questi giorni, alle mille difficoltà ora anche questo ulteriore, vergognoso, ostacolo. Gli aiuti umanitari non si possono bloccare per ragioni politiche”, aveva denunciato l’organizzazione in una nota e ha a aggiunto: “Ricordiamo che tra le zone più colpite dal sisma vi è quella del Bakur: in questi aree, a causa di politiche radicalmente anti-curde portate avanti dall'AKP e dal Presidente Erdoğan, gli aiuti tardano deliberatamente ad arrivare, sommandosi a contesti caratterizzati da un abbandono statale preesistente al disastro”. 

 

La comunità curda di Bolzano si era attivata lanciando una campagna di raccolta di aiuti a favore delle vittime del terremoto, raccogliendo un’enorme quantità di materiali, ma è stata costretta a sospendere la raccolta a causa del blocco dei convogli. Tra le motivazioni utilizzate anche quelle relative a questioni di igiene pubblica per via dell’invio di abbigliamento e materiale usato: “Non potendo far partire quanto finora raccolto siamo costretti a bloccare la raccolta di aiuti di tutti i tipi – avevano comunicato –. Speriamo che questa situazione si sblocchi al più presto, anche grazie alle pressioni internazionali sui governi turco e siriano, in modo da consentire la partenza di tutti i materiali finora raccolti”.

 

Le squadre di soccorritori di Austria, Germania, Israele e Spagna hanno intanto sospeso le operazioni e lasciato la Turchia. Le prime tre hanno sostenuto di farlo per “ragioni di sicurezza”, spiegando che al momento non ci sono le condizioni necessarie per operare nel paese. I soccorritori spagnoli invece hanno dichiarato che la vera ragione è la decisione dello stato turco di rimuovere le macerie utilizzando i mezzi pesanti anche in presenza di persone ancora vive, condannandole di fatto a morte.

Il canale di informazione “Rojava Resiste” ha segnalato violazioni ai danni di giornalisti nelle aree del terremoto. Mahmut Altıntaş, cronista dell'Agenzia Mezopotamya (MA), e Sema Çağlak, di JINNEWS, sono stati arrestati mercoledì mentre coprivano le conseguenze del terremoto a Birecik e a Urfa. I due operatori, denuncia il canale riportando fonti locali, stavano raccogliendo informazioni sui lavori di soccorso in corso in un edificio crollato dove erano stati trovati 21 morti. Successivamente sono stati raggiunti e aggrediti dalla polizia che li ha arrestati. Sono almeno 63 i giornalisti che sono stati trattenuti o denunciati nelle aree del sisma, e innumerevoli sono quelli che sono stati costretti ad allontanarsi.

Questo dimostra in modo esemplare come il governo turco stia usando la catastrofe per sradicare le minoranze nel Paese

Anche l’Associazione per i Popoli Minacciati, citando fonti alevite-curde e il presidente federale della comunità curda in Germania Ali Toprak, ha preso parola per denunciare le numerose violazioni da parte della Turchia: “Le comunità alevite di Pazarcik ed Elbistan, nel sud-est della Turchia, lamentano una discriminazione sistematica nella fornitura di aiuti, nei soccorsi e nel recupero delle vittime del terremoto – ha riferito l'associazione bolzanina –. Testimoni oculari ci dicono che l’agenzia statale per il controllo dei disastri ha visitato in particolare i villaggi aleviti intorno a Pazarcik solo pochi giorni dopo il terremoto. I villaggi dove la gente era ancora sotto le macerie sono stati sistematicamente ignorati. Gli aiuti civili continuano a essere ostacolati. Questo dimostra in modo esemplare come il governo turco stia usando la catastrofe per sradicare le minoranze nel Paese. Dopo il terremoto – riporta APM – si sono moltiplicate le iniziative alevite-curde per fornire aiuti e forniture di emergenza e per portare donazioni  dall’estero alle zone colpite. La fiducia della gente nel governo turco e nella gestione dei disastri è stata profondamente scossa. La popolazione civile sta ora fornendo gli aiuti che lo Stato sta  sistematicamente trattenendo. E anche questo è una spina nel fianco dello stato turco. Nella comunità alevita di Pazarcik, il governatore di Maraş (Kahramanmaraş) ha ordinato agli operatori civili di interrompere il loro lavoro e ha confiscato gli aiuti. Un amministratore statale deve ora organizzare la distribuzione. Questo – conclude l’Associazione – è uno schiaffo alla comunità alevita. Le persone colpite sono tagliate fuori dagli aiuti a loro destinati. Questo dimostra quanto sia radicata la discriminazione”.