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Occuparsi anche dei ricchi

E’ luogo comune pensare che bisogna occuparsi dei poveri, tralasciando l’osservazione sullo stato dei ricchi.
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Paperone
Foto: Photoholgic on Unsplash

Ho letto con ampia condivisione la lettera dell’assessore Andriollo sul caro vita, sull’allargamento del fenomeno dei “nuovi poveri” e sulla necessità di intervento per diminuire la forbice delle diseguaglianze esistenti nella nostra società.

Tutte le rilevazione ed i dati statistici che hanno analizzato l’evoluzione della ricchezza, della sua composizione e distribuzione, ci dicono che negli ultimi vent’anni i superricchi son diventati sempre più ricchi. E quando ci si riferisce nelle statistiche ai superricchi si tiene conto dei seguenti valori secondo dati Inps:  “assumendo uno stipendio minimo di un lavoratore pari a 800 euro mensili, dovremmo riconoscere una persona come ricca con almeno 100 mila euro di guadagno annuale. Questa soglia è pressappoco quella necessaria per entrare nel gruppo dell’1% più ricco dei dipendenti privati del paese. Con lo stesso metodo si identificano se riferiti ai lavoratori dipendenti, che entrerebbero in questo gruppo quanti potessero contare in almeno 530 mila euro di reddito negli anni passati”.

La «ricchezza» di risorse economiche viene misurata normalmente attraverso due indicatori principali: il reddito (inteso come il flusso di denaro che ogni anno guadagnamo) e il patrimonio (inteso come il valore aggregato delle risorse fisiche, degli immobili, dei terreni e di tutti i risparmi e gli investimenti finanziari accumulati nel corso del tempo e misurati in un dato istante temporale). Come tutte le misure, si tratta di parametri imperfetti e approssimativi, ma anche sufficientemente informativi per identificare il livello di benessere e prosperità individuale.

E’ luogo comune pensare che bisogna occuparsi dei poveri, tralasciando l’osservazione sullo stato dei ricchi. Tuttavia, nonostante sfugga alla percezione, si può facilmente verificare come, pur essendo una percentuale molto piccola della popolazione, i «ricchi» detengono una fetta consistente delle risorse economiche e delle attività produttive, ed esercitano un forte potere di influenza e di indirizzo sulla società, sull’economia nel suo complesso e sull’utilizzo delle risorse ambientali.

E’ interessante considerare il saggio dell’economista Maurizio Franzini ed altri autori “Dobbiamo preoccuparci dei ricchi?”, nel quale valutano come “il preoccuparsi dei ricchi, vuol dire, soprattutto, chiedersi se i meccanismi che portano all’arricchimento siano compatibili con quello che, secondo requisiti largamente condivisi, può essere considerato un buon funzionamento dei mercati e delle più complessive istituzioni. Vuol dire anche interrogarsi sulle conseguenze che il formarsi di redditi così elevati e così distanti da quelli della grande maggioranza della popolazione può avere sul resto della società e sulla sua stessa evoluzione nel corso del tempo”. 

Eppure anche le più moderate proposte di tassazione dei grandi patrimoni per redistribuire la ricchezza sono tralasciate dalle decisioni di molti governi, compresi anche gli ultimi provvedimenti assunti dal Governo Draghi.

La forbice delle disuguaglianze così diventa sempre più ampia e in particolare nei tre settori principali della vita sociale : sanità, casa e istruzione si riconoscono odiosi privilegi e invisibili ascensori sociali. 

In conclusione, accanto agli interventi di provvedimenti che salvaguardino le capacità di sussistenza dei poveri e dei nuovi poveri, sarebbe necessario ed eticamente morale assumere decisioni che frenino il progressivo allargamento della forbice che consente a quanti già possiedono tanto di avere sempre di più, senza una corretta redistribuzione della loro ricchezza.